Musée d’Orsay: l’AI riproduce la voce di Van Gogh

Immergersi nell’arte e liberare le emozioni. È con questa grande ambizione che oggi, martedì 3 ottobre, il Musée d’Orsay di Parigi alza il sipario all’innovazione, con una mostra mai vista prima: gli ultimi anni del maestro Vincent Van Gogh, non solo su tela.
Ogni visitatore avrà il piacere di dialogare con lui o meglio, con il suo gemello riprodotto dall’intelligenza artificiale, un’idea che rende l’esposizione Van Gogh à Auvers-sur-Oise, le derniers mois assolutamente unica.
All’entrata verrà consegnata una cuffia per poter viaggiare attraverso le sue ultime opere prima della morte. Sarà possibile parlargli, vedere i colori così come li vedeva lui e assaporare in tutto e per tutto il suo significato di arte. «Si tratta di una decisione molto poetica e anche culturale perché tutto ciò che viene raccontato è storicamente documentato – spiega Wouter Van Der Veen, studioso di Van Gogh e collaboratore nella ricerca delle informazioni – La storia si basa su dati scientificamente validi che io stesso ho avuto l’onore di poter fornire al museo».
La mostra è un vero sentiero fra le opere realizzate nel comune francese di Auvers-sur-Oise e include un’esperienza di realtà virtuale basata sull’ultima tavolozza di opere, prodotta in quella che è stata anche la sua ultima frenesia creativa: 74 dipinti e 33 disegni in 2 mesi, tra cui la chiesa di Auvers-sur-Oise, i ritratti di Gachet e della figlia, fino alla sua ultima tela Les Racines completata appena prima 36 ore del suo ultimo respiro.
«Ci sarà una sorprendente varietà di colori - dichiara al Guardian il curatore della mostra, Emmanuel Coquery - Si tratta di un lavoro che ha molto peso in quanto racconta la fine della vita di Vincent Van Gogh, una morte su cui aleggia ancora oggi tanta curiosità. Noi con questo percorso non vogliamo dare una spiegazione al suicidio dell’artista, ma sfatare il mito del pittore maledetto. Ciò che rimane di lui è straordinario, come lo è la potenza delle sue ultime opere».
Per questo motivo chi prova a porre una domanda sul gesto di tagliarsi l’orecchio o sulla sua morte riceve risposta assolutamente inaspettata: «Si tratta di un malinteso, siete malinformati: mi sono tagliato una parte di lobo, non tutto l’orecchio»; o ancora: «La reale motivazione della mia morte rimane un mistero anche per me, anche se continua a essere oggetto di speculazione tra storici e specialisti».
La mostra segna così un grande cambiamento nel mondo dell’arte, che già da anni mira a trasformare lo spettatore da passivo ad attivo. Esistono infatti molte esposizioni che si basano su giochi di luce e su realtà virtuali. Ma quello che sta per compiere il Musée d’Orsay (permettere di dialogare con uno dei più grandi e criticati artisti) è un passo che inevitabilmente diventerà uno spartiacque fra un’era che pre 3 ottobre 2023 e post.