Uk: il premier Sunak frena sulle politiche climatiche

L’ultima polemica nasce da un’indiscrezione della Bbc, confermata poco dopo.
Il premier del Regno Unito Rishi Sunak vuole posticipare al 2035 la messa al bando delle auto inquinanti e delle caldaie a gas, mostrando in sostanza l’intenzione di smorzare il ritmo delle tappe che porterebbero verso il traguardo delle emissioni zero da qui al 2050.
La fine della produzione e della vendita dei veicoli a benzina e diesel originariamente era fissata al 2030: così era stato deciso durante il mandato di Boris Johnson, con la spinta della Cop26 sul clima tenuta a Glasgow nel 2021, ma ora il Primo Ministro annuncia lo spostamento della scadenza di 5 anni, al 2035, allineandosi dunque con la data europea.
Il rinvio inoltre includerebbe lo stop alle caldaie a gas, inizialmente previsto per il 2026.
Sunak aveva replicato all’anticipazione dell’autorevole testata ammettendo la volontà di modificare la strategia climatica del Paese, per intervenire - in teoria - a favore dei cittadini e delle aziende.
Il premier quindi ha detto che l’obiettivo delle zero emissioni di CO2 verrà rispettato ma in maniera graduale, più “pragmatica, proporzionata, realistica e adatta” e meno “ideologica”.
La sua posizione, certificata infine con l’atteso discorso sulla revisione degli impegni sul clima, è stata immediatamente attaccata dai laburisti all’opposizione ma anche dai politici conservatori più green della sua stessa maggioranza Tory. Tra loro c’è Alok Sharma, l’ex ministro del governo Jonhson che aveva presieduto la Cop26.
Si è registrata persino la contrarietà di alcune case produttrici britanniche di automobili, spiazzate dai continui cambi di indirizzo nelle politiche verdi e dalle relative conseguenze industriali.
Per esempio la presidente di Ford Uk Lisa Brankin ha espressamente chiesto al governo di ripensarci, lasciando intatta la scadenza del 2030, e di perseguire valori come ambizione, impegno e coerenza.
Nella discussione è entrato in tackle Boris Johnson in persona, esortando Sunak a dare maggiori certezze alle imprese del Regno Unito intente a investire nelle energie rinnovabili.
«Il Regno Unito rispetterà i nostri accordi internazionali, comprese le promesse cruciali di Parigi e Glasgow di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi», ha affermato il premier ribadendo che il Paese è impegnato al 100% sugli obiettivo relativi al clima. Dice poi di aspettarsi che «la stragrande maggioranza dei veicoli» sarà comunque elettrica entro il 2030 ma che il suo governo non può imporre decisioni di questo tipo ai britannici.
Queste sue parole suonano un po’ vuote, come una difesa troppo astratta, come un’excusatio non petita.
Sunak aggiunge che non può chiedere ai cittadini tanti cambiamenti senza prima «un dibattito nazionale» in cui vengano adeguatamente informati. Ma di queste questioni si parla ormai da anni, non solo a Londra, non solo nel Regno Unito.
Sugli ultimi annunci probabilmente pesano i sondaggi in vista delle prossime elezioni politiche, in programma tra più di un anno, salvo sorprese. Quasi nove britannici su dieci vogliono nuovi leader a Downing Street. È deluso pure il 65% degli elettori conservatori.
Intanto, come se non bastasse, continua a far discutere il via libera del Primo Ministro a 100 nuove licenze di esplorazione e sfruttamento per i giacimenti di gas e petrolio nel Mare del Nord.
