Culture

Chi sono i Carota Boys, l’arma segreta di Jannik Sinner?

Riservato e taciturno, il campione altoatesino che ha trionfato agli Australian Open ha una carta vincente in più che gli avversari, simpaticamente, gli invidiano: un gruppo di supporter davvero originale
Credit: ANSA/ETTORE FERRARI 
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
29 gennaio 2024 Aggiornato alle 20:00

La famiglia, l’impegno, la serietà, il team e la fidanzata sono gli elementi che hanno aiutato Sinner a esprimere al meglio il proprio talento, per diventare quello che è oggi. Ma Jannik come ogni supereroe che si rispetti può contare anche su un’arma segreta, che altri campioni non hanno: i Carota Boys, un gruppo di tifosi speciale.

Dopo la vittoria agli Australian Open, avvenuta a seguito di un match incredibile contro Daniil Medvedev, in tanti si sono scoperti appassionati di tennis e fan di questo ragazzo e della sua prospettiva di carriera infinita, ma c’è chi c’è sempre stato e ha dimostrato la propria passione in modo decisamente originale.

I Carota Boys infatti, sono lo zoccolo duro dei sostenitori dell’atleta altoatesino. 6 ragazzi dai 26 ai 28 anni (Enrico Ponsi, Francesco Gaboardi, Alessandro Dedominici, Alberto Mondino, Lorenzo Ferrato e Gianluca Bertorello) di Ravello, in provincia di Cuneo, appassionati di tennis e in particolare di Jannik Sinner, di cui già da alcuni anni seguono le gesta in giro per il mondo vestiti da carota.

La scelta della carota come simbolo è, come facilmente intuibile, un omaggio ai capelli rossi dell’atleta, anche se l’ispirazione definitiva è arrivata dopo averlo visto mangiare proprio una carota, invece della più consueta banana, durante una partita del torneo Atp di Vienna del 2019.

La prima uscita ufficiale dei Carota Boys è stata agli Internazionali d’Italia a Roma, dove sono stati subito notati dai media, che hanno dato il via alla loro avventura di tifosi famosi (quasi) come il loro idolo.

Da quel momento è arrivata la notorietà social, con un profilo Instagram da 112.000 follower dal quale dispensano buon umore a colpi di meme, video esilaranti e i reportage dei loro spostamenti nel nome di Jannik. Ma non solo, i Carota Boys hanno anche un sito internet con tanto di merchandising ad hoc per veri tifosi arancioni e possono contare sulla sponsorizzazione di Lavazza che ha permesso loro di assistere dal vivo a una partita di Sinner al Roland Garros e di fare, domenica, da padroni di casa al raduno di tifosi organizzato alla Nuvola Lavazza di Torino, dove è stata trasmessa su un maxischermo la finale dell’Australian Open.

Ma la fama dei Carota Boys non si è certo fermata ai confini nazionali. I loro costumi indossati sugli spalti dei tornei internazionali più blasonati, da Wimbledon agli Us Open (dove hanno incontrato per la prima volta il loro idolo) hanno infatti catturato l’attenzione addirittura del New York Times che ha riservato loro parte di un articolo dedicato al talento italiano, nel quale si sosteneva che rispetto ad Alcaraz potesse contare su qualcosa in più: “un fervente gruppo di fan vestiti da carote che lo sostengono nei vari tornei”.

Non c’è da sorprendersi che una storia così genuina, 6 ragazzi uniti da un’amicizia storica e dalla passione per lo sport, sia legata proprio a Jannik Sinner, un campione anch’esso genuino, serio e rispettoso, che tanto piace anche a chi di palline e racchette capisce ben poco.

22 anni vissuti senza troppi fronzoli, parlando il minimo e usando con il contagocce perfino i social, ma con la testa sulle spalle di chi ha dovuto crescere in fretta. Nato a Sesto Pusteria, in provincia di Bolzano, come tutti i bambini che crescono tra le vette più belle del mondo ha inforcato gli sci molto prima di imbracciare la racchetta, capendo però ben presto che la compagna di una vita sarebbe stata quest’ultima.

Così ha lasciato casa a soli 13 anni per trasferirsi a Bordighera (Imperia), dove oltre ad allenarsi sodo ha imparato italiano (nelle valli della sua infanzia la prima lingua è il tedesco) e a fare presto i conti con la vita “da grande”, senza i genitori.

Genitori che però Sinner ha voluto subito ringraziare dopo la vittoria agli Australian Open, con una frase che ha fatto scendere qualche lacrimuccia ai più teneri: «auguro a tutti i bambini di vivere questo sogno e di avere la possibilità di scelta che mi hanno dato i miei genitori». Genitori lontani ma presenti che hanno contribuito alla formazione di un ragazzo che sembra quasi sbucare da un altro tempo: mai una parola fuori posto o un gesto di stizza eccessivo, come invece abbiamo visto fare a tanti suoi colleghi.

Il 31 gennaio del 2018, a poco più di 16 anni ha vinto a Sharm el-Sheikh il suo primo incontro nel tabellone principale di un torneo professionistico e il 12 febbraio dello stesso anno è entrato nella classifica mondiale ATP, che ha iniziato a scalare molto rapidamente, fino ad arrivare alla quarta posizione.

È stato l’inizio di una storia leggendaria che ha ancora molte pagine da scrivere e che per ora lo ha portato a essere il primo campione Slam italiano dopo 48 anni (prima di lui a riuscirci era stata però Flavia Pennetta, vincitrice degli US Open del 2015), battendo quel Medvedev che nel 2021 nelle ATP Finals di Torino, in una partita senza storia in cui l’italiano era uscito battuto, si era permesso di rivolgergli il gesto dello sbadiglio, a sottolineare il divario tecnico esistente e la conseguente noia nel giocare con lui. Allora Sinner non reagì e c’è chi sostiene che quella di ieri sia stata la sua vendetta, servita fredda come tradizione vuole.

Il suo straordinario talento e la sua natura schiva che per ora lo tiene lontano da serate glamour e luci della ribalta (ha fatto sapere di non avere troppo voglia di andare al Festival di Sanremo) sono le premesse per una lunga e appassionata storia d’amore con l’Italia e gli italiani, che amano radunarsi davanti alla tv e stringersi intorno alle grandi imprese sportive e agli uomini e alle donne che le rendono tali.

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