Diritti

Che cosa ha detto di male Sofia Goggia?

Proviamo a spiegarlo: ma prima di tutto usciamo dalla logica per cui ogni critica è un “linciaggio”
Sofia Goggia
Sofia Goggia
Tempo di lettura 5 min lettura
20 aprile 2022 Aggiornato alle 06:30

Vorrei tranquillizzare tutti: Sofia Goggia non è stata crocifissa. Non è stata linciata, nessuno l’ha messa al muro, niente di tutto questo. A valle della sua intervista con il Corriere della Sera a firma Aldo Cazzullo, di cui purtroppo solo un paio di frasi a dir poco infelici sono arrivate al grande pubblico, Goggia è viva e vegeta, conserva l’uso degli arti e non ha dovuto compiere atti di resurrezione impossibili per gli umani. Cosa che, trattandosi di SuperSofia, non possiamo escludere sia nel novero delle sue possibilità, alla luce del recupero miracoloso operato fra Cortina e Pechino all’inizio del 2022.

Detto questo, quelle due domande – mal poste, a essere generosi; infide, a pensar male – e le relative risposte le hanno attirato delle critiche che lei non sembra aver compreso, o per lo meno non a giudicare dalla risposta che ha dato su Twitter.

Vale la pena tornarci, a giorni dall’episodio? Credo di sì, se non altro per ragionare sul motivo delle critiche: perché è un attimo che la notizia non sia più cosa ha detto Goggia, ma che Goggia sia stata criticata, come se il casus belli fosse una difesa dell’impiego della panna nella carbonara. Invece no.

Partiamo dal presupposto che la domanda fosse di suo surreale: chiedere “Ci sono atleti omosessuali nello sport?”, nel 2022, è come domandarsi se la Terra giri intorno al Sole. È il 2022, ormai dovremmo avere capito che la sessualità umana è multiforme, e le persone LGBTQ sono dappertutto, quindi anche nelle scuole di sci. La risposta che ci si aspetterebbe da una persona di neanche trent’anni che gira il mondo e conosce la gente più varia è “Certo, sì, ci sono”, perché se nell’ambiente che frequenti non ci sono omosessuali due sono le cose: o si nascondono per non essere discriminate (e quindi non le vedi, perché si nascondono anche da te) oppure l’ambiente le respinge perché si ritiene, in maniera molto fantasiosa, che un uomo gay o bisessuale o pansessuale (è il 2022, l’abbiamo già detto?) non possa buttarsi da una discesa molto ripida con gli sci. Entrambe le cose dovrebbero farti pensare. Invece dai, facciamo la battuta sul fatto che i gay non possono fare la discesa della Streif di Kitz perché si sa, i gay sono tutti urletti e moine e paure irrazionali. Il Vizietto come paradigma di riferimento eterno, e quel tocco di misoginia introiettata che si sposa così bene con l’omofobia: l’omosessuale maschio non è maschio e non è femmina, è una specie a parte. C’era tutta questa roba, dentro quella risposta? Sì, c’era: ma è talmente sedimentata nella nostra cultura da non essere nemmeno percepita come offensiva o disturbante.

Qualunque tentativo di confutare questa visione a botte di realtà è vano, perché hai voglia a spiegare che le persone LGBTQ che sopravvivono fino all’età adulta devono superare prove ben più difficili della Streif di Kitz. Purtroppo, non tutte sopravvivono fino all’età adulta: alcune si uccidono prima, adolescenti, devastate dalle aggressioni quotidiane, dalle discriminazioni e dall’idea che il loro posto nel mondo lo decidano altri, e debba essere un posto piccolo e limitato, che devono occupare senza dare nell’occhio, senza “ostentare”. Altre vengono aggredite, picchiate, uccise. Questo è particolarmente vero per le donne trans, oggetto della risposta successiva a quella sugli atleti omosessuali, e che tanto per cambiare fanno da punto di scarico di una follia collettiva pilotata dalle femministe trans-escludenti (non ci entro, non perché non abbia un’opinione in merito, ma perché ci vorrebbe un altro pezzo intero per spiegare quanto pure quell’uscita sia macchiata da una grave ignoranza).

Gridare al “linciaggio” di Goggia non è solo iperbolico, è anche profondamente irrispettoso nei confronti delle persone che le sue opinioni contribuiscono, nel loro piccolo (ma neanche tanto piccolo: sono opinioni espresse da una campionessa olimpica sul Corriere della Sera, non tua zia al bar all’angolo) a mantenere in condizioni di continua vulnerabilità. Ci sarebbe da domandarsi quale sia la rilevanza di certe domande rivolte a un’atleta, peraltro con quella formulazione: Goggia è una che scia, e scia benissimo, non una la cui opinione sui colleghi e le colleghe non etero sia rilevante, se non al limite come spia di un problema più grosso. Non ci interessava per nulla sapere cosa pensasse sull’argomento: purtroppo abbiamo dovuto scoprire che il suo pensiero è basato sui peggiori stereotipi, e chi l’ha intervistata non ha pensato di tagliare quella risposta (se non quella successiva) per evitarle guai. Due sono le cose: o voleva procurarglieli, i guai, o non si è accorto dei gravi pregiudizi espressi.

Sappiamo benissimo, comunque, che la questione si è già spostata nel campo del “Non si può più dire niente”. Allora ripetiamolo: si può dire tutto, ma le opinioni non sono tutte uguali. Alcune sono sostenibili, altre no: e quando non lo sono, può succedere che ti venga fatto notare. Sofia Goggia ha detto delle cose offensive e ignoranti, e questa cosa può succedere a chiunque. A lei, a me, a voi, perché siamo esseri umani e gli esseri umani sbagliano e cambiano, e se capiscono dove hanno sbagliato migliorano, poi sbagliano di nuovo, capiscono, migliorano, e avanti così. Goggia ha sbagliato (e pure Cazzullo, anche se il suo errore è stato oscurato dalle risposte dell’intervistata), le è stato fatto notare quanto e come, e sarebbe bello che da queste critiche imparassimo tutti qualcosa, non solo lei. Invece si parla solo di “crocifissioni” e “linciaggi”, perché – Pio e Amedeo docunt – le persone LGBTQ non si possono arrabbiare. Devono mantenere una calma ai limiti della santità, anche quando vengono ridotte a macchiette umilianti o trattate come avversarie sleali che invadono il campo delle donne. Perché dai, ci sono cose più serie e gravi per cui arrabbiarsi, tipo la panna nella carbonara.

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