Città

La città del futuro sarà un ecosistema

I centri urbani causano il 75% delle emissioni di CO2 nel mondo e nei prossimi decenni diventeranno sempre più affollati. Come renderli sostenibili? La soluzione di Stefano Boeri
L'architetto Stefano Boeri.
L'architetto Stefano Boeri. Credit: ANSA / MATTEO BAZZI
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
31 maggio 2022 Aggiornato alle 13:00

Entro il 2050, due terzi dell’umanità abiteranno in città. Che città saranno però? Il dato è allarmante se si pensa che a oggi i centri urbani sono responsabili di circa il 75% delle emissioni planetarie di CO2.

La convergenza verso la city procede a ritmi di 70 milioni di persone all’anno: spesso in modo incosciente, senza una logica urbanistica. E proprio le città sono tra le principali vittime del fenomeno del surriscaldamento. Secondo l’organizzazione Cdp, che tiene periodicamente report dettagliati sulle minacce globali ai centri urbani, i pericoli più verosimili sono ondate di calore, siccità, tempeste violente e naturalmente l’innalzamento del livello del mare, che rischia di far inabissare interi centri abitati.

Per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile sarà fondamentale ripensare e trasformare le metropoli in realtà più sane e sostenibili. Ma come?

“Negli ultimi 20 anni, abbiamo dovuto fronteggiare una serie di crisi globali e le città ne sono state teatro” ha commentato Stefano Boeri, architetto e urbanista celebre per aver progettato il Bosco Verticale e ospite al Sustainable Cities Day. L’evento organizzato dal Consolato Generale di Svizzera a Milano e dalla Società Svizzera di Ingegneri e Architetti (SIA) è stato un’occasione per riflettere sulle prospettive future delle nostre città.

Boeri elenca le crisi: “La piaga del terrorismo dopo il 2001, poi la crisi economica del 2008, 2 anni fa la pandemia che ha tenuto sotto scacco le città per mesi e ora anche la drammatica guerra in Ucraina che sta creando una serie di disagi energetici nel resto del mondo, in primis, nelle città”.

Il primo passo da fare, suggerisce l’architetto, è condurre delle valutazioni approfondite per comprendere le fragilità e i rischi rispetto ai quali è urgente un intervento. “È necessario un ripensamento del rapporto tra sfera urbana, paesaggio e territorio. Occorre immaginare, come la chiamo io, un’anti-città, che superi il modello legato al passato dei grandi agglomerati minerari”.

“Oltre alla creazione di aree verdi e di parchi, è importante puntare alla riqualificazione degli immobili e alla conversione elettrica della mobilità. Com’è per me la città del futuro? Un luogo i cui edifici riescano a produrre energia pulita. Per esempio, al concorso di Losanna del 2014, assieme a un team di colleghi, abbiamo creato un progetto di ampliamento e sviluppo urbanistico di Ginevra. Ebbene, invece di orientarlo vicino alla riva del fiume, che sarebbe stata la scelta più ovvia, abbiamo optato per concentrarlo attorno alla montagna e integrarlo con la biodiversità del luogo”.

All’evento presso la House of Switzerland è intervenuta anche Elena Grande, assessora all’ambiente e al verde al comune di Milano. “La città ecologica che vogliamo la stiamo costruendo a poco a poco, e da questo punto di vista Milano ha le carte in regola per dimostrarsi un modello all’avanguardia. Di contro, però, resta anche tra le città più inquinate d’Italia e d’Europa”.

Su cosa puntare allora? “Per esempio sull’acqua: Milano ne è ricchissima e non soffre il dramma della siccità che invece persiste e si aggrava in molte città italiane”.

Ma non solo. Il piano per Milano entro il 2030 è quello di ridimensionare le previsioni insediative per oltre 1,7 milioni di metri quadri e imporre un vincolo su altrettanti 3 milioni (sottratti in parte a opere di nuova edificazione) perché vengano destinati ad attività agricole: in questo modo si otterrebbe un risparmio di suolo del 4%.

Per non parlare dei numerosi parchi in programma, almeno 20, da quelli in zona Labro e Martesana, alla riqualificazione dei Navigli e di alcuni scali ferroviari, più vari collegamenti e raccordi tra le zone verdi del centro urbano, per una dimensione complessiva pari a 2 milioni di metri quadri.

“Occorre investire sull’architettura e su progetti di edilizia sociale, che rendano Milano una città economicamente vivibile anche per i giovani” ha concluso Boeri. “In questa prospettiva, il non-profit e il modello delle società benefit possono dare un grande contributo nel rivoluzionare il sistema”.

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