Diritti

La guerra che i media russi (non) possono raccontare

A 24 ore dall’invasione in Ucraina, anche la stampa di Mosca sembra seguire gli ordini di Vladimir Putin. Ma c’è chi, invece, con coraggio denuncia
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25 febbraio 2022 Aggiornato alle 09:03

Ci sono due facce della stessa medaglia per raccontare il primo giorno di invasione russa in Ucraina, almeno sui media russi. Per farlo, può aiutare spostare le lancette alle 13:16 di ieri, 24 febbraio, quando il Roskomnadzor, l’organo della Federazione Russa che controlla i mezzi di comunicazione, pubblica una nota che recita più o meno così: “Roskomnadzor informa i media che quando preparano i loro materiali e pubblicazioni in merito a quanto sta accadendo relativamente alla situazione nelle Repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk, sono obbligati a utilizzare le informazioni e i dati da loro ricevuti solo da fonti ufficiali russe perché [le uniche] affidabili e aggiornate”.

Per chi trasgredisce, una sanzione amministrativa fino a 5 milioni di rubli (circa 50.000 euro dopo il crollo della moneta) e l’immediata rimozione dei contenuti da parte di Roskomnadzor.

Non è un caso che sul sito dell’agenzia di stampa russa Tass per quasi un giorno la parola “guerra” sia stata sostituita con “operazione militare in Ucraina”, che non ci sia traccia delle immagini di San Pietroburgo e Mosca dove migliaia di persone ha manifestato contro Putin e contro la guerra – il bilancio degli arrestati è di oltre 1.700. E neanche dei 137 morti ucraini che hanno perso la vita ieri. Piuttosto, invece, si parla dei successi russi del primo giorno di invasione: in prima pagina, si legge che 74 strutture militari ucraine sono state “paralizzate” dagli attacchi della Russia, seguito dai numeri delle conquiste russe, 11 aeroporti appartenenti all’Air Force, 3 punti di comando, 1 base della Marina ucraina e 18 stazioni radar di sistemi missilistici S-300 e Buk-M1.

Non cambia il messaggio sul Pervyj Kanal, la principale emittente televisiva russa pubblica, dove quasi senza sosta, in formato talk show, si commenta la decisione di Vladimir Putin. «Bisogna essere realisti», dice uno degli analisti politici in studio «i territori di Lugansk e Donetsk dovevano essere liberati». Mentre un altro aggiunge, «questa è una guerra politica». Fino al quotidiano Kommersant che scrive “L’Ucraina ha iniziato a restringersi” parlando di una controffensiva delle forze armate delle Repubbliche separatiste grazie al supporto delle forze armate russe. Eppure, oltre 170 giornalisti russi, inclusi alcuni nomi della Tass e della televisione propagandista Russia Today, hanno firmato una lettera aperta per chiedere la fine della guerra.

Nelle due facce della stessa medaglia, però, c’è spazio per il post commovente del media russo Takiye Dela, intitolato La guerra che abbiamo perso. Con una immagine nera, la redazione si scusa con i propri lettori e gli chiede di prendersi cura dei loro cari: “Parlate ai bambini di come la guerra sia una catastrofe, un male, un errore. Prendetevi cura di chi ha problemi di salute in questo momento. Fate scorta di medicinali in anticipo, soprattutto quelli prodotti all’estero. Facciamo appello a chi ora si trova nelle città dove si sentono esplosioni e spari: perdonateci. Ci dispiace che non abbiamo fermato il disastro prima, molti anni prima di questo giorno. Oggi è il primo giorno di una guerra che abbiamo perso perché è iniziata”.

Il messaggio del sito di informazione indipendente Meduza non usa mezzi termini e va dritto al punto: “Non sappiamo se le autorità russe bloccheranno i media indipendenti a causa della guerra. Ti consigliamo di scaricare la nostra app, adesso”.

La condanna unanime della redazione di Novaya Gazeta viene affidata alle parole del giornalista Andrey Muratov, premio Nobel per la pace: «Siamo nel dolore. Pubblicheremo il giornale in due lingue perché non abbiamo mai visto l’Ucraina come un nemico, e la lingua ucraina è [considerata] quella del nemico».

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