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Ex Ilva, caso Di Serio: cos’è stato detto durante la seconda udienza?

Dopo un anno di attesa, si è tenuto un altro incontro per il processo contro lo Stato avviato dai legali di Jacopo, bambino di Taranto che aveva contratto la leucemia bevendo il latte materno contaminato. La Svolta ne ha parlato con uno degli avvocati, Mario Melillo
Avvocato Mario Melillo
Avvocato Mario Melillo
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25 marzo 2024 Aggiornato alle 17:00

Ricordi il caso di Jacopo Di Serio, il bambino di Taranto, oggi 7 anni, che aveva ereditato una grave forma di leucemia semplicemente bevendo il latte materno contaminato dalle polveri respirate all’ombra dell’ex Ilva?

La sua storia fece scalpore. Intanto perché rivelò al mondo quanto sia assurdo vivere tra i quartieri Tamburi e Paolo VI di Taranto e che rischi si corrano semplicemente respirando l’aria circostante o nutrendosi del latte della propria madre.

Poi perché l’impugnazione del caso da parte dei legali della famiglia aprì la strada a una citazione a giudizio non dell’ex Ilva di Taranto, ma dello Stato, colpevole di “gravi omissioni da parte nel garantire la salute dei suoi cittadini”. Dopo mesi di attesa, si è svolta finalmente una nuova udienza e l’iter innescato dai legali riprende a marciare.

Gli avvocati, guidati da Anton Giulio Lana, dello Studio Lana Lagostena Bassi Rosi, specializzato in diritti umani, hanno raccolto e prodotto materiale in grado di dimostrare che il piccolo, fin dalla sua nascita, si è nutrito col latte materno contaminato da diossine e policlorobifenili (pcb), sostanze tossiche che generano conseguenze gravissime sulla salute degli individui. Tra queste è stato rilevato anche il furano, un marker specifico dell’industria metallurgica che non lascia dubbi sull’origine.

I disturbi che Jacopo ha mostrato fin dalla sua venuta al mondo sfociarono, a 20 mesi, dopo una serie infinita di accertamenti, in una diagnosi impietosa: leucemia linfoblastica di tipo B.

«Riteniamo – raccontò a La Svolta Lana all’indomani della prima udienza svoltasi il 5 gennaio del 2023 presso il Tribunale di Lecce (poi rinviata dal giudice Barbetta al 20 aprile 2023, ndr) - che quanto accaduto alla famiglia Di Serio sia dovuto a un gravissimo inadempimento, a negligenza e trascuratezza, oltre che dell’Ilva, dello Stato e che la questione non riguardi ovviamente solo il piccolo Jacopo ma una platea molto ampia di bambini e adulti che hanno subito e continuano a subire perché nessuna misura è stata mai adottata».

A causa di una burocrazia farraginosa, di trasferimenti di giudici e mancate sostituzioni, c’è voluto più di un anno per arrivare alla seconda udienza che si è svolta a Lecce il 7 marzo. A rappresentare la famiglia c’era il collega e socio di Anton Giulio Lana, Mario Melillo, intervistato successivamente da La Svolta.

«C’è voluto un tempo molto lungo – spiega Melillo - per cominciare a incardinare il giudizio. Dalla prima udienza a oggi, sono trascorsi 14 mesi a causa delle solite problematiche del sistema giudiziario italiano: il giudice designato, infatti, è stato trasferito e a oggi non sostituito, giudici non togati reclutati tra gli avvocati per dare una mano a implementare l’iter, insomma non era stata svolta attività significativa».

«Durante l’udienza dello scorso 7 marzo - aggiunge l’avvocato - abbiamo discusso delle prove: abbiamo portato prove testimoniali dei familiari stretti di Jacopo e anche di coloro che hanno assistito Jacopo e la famiglia nel calvario a cui sono stati sottoposti da vari anni, tra questi il direttore sanitario, la caposala del reparto in cui è stato ricoverato più volte, e altre. Dopodiché abbiamo depositato la prova dei danni che il piccolo ha riportato assieme a un documento frutto di uno studio dell’Istituto superiore di sanità, dipartimento ambiente e salute (Studio di Monitoraggio di policlorodibenzodiossine Pcdd, policlorodibenzofurani Pcdf e policlorobifenili Pcb nel latte materno di donne residenti a Taranto e provincia, relazione conclusiva aprile 2019, ndr), che dimostra la presenza di varie sostanze tossiche emesse negli insediamenti di Taranto anche a ridosso della ex-Ilva, confluite nel latte materno. Noi sosteniamo che la leucemia sia stata indotta senza dubbio dalla residenza nel quartiere Tamburi, uno dei più colpiti, come dimostra lo studio stesso».

Con queste sue parole, fa riferimento alle polveri sottili che hanno contaminato tutta quella zona?

Non solo. È agli atti il fatto che le polveri sottili abbiano contaminato tutta l’area che va dal quartiere Tamburi, fino al Paolo VI e alla zona del cimitero, ma noi abbiamo prodotto studi che dimostrano un’alta concentrazione di ulteriori elementi tossici alla base della contaminazione del latte materno. Essendo nato proprio nel periodo di monitoraggio, è ancora più agevole provare che Jacopo sia stato colpito proprio dagli effetti nel modo peggiore possibile. Nell’udienza del 7 marzo abbiamo chiesto una consulenza tecnica d’ ufficio per dimostrare il nesso di causa.

E ora, quali sono i prossimi passi?

Siamo in attesa che si decida sulla assunzione di questi mezzi istruttori. Non sappiamo quando sarà fissata la prossima udienza. La sensazione è di avere frecce utili per il nostro arco anche perché sono elementi ufficiali. Anche alla luce degli ultimi sviluppi del caso ex-Ilva, siamo ottimisti su un buon esito del giudizio. Al di là del dato economico (i legali chiedono la somma di oltre 1.500.000 euro a titolo di risarcimento del danno, ndr), che ovviamente passa in secondo piano, vogliamo far emergere la sofferenza di una famiglia che però è simbolo di tante altre. Si tratta di una sofferenza enorme e indicibile per qualità e quantità. La politica deve dare risposte, lo Stato deve svegliarsi, prenda coscienza e si prenda le proprie responsabilità.

Un’ultima domanda, come sta Jacopo?

Jacopo per fortuna sta meglio si spera in una remissione, in ogni caso lui e la famiglia continuano a fare di tutto perché finisca questo terribile patimento.

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