Diritti

Storia della maestra imprigionata

In Ungheria c’è una maestra italiana, Ilaria Salis, in carcere in condizioni troppo brutte per essere giuste
Tempo di lettura 4 min lettura
20 gennaio 2024 Aggiornato alle 09:00

Questa è la storia di una maestra. Si chiama maestra Ilaria e di cognome fa Salis. È italiana e ha 39 anni. In questo momento non è in classe con i suoi piccoli alunni e le sue piccole alunne a fare la maestra, però. Non scrive alla lavagna, non apre il sussidiario. Adesso è in prigione in Ungheria.

Ilaria Salis è stata arrestata quasi un anno fa. Quando è successo, a Budapest avveniva, come avviene ogni anno, una brutta ricorrenza. Si chiama “Giornata dell’Onore” e celebra la resistenza dei nazisti che difesero a spron battuto la città dall’invasione dell’Armata Rossa.

Da allora, centinaia di persone che continuano a simpatizzare con gli ideali nazisti si ritrovano lì per manifestare. Tra questi ideali, c’è la convinzione che l’umanità sia divisa in razze e che ci siano razze migliori e razze peggiori. Questi ideali hanno portato alla persecuzione e alla morte di tantissime persone durante la Seconda Guerra Mondiale. La maestra Ilaria, che difende invece un mondo migliore dove tutti e tutte sono uguali e liberi, era andata a Budapest per opporsi a questa manifestazione. Come spesso avviene, ci sono stati dei grossi tafferugli. Ilaria Salis è stata accusata di un fatto molto grave, cioè di aver picchiato alcuni nazisti così forte da far rischiare loro la morte.

Per fortuna, invece, non solo questi nazisti non sono morti ma le botte che hanno preso sono sparite dopo una settimana. Loro stessi non hanno denunciato la zuffa. In Italia, per delle ferite lievi, se una persona non va in caserma, la polizia non entra nemmeno in azione. La polizia ungherese, però, ha accusato diverse persone, tra cui Ilaria Salis, delle botte ricevute dai nazisti e di far parte di una banda organizzata tedesca che ha lo scopo proprio di picchiare i nazisti.

La maestra Ilaria si è sempre detta innocente: dice di non aver picchiato i nazisti e di non far parte della banda organizzata. Di entrambe le accuse, infatti, non c’è nessuna prova. La polizia ungherese, però, non ne vuole sapere niente.

Dal suo arresto - giusto o ingiusto, lo dovrà dire il processo che non è ancora cominciato - la maestra Ilaria è rimasta in carcere in condizioni orribili. Per lunghi mesi non ha potuto parlare con nessuno, neanche con la sua mamma e il suo papà e, credimi, anche i grandi hanno bisogno della mamma e del papà. È stata tenuta legata in celle minuscole e zozze, con i topi, gli scarafaggi e le cimici. Non ha potuto lavarsi né cambiarsi, e per tanto tempo non le è stata data la cena.

Non appena i suoi familiari sono riusciti a vederla, smunta e abbattuta, hanno cominciato a scrivere a tutti, a bussare a tutte le porte, cercando di farsi aiutare dai membri del governo a riportarla in Italia - per ora senza grandi risposte.

La famiglia di Ilaria Salis sta insistendo affinché il nostro governo la rimpatri per scontare la sua pena - se dovesse essere condannata ufficialmente - in Italia. Le nostre carceri, infatti, non sono proprio un parco giochi, ma sono molto più sicure e umane di quelle ungheresi. L’Ungheria, infatti, è stata già accusata più volte dalla Commissione Europea e da varie organizzazioni internazionali di violazione dei diritti umani nelle sue prigioni.

Non importa quanto sia cattivo un cattivo che finisce in prigione. È prima di tutto un umano e la prigione, oltre a essere un luogo dove viene punito con la privazione della libertà, dovrebbe essere il punto di partenza per una vita diversa e migliore, lontana dai guai. Com’è possibile, allora, ritrovare la propria umanità se, in carcere, tutti ti trattano come un cane in un canile? I canili fanno tristezza a tutti con i cani dentro, figurarsi con le persone.

L’Italia sta chiedendo all’Ungheria di spiegarsi e di garantire che la vita in prigione della maestra sia umana e decente ma per ora il governo ungherese prende tempo e non risponde. Ilaria Salis rischia la prigione per 16 anni. Il temuto processo è previsto il 29 gennaio.

Ora non ci resta che aspettare quel giorno, sperando che la giustizia ungherese e italiana facciano il loro lavoro, che il nostro governo alzi una volta per tutte la voce in difesa di una sua cittadina e che la maestra Ilaria possa tornare presto alla sua lavagna e al sussidiario, o quantomeno a casa sua. I suoi ideali, quelli giusti dell’antifascismo, resteranno a piede libero, per fortuna.

Leggi anche
Una persona partecipa alla 24ª edizione della Marcia dell'Orgoglio LGBT+ di Brasilia il 9 luglio 2023.
Lgbtq+
di Chiara Manetti 3 min lettura