Ambiente

Deep sea mining: la Norvegia approva il piano di esplorazione

La nazione nordica ha deciso, prima nazione al mondo, di procedere con la controversa pratica mineraria per estrarre materiali critici per lo sviluppo tecnologico, nonostante le proteste ambientaliste
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10 gennaio 2024 Aggiornato alle 14:00

Il parlamento norvegese ha votato a favore del deep sea mining nelle proprie acque territoriali vicine al polo artico, dopo un dibattito politico molto controverso e numerose proteste da parte delle organizzazioni ambientaliste. La Norvegia è la prima nazione al mondo a dar il via a questa controversa pratica, che prevede l’avvio di una serie di attività minerarie nei fondali marini per estrarre diversi materiali critici per lo sviluppo tecnologico.

Allo stato attuale non è ancora prevista una precisa timeline, anche se il processo di assegnazione dei giacimenti e delle aree di sfruttamento verrà modellato con le stesse linee guida del settore Oil & Gas norvegese e con ulteriori regole per limitare l’impatto ambientale. «Ora siamo intenzionati a vedere se può essere fatto in maniera sostenibile, e questa è la decisione che abbiamo preso», ha affermato davanti al Parlamento il ministro dell’Energia Terje Aasland.

La proposta a favore delle nuove esplorazioni minerarie è stata per mesi al centro di un intenso dibattito politico fra la maggioranza governativa e i partiti di opposizione, che ha portato alla fine a un sostengo trasversale con 80 voti a favore e 20 contrari. La decisione presa dal Parlamento permetterà di sfruttare un’area marina di 280.000 km quadrati (108.000 miglia), più grande del Regno Unito, che verrà suddivisa in vari lotti da assegnare alle società minerarie incaricate di trovare ed estrarre minerali come il litio, lo scandio o il cobalto, molto importanti per la transizione verso i veicoli elettrici e l’elettrificazione del sistema energetico globale.

Ma la pratica del deep sea mining è al centro di numerose polemiche a livello globale, in quanto andrebbe a intaccare l’ecosistema delle profondità degli oceani, su cui tuttora mancano numerose conoscenze scientifiche.

Secondo alcuni studi scientifici l’avvio delle estrazioni minerarie a oltre 200 metri di profondità potrebbe provocare danni su vasta scala, con inquinamento acustico, inquinamento luminoso, sversamento di carburanti e di altri prodotti chimici, che finirebbero per decimare la fauna locale e alterare le catene alimentari degli oceani.

Il voto favorevole norvegese ha subito scatenato la reazione delle organizzazioni ambientaliste, a partire da Greenpeace, che ha criticato aspramente la classe politica nordica: «È imbarazzante vedere la Norvegia posizionarsi come leader nella protezione degli oceani mentre dà il via libera alla loro distruzione nelle acque artiche. Ma questa cosa non finisce qui. L’ondata di proteste contro l’estrazione mineraria in acque profonde è appena iniziata», ha dichiarato Frode Pleym, responsabile di Greenpeace Norge.

Sull’utilità di queste pratiche minerarie per la transizione green ha espresso parere negativo anche Steve Trent, amministratore delegato e fondatore della Environmental Justice Foundation (Ejf) affermando che la decisione è «un segno nero irrevocabile sulla reputazione della Norvegia come Stato responsabile della tutela degli oceani. Il deep sea mining è la ricerca di minerali di cui non abbiamo bisogno, con danni ambientali che non possiamo permetterci. Sappiamo molto poco delle profondità dell’oceano, ma ne sappiamo abbastanza per essere sicuri che l’attività mineraria spazzerà via una fauna selvatica unica, disturberà il più grande deposito di carbonio del mondo e non farà nulla per accelerare la transizione verso le economie sostenibili. Recenti studi scientifici nelle acque norvegesi dimostrano che ci saranno gravi impatti sulla fauna oceanica se questa attività mineraria andrà avanti».

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di Giacomo Talignani 3 min lettura