Ambiente

Pasqua, i nostri valori confusi (dalla carne alla plastica)

Meno agnello, ma senza cambiare la dieta, tanta plastica, giocattoli e rifiuti, riti sacri sempre meno frequentati: perché la nostra Pasqua è tanto consumista (e confusa)? Anche per colpa del sistema in cui siamo
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Pochi giorni fa sono stata in un grandissimo supermercato alla periferia della mia città. Muoversi all’interno, per quanto enorme fosse, era veramente difficoltoso, perché lo spazio era occupato da muri infiniti di uova di Pasqua. Saranno state centinaia, di decine e decine di marche diverse, per maschio e per femmina, cioccolata di ogni tipo, tipologia con gran sorpresa o sorpresa esterna con peluche e altro ancora. Uova declinate per ogni personaggio di cartoni, film e fumetti vari esistenti. C’era veramente da smarrirsi.

Uova di Pasqua: poco cioccolato, valanghe di plastica

Le uova di Pasqua, com’è noto, costano tanto e contengono pochissimo cioccolato. Sono fatte soprattutto di plastica: plastica della base, plastica della carta, spesso cordoncini non differenziabili, infine, soprattutto, sorprese quasi sempre di plastica o altri materiali non riciclabili, che finiscono al 99% nel cestino della spazzatura. È vero che fanno allegria e chi non ne comprerebbe uno ai propri figli, ma oggi si è sparsa un po’ la moda per cui uno non basta e spesso i bambini ne ricevono diversi, magari uno da ogni parente. Insomma, da un lato cerchiamo di eliminare la plastica, dall’altra la reintroduciamo a Pasqua in enormi quantità, mentre i nostri figli per giorni interi - uno passi, ovviamente - consumano cioccolato, chissà di che qualità e provenienza, tra uova, ovetti e coniglietti arrivati da tutte le parti.

Ok meno agnello, ma la dieta deve essere sostenibile in generale

Se su plastica e cioccolato a Pasqua le nostre convinzioni vacillano, anche sulla carne questa festa evidenzia contraddizioni. a

Ad esempio, sempre di più abbiamo smesso di mangiare l’agnello, grazie anche a campagne efficaci sui social network, ma continuiamo a mangiare altra carne. Ovviamente va benissimo non mangiare l’agnello, solo che analoghe riflessioni andrebbero fatte, a esempio con il vitello o altri animali.

Forse la riduzione di carne dovrebbe essere generalizzata, secondo ovviamente le possibilità, e riguardare tutti gli animali, non solo una specie. Forse, anche, ci vorrebbe non solo una dieta senza agnello, ma in generale una dieta più sostenibile e “amica del clima”, come sostengono due ricercatori in un libro molto interessante in uscita in questi giorni (Giuliano Rancilio, Davide Gibin, La dieta amica del clima, Altreconomia). Dieta che non significa per forza, spiegano i due autori, un regime che stravolga le nostra abitudini, anzi. Ma che prediliga il pollo su tutte le altre carni, riduca le uova e limiti i formaggi a quelli freschi e in piccole quantità, punti su legumi, frutta secca e pesce azzurro.

Se la festa (anche sacra) equivale ai giocattoli

Ma che la Pasqua sia diventata l’ennesima festa consumista lo dimostra anche il fatto che sia concepita ormai dai bambini come un secondo Natale. Insieme all’uovo arrivano dunque anche regali, come se non riuscissimo ormai a evitare che una qualsiasi festività, anche religiosa, diventi un’occasione di consumo.

Per metterla sul ridere: l’altro giorno spiegavo a mio figlio piccolo che la Pasqua è una festa per i cristiani quasi più importante del Natale, perché a Natale Gesù nasce ma a Pasqua risorge, non proprio qualcosa che possa passare in secondo piano. E lui mi ha risposto allegro che “allora i regali a Pasqua dovrebbero essere molti di più che a Natale”. Mi ha fatto sorridere, però è anche una risposta emblematica del fatto che i bambini abbiano assimilato questa automatica equivalenza tra festa, anche sacra, e regali di ogni tipo. Un accoppiamento infelice, eppure quasi inevitabile.

Caccia alle uova, pic nic e riflessione: un’altra Pasqua?

Torniamo un po’ sempre al solito punto: da un lato, tutti noi, sia laici che religiosi, forse vorremmo vivere la Pasqua e altre festività in maniera un po’ più “spirituale”, o meglio libera dal consumo, più fondata sulle relazioni, la condivisione, la riflessione e fruizione di cose belle, dalla natura, all’arte. Però di nuovo il sistema ci intrappola in scelte che sembriamo non poter non fare.

Comprare uova di pasqua e regali per i bambini, a esempio, fare enormi pranzi insostenibili, talvolta (per chi ha risorse) fare anche viaggi insostenibili (la settimana a New York, il week-end a Dubai etc).

Pensare e agire in maniera diversa è faticoso, ci si espone a conflitti e discussioni, specie se si hanno bambini. Come ho già scritto, credo che anche in questo caso la via d’uscita sia comunque riuscire a vedere come la felicità non sia mai legata al consumo, che al massimo può esserne un contorno.

Ad esempio, per i bambini si può organizzare una memorabile caccia alle uova divertente e condivisa con amici, moltiplicando gli incontri, visto che spesso sono figli unici o quasi. I grandi possono puntare su cose semplici ma insieme, un pic nic al parco, un agriturismo invece che andare dall’altra parte del mondo.

E magari qualche lettura e riflessione su quello che poi è il senso della Pasqua: stare di fronte al tema della fine, alla sofferenza del corpo, interrogarsi su come vivere questo limite quasi impensabile e se ci sia o no un dopo. Non importa essere credenti o no, ma vedere in questa festa un’occasione (in più) per fermarsi su certi temi: questa, credo, sia la cosa più importante, oltre al sacrosanto pranzo più sostenibile, magari a base di pollo e verdure, all’uovo di cioccolato con meno plastica e l’incarto di carta, al giocattolo fatto con materiali sostenibili, che durano di più e inquinano di meno.

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