Economia

Allarme asili nido

I soldi del PNRR ci sarebbero, ma in pochi stanno rispondendo ai bandi. Soprattutto al Sud. Perché, si chiede qui l’economista: mancano le competenze, ci sono troppi costi? O, forse, perché serve un vero cambio culturale?
Azzurra Rinaldi
Azzurra Rinaldi economista
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11 marzo 2022 Aggiornato alle 17:30

Si poteva essere più coraggiosi, sin dal principio.

I target di Barcellona fissati nel 2002 dal Consiglio Europeo prevedevano già una copertura di posti in asili nido pari al 33% dei bambini aventi diritto. In Italia, la media italiana di posti nei servizi educativi su 100 bambini di età inferiore ai 3 anni, nell’anno educativo 2019/2020, è ferma al 26,9%. Il dato non è positivo. E, a volerlo leggere in profondità, presenta enormi squilibri territoriali: se in Valle DAosta la copertura arriva al 43,9% dei bambini aventi diritto, in Campania e Calabria la quota è ancora inferiore all11%.

Vogliamo incrociarli con i dati sull’occupazione femminile? Stando ai dati Eurostat 2020, in tre regioni italiane è particolarmente bassa. Due di loro sono Campania (28,7%) e Calabria (29%). Lo vedete anche voi, vero?

Un altro dato? I dati Eurostat sul PIL delle Regioni ci dimostrano che la ricchezza prodotta nel Mezzogiorno è pari a un quarto di quella prodotta nel Nord del Paese.

Il meccanismo è relativamente intuitivo: non ci sono asili nido, le donne non lavorano perché si prendono cura dei bambini, le famiglie sono più povere, i territori producono meno ricchezza.

Ma per fortuna c’è il PNRR. Che si prefigge come obiettivo il raggiungimento entro il 2026 dell’obiettivo minimo del 33%. Appunto, dal momento che questa è un’occasione unica, si poteva essere più coraggiosi. E fissarsi un obiettivo superiore alla soglia minima.

Ad ogni modo. Nel PNRR sono stati stanziati 5 miliardi di euro con l’obiettivo di costruire nuove scuole, manutenere quelle vecchie e avviare processi di digitalizzazione. Sul totale di questi fondi, 3 miliardi sono stati destinati alla fascia d’età 0-6 anni, dei quali 2,4 miliardi per i bambini da 0 a 2 anni e 600 milioni per quelli da 3 a 5 anni. Per allineare tutte le regioni al parametro fissato dal Consiglio Europeo, il PNRR prevede di aumentare lofferta di 265.000 unità, destinando al Mezzogiorno il 55,29% delle risorse.

Ed ecco la sorpresa: sui 2,4 miliardi disponibili, sono state presentate domande per un importo complessivo pari a 1,2 miliardi. In altri termini, la metà dei fondi non è stata richiesta. Quali sono le regioni che hanno presentato meno domande? Campania, Sicilia e Calabria.

La buona notizia è che, al fine di non rischiare di perdere i finanziamenti europei, il Ministero dell’Istruzione ha esteso la deadline per la presentazione delle domande al 31 marzo.

Rimangono, però, molti interrogativi. Perché le regioni italiane, soprattutto del Mezzogiorno, non hanno risposto al bando? Forse per mancanza di competenze interne (i bandi rischiano di essere molto complessi e richiedono professionalità molto specifiche). Forse per il timore di non riuscire a coprire le spese sul lungo periodo (anche se il governo ha previsto una spesa di 120 milioni di euro per questanno, 175 milioni per il 2023, 230 milioni per il 2024, 300 milioni per il 2025, 450 milioni per il 2026).

O forse perché, se vogliamo che queste iniziative abbiano successo, è necessario (come ripetiamo da tempo) intervenire parallelamente su una sempre più necessaria rivoluzione culturale. Che allarghi la prospettiva e riconosca le connessioni tra la presenza di asili nido, il tasso di occupazione femminile e la produzione di ricchezza e benessere per tutte e per tutti.

Azzurra Rinaldi, economista, è Direttrice della School of Gender Economics all’Università Unitelma Sapienza di Roma.

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