Ambiente

Con il piano Repower, la Ue dà una lezione all’Italia

Il bluff di Putin è riuscito: l’Eni paga il gas russo in rubli, nonostante le sanzioni. Ma ora il Piano europeo costringerà il Paese a spingersi verso le rinnovabili
Credit: Maxim Hopman/Unsplash
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19 maggio 2022 Aggiornato alle 06:30

L’esplosione dei prezzi di gas ed elettricità, aggravata dall’aggressione russa all’Ucraina, pone l’Europa e il nostro Paese di fronte a scelte impegnative. Ma l’embargo ai combustibili russi voluto dalla Commissione si scontra con la difficoltà a ridurre drasticamente le importazioni di petrolio e gas.

Vediamo così l’Eni, come altre società europee, accettare l’escamotage di aprire due conti a Mosca, uno in euro e l’altro in rubli. E questo, malgrado la chiara indicazione della Ue: “Aprire un secondo conto viola le sanzioni”.

L’Italia avrebbe potuto fare l’inflessibile e rischiare lo stop al metano di Mosca? Probabilmente sì, se la scelta fosse stata condivisa da tutti i Paesi. Con le riserve strategiche avremmo potuto arrivare all’autunno ed è possibile che una posizione rigorosa dell’Europa e una resistenza decisa dell’Ucraina avrebbe consentito di sbloccare la situazione.

Certo era un rischio, perché le contromisure hanno bisogno di tempi più lunghi. Ma un’interruzione delle entrate da tutti i Paesi europei avrebbe colpito pesantemente la già fragile economia di Mosca ed è possibile che avrebbe avvicinato la tregua. Anche perché l’esportazione di gas russo verso la Cina comporta la costruzione di nuovi gasdotti, operazione che prenderebbe almeno 5 anni. Come in un gioco di carte, il bluff di Putin è dunque riuscito.

Ma cosa sarebbe successo, nel caso invece in cui l’interruzione del gas russo fosse diventata reale?

E qui veniamo alle risposte che l’Italia sta predisponendo, con un mix di interventi prevalentemente di media e lunga durata. Qualcosa potrà arrivare in tempi brevi, come il potenziamento del flusso di gas dall’Algeria, ma gli approvvigionamenti dall’Egitto, Qatar, Congo, Mozambico, Angola e Nigeria di gas liquefatto (GNL) richiederanno diversi anni.

Peraltro, a livello mondiale si prefigura un boom del GNL, che comporterà prezzi alti e difficoltà a noleggiare navi metaniere.

Va peraltro sottolineato come il consumo europeo di gas sia destinato a diminuire nei prossimi anni e decenni. Ricordiamo infatti che fra 28 anni, nel 2050, la UE si è proposta di diventare “climate neutral”, con un consumo residuale di metano fossile.

Purtroppo, nella discussione sui media e nelle proposte del governo, mancano spesso due elementi fondamentali, le misure di efficienza energetica e il rilancio delle rinnovabili.

Il piano Repower EU presentato da Bruxelles ieri, 18 maggio, ribadisce invece con forza l’importanza di questi strumenti per tagliare le importazioni di combustibili fossili dalla Russia. Si parla, certo, della necessità di diversificare le importazioni di gas, ma si sottolinea l’urgenza di un salto di qualità nella diffusione delle rinnovabili e delle misure di efficienza.

Viene quindi alzata l’asticella della quota di rinnovabili sui consumi finali al 2030 portandola dall’attuale 40% al 45%. Per intenderci, visto che la percentuale include anche il contributo per gli usi termici e per il trasporto, questo vuol dire che la generazione elettrica verde europea alla fine del decennio dovrebbe oscillare attorno al 75-80%.

In particolare viene lanciata una Strategia Solare che prevede, tra l’altro, di introdurre progressivamente l’obbligo di installare il fotovoltaico sui tetti dei nuovi edifici.

Anche sul fronte dell’efficienza energetica vengono alzati gli obiettivi a fine decennio, il che comporterà l’innalzamento della percentuale di superficie edilizia annualmente riqualificata, oggi pari solo all’1%, e l’indicazione di passare sempre più verso la cosiddetta “deep renovation”, riqualificazione energetica spinta che prevede drastiche riduzioni dei consumi di gas.

Un elemento interessante, che era già comparso nel rapporto “Net Zero by 2050” dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, riguarda la sottolineatura del ruolo che possono aver i cambiamenti comportamentali. Insomma, il messaggio provocatorio di Draghi “pace o condizionatori accesi” viene declinato in una serie di misure suggerite a famiglie e aziende.

La stima europea indica un possibile taglio del 5% della dipendenza europea da gas e petrolio russi, dalla climatizzazione degli edifici all’incremento di una mobilità sempre più sostenibile.

Il piano Repower EU rappresenta dunque un messaggio forte anche al nostro Governo, che ha parlato molto di rigassificatori e gasdotti ma ha decisamente sottovalutato il ruolo che potranno svolgere soluzioni alternative, a partire dalle rinnovabili.

È sperabile che questo provvedimento europeo si traduca in una decisa accelerazione di politiche per un rilancio dell’elettricità verde, bloccata dal 2014, e che non vengano ostacolate le misure come il Superbonus per la riqualificazione del patrimonio edilizio.

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