Noi abbiamo sofferto, ma gli immigrati di più
C’è una categoria che, più delle altre in Italia, ha subito la pandemia: si tratta degli immigrati. Tra 2019 e 2020 le condizioni del mercato del lavoro si sono aggravate sia per i cittadini italiane che per gli stranieri, ma il divario tra loro è aumentato. Lo mostra ilrapportoannuale pubblicato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. “Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia” si concentra sul 2020, analizzando le conseguenze dell’emergenza Covid-19:gli occupati stranieri attivi nel Paese sono 3,5 milioni, una cifra equivalente al 10% della forza lavoro totale. Come sottolineaOpenpolis, la fondazione indipendente che promuove progetti per l’accesso alle informazioni pubbliche, la trasparenza e la partecipazione democratica, la categoria vede differenze significative tra i cittadini dei Paesi più ricchi dell’Ue, gli extracomunitari e i comunitari di acquisizione più recente (come polacchi, rumeni e bulgari). Nel 2020in Italia le persone nate in paesi dell’Ue-15 – provenienti dai paesi che facevano parte dell’Unione prima dell’allargamento verso l’Europa orientale -avevano un reddito annuo medio di oltre 23mila euroe dellepensioni medie superiori ai 17mila. Circa il doppio dei salari percepiti dai cittadini extra-Ue e da quelli provenienti dagli stati entrati più recentemente nell’Unione (12mila euro). Nel 2017, prima della pandemia, secondo l’Istat tra lavoratori italiani e non c’era una differenza di retribuzione del 13,8%, con uno scarto di 1,40 euro all’ora. Tra gli stranieri, nel 2020, non ci sono state differenze di reddito, ma se consideriamo le pensioni sono gli extracomunitari a ricevere poco più di 7500 euro all’anno, quasi 10mila euro in meno rispetto ai cittadini dell’UE post allargamento verso l’Europa orientale. Enonostante i lavoratori stranieri in Italia siano solo 1 su 10, tra coloro che hanno perso il lavoro nel 2020 il 35% fa parte della “categoria”.E la perdita dell’impiego ha interessato in egual misura lavoratori UE ed extracomunitari, mentre gli italiani sono diminuiti dell’1,4%. Eppure la disoccupazione non è aumentata in questa fase, ma sono cresciuti gli inattivi: si tratta delle persone senza impiego che non si sono messe alla ricerca di un nuovo posto di lavoro.Se, durante la pandemia, gli italiani inattivi sono aumentati del 3,1%, nel caso degli europei la percentuale è rimasta al 18,7% e tra gli extracomunitari al 15,1%. Per quanto riguarda invece le persone in cerca di impiego, queste sono diminuite mediamente del 10,5%. Una cifra che si attesta al -10,1% tra gli italiani e che scende al -11,6% tra i cittadini extra-comunitari, arrivando fino al -13,9% tra gli europei. Nel caso dei cittadini non europei, gli occupati sono diminuiti in particolare nelle regioni del nord-ovest (-7,9%) dal 2019 al 2020, mentre gli inattivi sono aumentati del 21,9%. Oltre ad aver colpito maggiormente le giovani donne. Con -27,4% delle lavoratrici extra-comunitarie di età compresa tra i 15 e i 24 anni, tra 2019 e 2020. Il rapporto, insomma, mostra chegli stranieri hanno più probabilità degli italiani di perdere il posto. Le giovani donne straniere, poi, con basso livello di istruzione, occupate in professionilow skille residenti nel meridione, sono molto a rischio.E sono proprio loro a temere di più di perdere il lavoro.