La città di Birmingham annuncia bancarotta

Non basta essere la seconda città per popolazione del Regno Unito, con oltre 1 milione di abitanti di cui quasi la metà under 25, hub tecnologici e un efficiente agglomerato di università capaci di attirare sia imprese che turisti (specialmente fan della serie Peaky Blinders).
Lo tsunami finanziario che ha colpito Birmingham non può essere affrontato con le risorse interne del Comune, che pochi giorni fa ha deciso di avviare la procedura di bancarotta ammettendo di non essere in grado di pareggiare i conti pubblici del 2023.
Tutto ha inizio nel 2012, quando l’amministrazione locale viene trascinata in tribunale da una class action composta di 174 dipendenti donne del Comune -tra cui addette alla pulizia, cuoche, impiegate e insegnanti- che denunciano di aver subito una discriminazione salariale per aver ricevuto stipendi e bonus decisamente più bassi rispetto agli importi elargiti ai colleghi maschi.
È così che la Corte Suprema condanna il Comune a una compensazione economica monstre di 1,1 miliardi di sterline, a cui l’amministrazione cerca di fare fronte vendendo diversi beni pubblici (tra cui il centro fieristico nazionale).
Ma il colpo di grazia è stato inferto di recente, dato che gli ultimi risvolti della causa giudiziaria hanno portato a un ulteriore risarcimento che gravita fra i 650 e i 760 milioni di sterline da riconoscere a migliaia di dipendenti donne discriminate negli anni.
A pesare sulla situazione debitoria si aggiungono poi investimenti poco efficienti intrapresi dal Comune negli ultimi tempi, come l’introduzione di un nuovo sistema informatico per velocizzare i pagamenti ed evitare nuove discriminazioni salariali. Un software che dopo ben 3 anni non sembra ancora funzionare a pieno regime, facendo balzare i costi del progetto dai 20 milioni iniziali fino a circa 100 milioni di sterline per implementare e correggere il processo di migrazione dei dati dal sistema attuale al cloud.
L’ammontare di debito piombato sulle spalle di una città già da tempo in sofferenza finanziaria- soprattutto dopo gli ultimi rialzi dei tassi d’interesse da parte della Bank of England di 25 punti base - ha costretto il Comune a invocare la Section 114, ovvero un meccanismo d’emergenza che attiva il divieto di procedere a qualsiasi nuovo impegno di spesa, la temporanea cessazione di tutti i servizi pubblici non essenziali e l’obbligo di allestire un piano finanziario d’emergenza entro i prossimi 21 giorni.
Dal problema economico si passa al piano politico, in quanto il Governo conservatore guidato da Rishi Sunak non avrebbe intenzione di elargire aiuti economici alla second city e punta il dito contro la malagestione da parte dell’amministrazione comunale laburista, che ha perso «il controllo del denaro dei contribuenti mandando all’aria le loro finanze», concludendo con una frecciata squisitamente politica in vista delle prossime elezioni: «hanno mandato in bancarotta Birmingham, non possiamo lasciare che mandino in bancarotta la Gran Bretagna».
Dal canto loro, il leader e la vice-leader del Consiglio, John Cotton e Sharon Thompson cercano di difendere il loro operato sottolineando il rigore di bilancio imposto negli ultimi mesi «dinanzi a una tempesta perfetta» dovuta all’incremento delle spese pubbliche e alla riduzione delle entrate da parte del business locale, insieme alla morsa dell’inflazione che colpisce anche a livello nazionale e alla contrazione dei finanziamenti governativi versati gli enti locali, diminuiti del 40% dopo l’ascesa al potere dei conservatori.
Finché non ci saranno aperture dal numero 10 di Downing Street, la bancarotta di fatto in cui sta annegando Birmingham potrà essere affrontata esclusivamente attraverso tagli alla sanità, infrastrutture stradali, scuola, assistenza locale e trasporti insieme a contestuali aumenti delle tasse locali, con ripercussioni negative per l’intera collettività.

