Futuro

Una startup ugandese trasforma la plastica in stoffa

Kimuli Fashionability è un’azienda tessile green e inclusiva: sarà tra le 6 imprese presenti allo Startup Africa Roadshow di Milano e Torino
Credit: Dalla pagine Facebook di Kumali Fashionability
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
2 maggio 2022 Aggiornato alle 21:00

L’industria della moda ultimamente sembra darsi un gran da fare nel cercare di riabilitare la propria immagine, il più delle volte decisamente poco eco-friendly.

Il settore è il terzo più inquinante in termini assoluti, dietro solo ai comparti alimentari ed edili. Senza contare che produrre vestiti comporta un enorme dispendio idrico e che secondo lo studio Fashion on climate condotto da McKinsey & Company, nel 2018 l’industria avrebbe prodotto a livello globale circa 2,1 miliardi di tonnellate di emissioni di gas serra, il 4% del totale.

Alla luce di questo scenario e di una nuova sensibilità da parte dei clienti, i grandi marchi tentano di correre ai ripari, ma gli sforzi migliori sembrano arrivare dalle nuove generazioni.

È il caso di Kimuli Fashionability, un’azienda ugandese che trasforma i rifiuti in plastica in stoffa, con la quale realizza abiti e accessori.

Il Paese africano non è dotato di un sistema di smaltimento funzionante e, come spiegato nel sito web dell’azienda, solo nella capitale Kampala, ogni giorno si accumulano oltre 28.000 tonnellate di rifiuti di plastica. Di queste meno della metà è raccolta, solo l’1% formalmente riciclata e il resto accatastato a cielo aperto e spesso bruciato, con gravi danni per la salute delle persone e dell’ambiente.

Desiderosa di cambiare la situazione, la giovane imprenditrice Juliet Namujju ha fondato un’azienda green e inclusiva, la cui vocazione non si ferma alla salvaguardia del Pianeta. Kimuli Fashionability, infatti, oltre a essere un marchio di moda sostenibile offre anche opportunità di lavoro a giovani disabili.

«Mio padre è stato coinvolto in un incidente stradale che gli è costato l’amputazione delle gambe. A seguito di quell’evento è stato licenziato e nessun datore di lavoro ha più creduto nelle sue capacità. - ha raccontato in un’intervista - Questa ingiustizia mi ha spinto a voler cambiare la mentalità delle persone nei confronti della disabilità».

Secondo l’Uganda Population and Housing Census, i disabili nel Paese sono circa il 6% della popolazione, ovvero 6,5 milioni di individui che spesso versano in condizioni di grave povertà perché esclusi da ogni programma sociale, economico ed educativo.

All’interno della startup, disabili, donne e giovani emarginati provenienti da contesti rurali e urbani difficili vengono formati e impiegati in ogni fase della catena produttiva, nella convinzione che solo non lasciando indietro nessuno si possa contribuire a una crescita economica e non solo davvero inclusiva.

Il loro lavoro inizia dalla raccolta dei sacchetti di plastica nelle discariche, 300 kg circa ogni mese. Successivamente la plastica viene lavata, asciugata al sole, tagliata a seconda del design del prodotto da realizzare e mescolata con tessuti africani come Kitengi, Sisal e Barkcloth per poi essere trasformata in capi unici e accessori.

«Mia nonna era una sarta e quando ero piccola mi aiutava a fare delle bambole con ritagli e rifiuti, visto che non poteva permettersi di comprarmi giocattoli. Da quel momento ho iniziato a vedere ciò che gli altri buttano come una risorsa e oggi trasformo i rifiuti in qualcosa di bello come un fiore», racconta Juliet Namujju, che ha scelto il nome Kimali Fashionability proprio perché kimuli nella lingua locale Luganda significa fiore.

Il quartier generale della startup è situato in un Paese in forte espansione, parte di quella che viene definita Silicon Savannah, l’ecosistema dell’innovazione composto da Kenya, Uganda, Tanzania e Rwanda, nel quale molte aziende stanno emergendo.

Oltre ad abiti e accessori, il brand durante il lockdown ha iniziato a produrre mascherine in stoffa con la porzione corrispondente alla bocca trasparente, pensate per persone sordo mute che necessitano di leggere il labiale per comunicare.

Un ennesimo passo avanti sulla strada dell’inclusione che ha valso al team ugandese l’inserimento tra le società vincitrici di Next Generation Africa, un programma di sostegno alla crescita dei team imprenditoriali più promettenti della Silicon Savannah, promosso dall’Ambasciata d’Italia in Uganda e dall’associazione BeEntrepreneurs APS.

I responsabili di Kimuli Fashionability, insieme a quelli di altre cinque aziende africane, saranno protagoniste dal 9 al 13 maggio 2022 dello Startup Africa Roadshow, un evento che si snoderà tra Milano e Torino, scandito da momenti di networking e formazione, incontri sul campo e sessioni di confronto a tema innovazione.

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