Diritti

Il problema “ciclico” delle ragazze in Africa

Avere le mestruazioni, in alcuni Paesi africani, significa abbandonare la scuola. Esporsi allo stigma e allo scherno. Alle infezioni. Servono istruzione, assorbenti lavabili. E saponi
Credit: Akindele Ibukun/unsplash
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24 maggio 2022 Aggiornato alle 06:30

L’Africa è nota quale terra di grande bellezza ma anche di grandi contraddizioni, e mentre i miliardari presenti sono sempre più ricchi nonostante la pandemia (Forbes Africa di gennaio 2022), nelle aree rurali, anche in presenza di scuole, le adolescenti si trovano a dovere affrontare la pubertà senza alcun tipo di sostegno e preparazione al riguardo.

A ciò si aggiunga che spesso le mestruazioni sono accompagnate dallo stigma sociale dell’impurità o semplicemente considerate un tabù, così causando l’assenza di un’adeguata informazione che potrebbe essere utile anche per evitare gravidanze indesiderate.

Le mestruazioni inoltre portano alla forzata assenza dalla scuola, data la mancanza o l’incapacità di acquistare adeguato materiale sanitario (in particolare gli assorbenti) e la mancanza di strutture igieniche in cui consentire alle ragazze di cambiarsi.

Come supplire allora a tale carenza?

Come sempre l’approccio non può essere univoco, ma deve considerare le varie circostanze per comprendere come potere intervenire.

Serve sicuramente educazione, ma anche supporto sanitario ed esso non può essere lo stesso dappertutto. Bisogna verificare l’esistenza di acqua pulita e di latrine e stanze per cambiarsi: serve a poco infatti fornire le ragazze di assorbenti lavabili se poi non ci sono le condizioni igieniche per assicurare che tali assorbenti non diventino focolai d’infezioni oppure non si dia loro modo di cambiarsi secondo necessità.

In assenza di tali condizioni, gli assorbenti usa e getta spesso sono la soluzione migliore ma anche la più costosa e quindi non praticabile.

L’educazione rimane essenziale perché aiuta a comprendere la naturalità del fenomeno per facilitarne l’accettazione da parte dell’intera comunità, affinché le mestruazioni non diventino oggetto di scherno, esclusione ed emarginazione.

Il punto non è secondario, si pensi infatti che spesso gli assorbenti lavabili non sono accettati, anche in condizioni dove si può avere acqua pulita, perché difficilmente una ragazza li stenderà ad asciugarli al sole, se essi possono diventare oggetto di scherno; preferirà allora utilizzare strisce di tessuto e stracci (anche se meno igienici ed efficienti), perché possono considerarsi anonimi e non segno evidente delle intervenute mestruazioni una volta lavati e messi ad asciugare (e ciò a prescindere dalle credenze in alcune regioni africane che essi possano essere utilizzati per eseguire stregonerie a danno delle ragazze stesse).

Come dato di fatto emerge comunque la considerazione che le mestruazioni sono ragione di abbandono scolastico per le ragazze di per sé e che l’abbandono sia superiore in assenza di supporti e di educazione specifica (sul punto vi è un interessante studio dell’Università di Oxford, condotto su 1.000 ragazze ugandesi per un periodo di 18 mesi, che misura l’incremento del 17% dell’abbandono dovuto all’assenza di educazione e materiale specifico).

La gravità del fenomeno è poi esacerbata dal fatto che all’abbandono scolastico, spesso segue una maggiore esposizione delle ragazze alle violenze domestiche e alle gravidanze in età prematura.

Cosa fare allora?

Sebbene a volte io mi chieda quanto sia giusto che le organizzazioni private suppliscano alle carenze di azioni dei governi locali, che appaiono spesso poco interessati a ciò che non dà loro un immediato ritorno, e risolvano così il loro vece i problemi perpetuando le disparità, credo fermamente che l’educazione sia sempre un campo sul quale investire in tutto il mondo sia nell’interesse locale sia nell’interesse globale: l’istruzione e lo scambio di idee sono sempre benvenute perché solo così si può creare quell’opinione pubblica che è motore del progresso e non c’è progresso in cui il ruolo della donna non sia fondamentale.

Per questa ragione, con The Thinking Watermill Society (organizzazione non profit con base a Roma che svolge attività di studio e ricerca), Dwona Initiative (non profit ugandese) e Agorà Pharma abbiamo avviato, nell’ambito di un più ampio progetto condotto dalle due entità italiane denominato L8 TUTTO L’ANNO, un’iniziativa educativa che raggiungerà circa 250 ragazze di tre scuole nel nord dell’Uganda e unirà all’informazione, assorbenti lavabili e saponi, nonché calendari mestruali.

Un piccolo gesto che ci auguriamo sia fruttuoso per contrastare l’abbandono scolastico.

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