Diritti

H&M contro la violenza di genere nelle fabbriche in India

Il noto marchio di abbigliamento low cost ha firmato un accordo per prevenire ed eliminare le molestie sessuali negli stabilimenti del Paese asiatico, dopo un caso di femminicidio
Dall'account Instagram @asrightashumane
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Valeria Pantani
Valeria Pantani giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
7 aprile 2022 Aggiornato alle 15:00

Natchi Apparel è uno stabilimento industriale tessile dell’India meridionale e fornitore della catena d’abbigliamento H&M. Nel gennaio 2021 la dipendente Jeyasre Kathiravel è stata uccisa da un supervisore, presumibilmente dopo essere stata violentata. A conferma di ciò, la famiglia della giovane ha affermato che la ragazza aveva subito molestie e intimidazioni sul luogo di lavoro nei mesi precedenti. Il suo non sembra essere stato un caso isolato.

L’anno scorso, dopo la morte di Kathiravel, l’organizzazione no profit Remake aveva riportato alcune dichiarazioni dell’Asia Wage Floor Alliance (AFWA, alleanza sindacale tra i paesi produttori di abbigliamento in Asia e le regioni di consumo) riguardo i ripetuti casi di molestie da parte dei supervisori uomini di Natchi: «Le lavoratrici hanno sottolineato che ci sono molti casi di molestie sessuali e violenze in fabbrica», le quali però risultavano difficili da dimostrare.

Remake aveva scritto che, secondo l’AFWA, il sindacato femminile Tamil Nadu Textile and Common Workers Union (TTCU) era riuscito a raccogliere la denuncia anonima di una lavoratrice: «Le telecamere a circuito chiuso si trovano solo nei corridoi o all’ingresso della fabbrica o vicino ai bagni. Le usano solo per rimproverarci se trascorriamo troppo tempo non lavorando. Non ci sono telecamere sul luogo di lavoro in quanto tale: è qui che si verificano tutte le molestie. Quindi, non c’è mai alcuna prova. I supervisori sfruttano questa opportunità».

Non solo a Natchi Apparel, ma in tutta l’India le lavoratrici non sono tutelate. Già nel 2019 (due anni prima della morte di Kathiravel) Business and Human Rights Resource Centre aveva denunciato questa insicurezza per le donne indiane, un elemento che si è tramutato negli anni in un basso tasso occupazionale femminile nel paese.

Il primo aprile si è raggiunto un accordo legale vincolante per eliminare le molestie, le discriminazioni e le violenze di genere nell’industria tessile di Natchi: tra i firmatari, anche H&M. Come riporta il Guardian, lavoratori, supervisori e dirigenti dovranno sottoporsi a una formazione sulla violenza di genere, mentre verranno ridefiniti i comitati per i reclami interni. «Le donne potranno denunciare anonimamente le violenze sessuali a un’assemblea indipendente che avrà il potere di licenziare i colpevoli e chiedere un risarcimento finanziario per le vittime e le loro famiglie», scrive il giornale.

«Tutti i nostri dipendenti meritano sicurezza e rispetto sul lavoro - ha affermato Subhash Tiwari, Ceo di Eastman Exports, uno dei maggiori produttori di abbigliamento in India e firmatario dell’accordo - La nostra speranza è che questa partnership non solo abbia un impatto positivo sulla preziosa forza lavoro di Natchi, ma serva anche da modello per altre fabbriche di abbigliamento».

Anannya Bhattacharjee, coordinatrice internazionale di AFWA, ha invece focalizzato l’attenzione sul potere della collaborazione tra diversi attori per un fine comune, definendo l’accordo «un modello di come marchi di moda, fornitori e sindacati possano lavorare insieme per prevenire e rimediare alla violenza di genere nelle catene di abbigliamento asiatiche». «Siamo felici di collaborare con H&M e Eastman Exports nell’attuazione di un accordo che offra un approccio multiforme per la realizzazione di luoghi di lavoro liberi dalla violenza», ha aggiunto.

In definitiva, una vittoria per le lavoratrici di Natchi e un cambiamento significativo nell’intera industria di abbigliamento dell’India. E speriamo presto dell’Asia.

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