Welfare: l’Italia è ancora divisa tra Nord e Sud

Che l’Italia sia sempre più un “Paese per vecchi” non lo mostrano solo i dati sempre più allarmanti sulla natalità, ma anche quelli relativi alla distribuzione della spesa pubblica fotografati dal Welfare Italia index contenuto nel Rapporto 2023 del think tank Welfare, Italia, realizzato dal gruppo Unipol in collaborazione con The European house-Ambrosetti.
Dei 632,4 miliardi di euro, infatti, oltre la metà (50,3%) delle risorse sono assorbite dalla spesa previdenziale. Uno squilibrio enorme, che è destinato a crescere: in un anno, infatti, aumenterà del 7,1%. All’istruzione, al contrario, va solo l’11,3% delle risorse, con un aumento di appena lo 0,6%. Alle politiche sociali va il 16,9%, in calo del 2,9%, e il 21,5% alla sanità, in aumento del 3,8%.
Lo sbilanciamento verso la componente più anziana della popolazione è particolarmente evidente dal confronto europeo: l’Italia è il primo tra i Big-4 europei per incidenza della spesa in previdenza rispetto al Pil (16,9%, rispetto a una media del 12,8% dell’Eurozona). Al contrario, l’Italia è in coda ultima sia in riferimento al valore dell’istruzione (che incide solo per il 4,1% del Pil, rispetto a una media dell’Eurozona pari a 4,7%) che a quello delle politiche sociali (6,3% del Pil italiano, contro una media dell’Eurozona pari a 8,1%).
Il rapporto, però, non registra solo la distanza dell’Italia dal resto d’Europa (ricordando che siamo l’unico Paese ad aver subito una riduzione dei salari reali negli ultimi 30 anni) ma anche tra quella tra Nord e Sud del Paese, che invece di ridursi aumenta, anno dopo anno. Anche, l’edizione 2023, infatti, registra “la costante polarizzazione nella capacità di risposta del sistema di welfare delle Regioni italiane”, differenze che sono “da un lato, espressione di differenze socio-economiche che hanno un carattere profondo e, dall’altro lato, il risultato di una più o meno efficace azione del sistema di welfare nell’affrontarle”. Differenze che sembrano appartenere non a regioni, ma a paesi distinti.
Per analizzarle, Welfare, Italia utilizza uno strumento basato su 22 Kpi (indicatore chiave di prestazione) che valuta sia aspetti legati alla spesa in welfare che gli aspetti legati ai risultati che questa spesa produce, prendendo in considerazione gli ambiti di politiche sociali, sanità, previdenza e formazione, e consentendo di identificare a livello regionale i punti di forza e le aree di criticità in cui è necessario intervenire.
Risalendo la classifica dal basso incontriamo Calabria, Campania, Basilicata, Sicilia, Molise, Puglia, Abruzzo, Sardegna. Partendo dall’alto è il Nord, con la sola eccezione del Lazio, a conquistare tutte le prime 8 posizioni: Provincia autonoma di Bolzano al primo posto, seguita da Trento, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Lazio, Veneto e Lombardia. Tra nona e tredicesima posizione, in mezzo agli estremi come al centro del Paese, a eccezione del Piemonte si classificano tutte le regioni del Centro Italia: Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Marche.

In testa alla classifica c’è la Provincia autonoma di Bolzano, separata da 26,6 punti dalla Calabria, che la chiude al 21° posto con un punteggio di 56,7, su una scala da 0 a 100. Qui, non solo il 32% dei giovani non studiano e non lavorano (la media nazionale è del 19%), gli inattivi sono oltre il 60% e la disoccupazione è al 14,6%, mentre la media nazionale è dell’8,1%, ma si registra una spesa sanitaria pubblica e privata pro capite significativamente più bassa della media italiana, oltre a una spesa media per gli asili nido che è 1/4 della media nazionale, con soli 2.182 euro contro 8.913.
A Bolzano, che conquista la vetta con 83,3 punti, la spesa è di 12.361 euro. Ma il territorio presidia le prime posizioni anche per spesa sanitaria pubblica pro capite, previdenziale sugli over-65, oltre a conquistare le posizioni più alte anche per tasso di disoccupazione (2,3%); minor numero di Neet (10,5% contro il 19% medio); cittadini inattivi (39,8% a 50,8%); part-time involontario femminile (5,7% a 17,1%); partecipazione a forme pensionistiche complementari (62,6 per cento). L’indicatore peggiore riguarda la deprivazione abitativa di chi non ha fissa dimora o vive in condizioni inadeguate. La Provincia è nelle posizioni più basse della classifica, al 19° posto, ma a settembre la Giunta ha stanziato 17,7 milioni di euro che verranno investiti nella costruzione di strutture abitative per persone fragili, con disabilità o vittime di violenza.
Per quanto riguarda le altre Regioni, al secondo posto troviamo la Provincia autonoma di Trento con 81,4 punti, Emilia-Romagna con 76,3, Friuli Venezia Giulia con 75,9, Valle d’Aosta con 75,1, Lazio con 73,4, Veneto con 73, Lombardia con 72,3, Toscana con 71,9, Piemonte con 71,4, Umbria con 70,6, Liguria con 70,3, Marche con 70, Sardegna con 67,5, Abruzzo con 64,6, Puglia con 62,2, Molise, Sicilia e Basilicata con 61,4 circa, Campania con 60,4 e, infine, Calabria.