Ambiente

Tutti vogliono un selfie con gli attivisti del clima

L’immobilismo sulla salute della Terra, così come la guerra, è un crimine contro l’umanità. Proprio per questo è necessario che ciascuno di noi manifesti con i giovani ambientalisti. Ma a livello politico e personale, devono poi seguire azioni concrete
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25 marzo 2022 Aggiornato alle 08:00

Oggi è sciopero per clima! Scendete in strada, studenti e studentesse! Non ascoltate coloro che vi dicono che è più importante studiare, perché se dicono così non hanno studiato né geografia, né climatologia né scienze ambientali, ma nemmeno letteratura, arte o poesia. Non ascoltate i vostri amici che usano lo sciopero per divertirsi e andare al parco. Non pensate che non serve. Ogni azione ha un significato. Oggi si deve manifestare. Lo dovrebbero fare tutti, non solo gli studenti, ma anche lavoratori, pensionati, cittadine e i cittadini tutti. Anche i giornalisti.

Scendete in strada però con il libro in mano, oltre che con lo striscione e il cellulare. Non con quei testi ideologici che si agitavano negli Anni ‘70, ma libri di scienza e di poesia. Armatevi di tutte le risposte alle domande che critici e scettici vi pongono. Un tempo si urlava “Chiediamo l’impossibile”, oggi ci si limita a cose possibili (e importantissime) che l’inazione di politica e mondo economico rendono difficili: decarbonizzazione, mobilità sostenibile, efficientamento energetico, tutela della biodiversità, agricoltura rigenerativa.

Si scende in piazza in un momento difficilissimo per l’umanità, con l’ennesimo conflitto che reclama decine di migliaia di vite umane, violando i diritto infinito della vita. Un conflitto fortemente dipendente dalle fonti fossili con il ricatto russo degli idrocarburi e la nostra incapacità di staccarci dalla canna del gas. E nonostante la guerra, invece che parlare di economia circolare, sobrietà dei consumi e efficientamento energetico, si chiedono soldi per pagare di meno gas e benzina.

La guerra come l’inazione per clima sono due crimini contro l’umanità, è sempre bene ricordarlo. Un crimine a cui tutti magari sono partecipi, ma che ha sempre delle responsabilità ben precise. Per questo scendere in piazza non deve essere solo comunicazione e dimostrazione politica. Ma deve essere una prima richiesta di assunzione di responsabilità. Nella crisi climatica e della biodiversità ci sono dei colpevoli, che sono più colpevoli di altri, con nomi e cognomi oppure brand e marchi. I mandanti.

Nell’attivismo di oggi c’è poca azione legale ben strutturata contro questi colpevoli. Si compiono spettacolari azioni dimostrative, come le proteste di Fridays for Future o i digiuni e flash mob di XR, si inondano i social con influencer green, si urla a squarcia gola. Ma non basta: è nell’azione diretta (consumi) e in quella giuridica (processi) che si attaccano i colpevoli al cuore. Associazioni storiche, come Legambiente o Greenpeace o WWF, molto abili nel fare lobbying sulle proposte di legge, non hanno ancora sostenuto un’azione legale stringente sui cambiamenti climatici.

Portare grandi multinazionali alla sbarra è un modo chiaro per far capire che sulla crisi climatica e della biodiversità non si deve scherzare più. Ne tengano ben da conto le aziende che fanno abilmente greenwashing. Scendete in strada e chiedete dunque giustizia: finalmente anche la nostra costituzione ne tiene conto.

Sono curioso di vedere chi della politica scenderà in strada con voi. Tutti vogliono farsi selfie con gli attivisti del clima. Tutti pronti a osannare la protesta giovanile, pochi a fare quello che viene chiesto (anche se le richieste temo non siano sempre puntuali e precise, cose che la politica necessita).

I partiti e movimenti ecologisti maturi si danno appuntamento in varie sedi proprio in questi giorni, in assemblee e meeting, nel tentativo di costituire un nuovo soggetto ecologista progressista, un nuovo partito dei verdi (ma ci sono già), radicale, una nuova casa comune giallo-rosso-verde, un nuovo partito democratico (minuscole intenzionali).

Non è chiaro nemmeno a me che seguo con interesse e speranza il loro lavoro. Un soggetto politico che doveva nascere ormai anni addietro, ma che per incapacità programmatica non ha ancora visto la luce. Chiedete anche questo oggi, in strada, consigliando a questi bravi esperti di politica che non c’è più tempo per cercare una geometria politica, un nuovo partito, o l’ennesimo rassemblement. Persino noi giornalisti, addetti ai lavori, ci siamo stancati di questo nodo gordiano. Basta.

Protestare oggi non è mai stato così difficile. La gente è spaventata dalla guerra, dal caro-prezzi, dalla pandemia che non vuole finire. Chiunque ha soluzioni facili, vende bene: nucleare, ritorno al carbone, riarmare il Paese, ignorare il conflitto. Resistere a quest’onda restauratrice richiede grande unità e sacrificio. Mettere da parte ego e poltrone, arrivismo e tensioni. Serve fare un respiro profondo e ripeterci: dobbiamo essere uniti. Solo così possiamo davvero cambiare le sorti.

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