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Musica, il ritorno al vinile: qual è l’impatto ambientale?

Sembrava destinato alla scomparsa, invece rieccolo. Anche in Italia la vendita di LP ha superato quella dei CD. Ecco i pro e i contro rispetto al digitale
Credit: Sean Benesh/Unsplash

Qual è l’impatto ambientale di un vinile? Romantici e intramontabili, gli LP sono oggetti che lasciati sugli scaffali a prendere polvere o inseriti nel giradischi e ascoltati, continuano a emanare un fascino evergreen, legato a un’altra epoca, ma anche a un modo diverso di ascoltare la musica, più riflessivo e meno nevrotico rispetto ai meccanismi del digitale.

Nel saggio intitolato Decomposed, Kyle Devine, docente presso il dipartimento di Musicologia dell’Università di Oslo, spiega come la musica sia considerata, in maniera non del tutto veritiera, il linguaggio artistico più immateriale. Gli strumenti per ascoltarla hanno vissuto effettivamente una progressiva smaterializzazione – prima i 78 giri in gommalacca, poi il vinile e i CD di plastica e infine i download digitali e i servizi streaming - ma in realtà secondo l’autore, la musica ha avuto e continua ad avere un certo impatto ambientale .

Ormai da vari anni si parla di “ritorno al vinile”, ma è davvero così? E se anche fosse, quanto inquina effettivamente rispetto al digitale? Andiamo con ordine.

Il mercato del vinile

Parlare di un effettivo ritorno degli LP forse è eccessivo, ma è anche vero che, dati alla mano, il mercato dei vinili è in crescita e le vendite sono in lento e costante aumento da diverso tempo. Se per i cultori, nonostante il progresso tecnologico, il vinile continua ad assicurare un’esperienza d’ascolto impareggiabile, per alcuni ambientalisti converrebbe in termini di impatto ambientale, perché meno inquinante dello streaming.

Nel 2019, per il dodicesimo anno consecutivo, il Regno Unito ha registrato una crescita delle vendite dei dischi in vinile, circa 100.000 unità in più rispetto all’anno precedente. Anche negli Stati Uniti e a seguire in Italia, i vinili hanno finito per sorpassare i CD nel 2020.

Nel 2021, invece, per la prima volta dal 2000, le vendite dei CD hanno subìto un’impennata. Secondo la Recording Industry Association of America (RIAA) le spedizioni sono lievitate dai 31,6 milioni del 2020 ai 46,6 milioni del 2021, con un conseguente incremento degli incassi relativi al formato, da 483,2 a 584,2 milioni di dollari.

Nessuna delle alternative esistenti sul mercato, però, pare in grado di scalzare lo streaming musicale, che costituisce il 57,2% delle entrate del settore, contro l’11% rappresentato da CD e vinili insieme - circa 8,6 miliardi di dollari, con l’aggiunta di 1,8 miliardi solo per i flussi pubblicitari - e strappargli il suo primato.

Come viene prodotto un vinile

Il vinile è un polimero plastico sintetico. Nel tempo, il procedimento e le tecnologie che ne consentono la produzione non si sono evoluti granché e gli impianti industriali utilizzati risalgono ormai a svariati decenni fa. I granuli di PVC di cui il vinile si compone, vengono riversati uno a uno, come chicchi di riso, in un macchinario, sottoposti a una fonte di calore, fusi e trasformati in dischetti simili a quelli con cui si gioca a Hockey, poi pressati e scaldati nuovamente.

L’impatto ambientale dei vinili

La gommalacca utilizzata per i primi 78 giri era una resina naturale ricavata dagli insetti, mentre i dischi prodotti oggi contengono circa 135 grammi di PVC, una resina termoplastica che solo parzialmente può essere riciclata. Un solo disco produrrebbe circa 0,5 kg di CO2, senza considerare l’inquinamento dovuto al trasporto e agli imballaggi.

Le copie vendute nel solo Regno Unito nel 2017, 4 milioni, hanno prodotto 1,9 tonnellate di CO2. Più della metà della PVC utilizzata dai produttori di dischi statunitensi proviene dalla Chemicals Public Company Limited (TPC), una società thailandese tra i più grandi produttori di plastica al mondo.

Secondo un’indagine di Greenpeace, l’azienda, con sede a Bangkok, riverserebbe gli scarti inquinanti e cancerogeni nelle acque del fiume Chao Phraya. Un altro colosso nella produzione di dischi, la Keysor-Century Corporation di Los Angeles è stata ripetutamente sottoposta a indagini e multata con l’accusa di aver esposto gli operai a esalazioni tossiche e di aver contaminato con rifiuti tossici le falde acquifere.

Come si smaltisce il vinile?

La plastica usata nella produzione dei vinili è particolarmente difficile da riciclare, a causa della massiccia presenza di un componente alquanto tossico, il cloruro. Per liberarsene, quindi, l’unica opzione praticabile è depositarlo in una discarica o addirittura bruciarlo. Lo ha spiegato alla BBC Sharon George, esperta di ambiente e sostenibilità e docente alla Keele University.

Si tratta di un oggetto in grado di resistere al tempo, anche per 50 anni, prima che salti e graffi improvvisi ne compromettano l’ascolto. Nel caso in cui, poi, sia ormai rovinato, il web offre decine di spunti su come riciclarlo in modo creativo, per esempio la linea Vinylux del designer americano Jeff Davis, che tagliando o incollando vecchi dischi, ne ricava oggetti d’arredamento originali e accessori vintage.

Nel 2019, inoltre, il cantautore Nick Mulvey è stato il primo a lanciare un singolo su un ocean vinyl, cioè un LP realizzato con plastica riciclata, recuperata dagli oceani e lungo il litorale inglese: stiamo parlando del brano In the Anthropocene, i cui proventi sono stati devoluti a Surfers Against Sewage, una onlus che si occupa di tutela e salvaguardia della fauna e della flora marina.

Il vinile inquina meno del digitale?

Per quanto sia più difficile rendersene conto, anche il download e lo streaming inquinano. I file audio digitali si avvalgono di infrastrutture di archiviazione e trasmissione dei dati che producono emissioni di gas serra, anche più elevate rispetto ai materiali impiegati per la produzione di supporti fissi come l’LP.

L’energia consumata dalla riproduzione di un singolo file è trascurabile, ma allo stesso tempo la fruibilità e l’accesso illimitato a un archivio musicale infinito ha determinato un aumento vertiginoso nei download e degli ascolti.

Secondo i dati che Devine riporta nel suo libro, le emissioni causate dallo streaming musicale va dai 200 milioni ai 350 milioni di kg all’anno. In sostanza, oltre il doppio dell’inquinamento causato dal settore discografico statunitense negli anni d’oro per giradischi, walkman e stereo.

Alternative green al vinile

La novità viene dall’Olanda: un gruppo di otto aziende, Green Vinyl Records, impegnate a sviluppare in team un processo di produzione più sostenibile e rispetto dell’ambiente che sostituisce il PVC con materiali ecologici e biodegradabili e che determinerebbe un risparmio energetico del 60% e una drastica riduzione dei rifiuti.

Per quanto riguarda l’esperienza acustica, il green vinyl non sembra ancora ottenere i risultati dei classici dischi. Il prossimo obiettivo sarà quello di eguagliare la qualità dei tradizionali vinili per incoraggiare anche gli appassionati a sperimentare un ascolto più ecosostenibile.

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di Riccardo Liguori 3 min lettura