Futuro

Così il web respinge l’offensiva russa

Mosca ha sottovalutato il ruolo della Rete. E ora, nel conflitto che Putin ha innescato il 24 febbraio, scendono in campo anche i big di Internet: da Facebook, Instagram, Google Maps fino ad Anonymous
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
28 febbraio 2022 Aggiornato alle 18:25

La guerra non si combatte solo per le strade e i cieli ucraini: anche la rete è diventata un terreno di scontro frequentatissimo. E, insieme a Anonymous, sono entrati in campo anche Facebook, Instagram e Google.

Le due piattaforme gestite da Meta hanno bloccato una rete di disinformazione composta da una quarantina tra account, pagine e gruppi che si spacciavano per entità giornalistiche indipendenti e creavano profili e notizie false. «Prendevano di mira delle persone in Ucraina tramite social e siti web, così abbiamo annullato le loro operazioni, bloccato la condivisione dei loro domini su Facebook e Instagram e condiviso le informazioni con altre piattaforme, ricercatori e governi», hanno spiegato sui social Nathaniel Gleicher e David Agranovich, il capo della politica di sicurezza e il direttore dell’interruzione delle minacce di Meta. Erano gestiti sia da Mosca che da Kyiv: dei finti giornalisti affermavano che l’Occidente stava tradendo l’Ucraina, definita ormai uno Stato fallito.

Meta ha spiegato che queste pagine avevano collegamenti a una rete già disabilitata nel 2020, collegata ad account russi o provenienti dalla regione del Donbass e a due organizzazioni di media in Crimea, all’epoca sanzionate dal governo degli Stati Uniti. La piattaforma di Mark Zuckerberg ha anche denunciato che alcuni profili appartenenti a figure pubbliche e militari ucraine sono stati presi di mira: qualcuno, probabilmente del gruppo di hacker chiamato Ghostwriter, ha tentato di pubblicare dei video da Youtube dai loro canali che mostravano la resa degli ucraini, ovviamente falsa. Anche Nick Clegg, il presidente degli affari globali di Meta, ha affermato che la società ha bloccato diversi account in Ucraina, inclusi quelli di alcune organizzazioni di media statali russe.

Netblocks, una Ong che monitora la sicurezza informatica e tiene traccia delle interruzioni del traffico Internet, ha affermato che l’accesso a Twitter e Facebook è stato limitato in tutta la Russia: venerdì 25 febbraio, infatti, l’organismo di controllo delle comunicazioni di Stato russo ha annunciato che stava imponendo restrizioni “parziali” all’accesso a Facebook perché la piattaforma stava censurando i contenuti dei media statali. «Crediamo che disattivare i nostri servizi significherebbe mettere a tacere un’espressione importante in un momento cruciale», ha scritto Clegg su Twitter. Anche un portavoce di Twitter, come riporta l’agenzia britannica Reuters, ha affermato di aver anche sospeso più di una dozzina di account e bloccato la condivisione di diversi collegamenti per aver violato le regole contro la manipolazione della piattaforma e lo spam.

Insomma, la crisi in Ucraina ha visto intensificarsi gli scontri tra Mosca e le principali società tecnologiche. E il Cremlino non aveva considerato i servizi offerti da Google Maps, che da sempre mostra in tempo reale quanto un luogo o una strada siano affollati: il 23 febbraio il professor Jeffrey Lewis, del Middlebury Institute of International Studies della California, ha notato un traffico particolarmente intenso sul confine ucraino, poche ore prima dell’invasione avvenuta all’alba del 24 febbraio. Su Twitter, Lewis ha ipotizzato che il traffico intenso registrato da Google probabilmente non provenisse da soldati russi, ma dai telefoni di civili bloccati ai posti di blocco.

Il Washington Post, in un rapporto, ha mostrato come, una volta iniziato il conflitto, Google Maps abbia anche mostrato chiusure stradali a Kharkiv, la seconda città più grande dell’Ucraina, insieme a servizi di metropolitana sospesi in tutta la città. Su twitter, il security engineer di Google Damian Menscher ha sottolineato che in Ucraina l’uso di Maps è aumentato molto dall’inizio dell’invasione russa. Uno strumento improbabile, utilizzato da civili e soldati ucraini, e da chi tiene sott’occhio la situazione da lontano, che rende la guerra ancora più vicina di quanto già non sia.

Gli scontri si sono intensificati anche tra Mosca e il più grande gruppo di hacker al mondo, Anonymous. Da ore “Tango down”, obiettivo centrato, è l’hashtag che sta spopolando su Twitter grazie alla campagna con il collettivo ha rimosso e reso irraggiungibili più di 300 siti web di governi, media statali e banche russi nelle ultime 48 ore. Ma non solo.

Circa sei ore fa i bersagli degli “hacktivisti” del movimento decentralizzato che agisce in modo coordinato per raggiungere un obiettivo comune, sono stati i siti web bancari in Bielorussia – dove, nella giornata di ieri, si è tenuto il referendum costituzionale che ha rafforzato la capacità decisionale del presidente Aleksandr Lukashenko e che oggi è teatro dell’incontro tra le delegazioni russa e ucraina per imbastire un primo dialogo tra le parti, vicino al fiume Pripyat -. Sotto tiro anche il sito del ministero delle Comunicazioni e dell’Informatizzazione bielorusso, dell’Autorità Statale per l’industria militare e del ministero della Difesa. Tutto offline.

L’aveva anticipato un video messaggio diffuso via Twitter domenica 27 febbraio, in cui un hacker si rivolgeva direttamente a Putin minacciando di rivelare i suoi segreti e avvertendolo che «la resistenza arriverà da noi». Dal gruppo noto per indossare una maschera di Guy Fawkes – il membro più noto della congiura delle polveri, che tentò di far esplodere la Camera dei Lord di Londra nel 1605, è stato illustrato da David Lloyd nel 1982 e poi ripreso nel film del 2006 “V per Vendetta”, diventando poi il simbolo dell’organizzazione -. Da lì in avanti, i siti in down si sono moltiplicati.

Una pagina riunisce tutti i domini russi attaccati dagli hacker: il sito del governo, della Duma, del primo ministro della Federazione, del ministero dell’energia. La lista continua e alcuni di questi sono tuttora offline. Sabato 26 febbraio anche lo yacht di lusso da 97 milioni di dollari di nome “Graceful”, di proprietà di Vladimir Putin, è stato sabotato: qualcuno è riuscito a modificare i dati sul traffico marittimo e ha cambiato la sua destinazione in “hell”, inferno. Quello che per molti ucraini è una tragica realtà.

Anche Elon Musk è venuto in soccorso dell’Ucraina. I servizi dei satelliti Starlink, dopo la richiesta esplicita del vicepresidente ucraino Mykhailo Fedorov, sono finalmente disponibili in Ucraina. È servito un tweet rivolto direttamente a Elonk Musk, proprietario di Space X, dopo varie richieste da parte delle massime autorità militari e politiche di Kyiv rimaste inascoltate. «Mentre tu cerchi di colonizzare Marte, la Russia cerca di occupare l’Ucraina! Mentre i vostri razzi atterrano con successo dallo spazio, i razzi russi attaccano il popolo civile ucraino!». Un tono che non è passato inosservato agli utenti di Twitter, e neanche al miliardario di Tesla.

Ma che significato ha per l’Ucraina? Bisogna sottolineare che, dopo l’invasione russa, nel Paese giallo-blu le comunicazioni avevano riscontrato vari problemi, e la dimostrazione di quanto il web sia importante in un conflitto si trova nelle righe qui sopra. Starlink, indipendentemente dalle connessioni terrestri, gestisce una costellazione di oltre 2mila satelliti che garantiscono l’accesso a Internet a livello globale. Ora gli ucraini non avranno più problemi di rete. Ed è curioso come sia bastato così poco per riaccenderla.

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