Ambiente

Per la crisi climatica serve cooperazione, non un conflitto globale

Il 28 febbraio, il Panel intergovernativo pubblicherà l’atteso rapporto sugli impatti del climate change e su come affrontarli. Dargli priorità, anche in questo drammatico momento, significa ascoltare la scienza. E prevenire emergenze future
Changing by the artist Alisa Singer
Changing by the artist Alisa Singer
Tempo di lettura 4 min lettura
25 febbraio 2022 Aggiornato alle 08:00

La guerra, tornata prepotentemente alle porte dell’Europa, ha iniziato a mietere le sue vittime per un’assurda questione territoriale, in un mondo che avrebbe dovuto da tempo superare la più perversa forma di potere, quella dello stato-nazione.

Ancora ostaggi delle narrative identitarie di “popolo”, “nazione”, “gruppo etno-linguistico”, con le sue liturgie politiche – il più grande ostacolo al progresso della civiltà – questo ennesimo conflitto ci allontana ancora una volta dall’affrontare i veri problemi che mettono a rischio la stabilità e sicurezza dell’intera umanità.

Nei prossimi giorni ci angustieremo sull’inquietante escalation tra Russia, Ucraina e Nato. Il pensiero di un conflitto di largo respiro tra potenze nucleari lascia senza respiro, soprattutto coloro che non hanno mai vissuto l’epoca della Guerra Fredda, sotto la gelida egida dell’apocalisse atomica. La sfera mediatica sarà interamente invasa dalle immagini dello scontro osceno. Non si parlerà di altro. Eppure il rumore totalizzante della guerra non deve distrarci da una notizia importantissima.

Lunedì 28 febbraio l’IPCC, il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici, pubblicherà l’atteso rapporto sugli impatti dei climate change e su come affrontarli. Il documento costituisce la seconda parte dell’analisi su effetti, conseguenze e soluzioni legati all’alterazione degli equilibri terrestri.

Realizzato dal Working Group II, un entourage di 270 scienziati provenienti da 67 Paesi, questo report fornirà un dettagliato elenco delle casualità della devastazione climatica sulla natura, ma soprattutto sulle persone. Cosa dobbiamo aspettarci dai vari scenari della scienza? Quante vite dovremo sacrificare per la nostra inabilità a fare la pace con il Pianeta? Quanti danni ci toccherà sostenere? Quali conseguenze sulla già precaria stabilità politica dovremo sorbire?

Fortunatamente il report non sarà foriero solo di cupe notizie. Lo scopo del lavoro è fornire speranza e soluzioni concrete per ridurre morti, perdite economiche e altri danni. Soluzioni basate sulla natura e sull’ingegno umano per contenere i danni di un clima destinato inevitabilmente a cambiare.

«La necessità del rapporto del gruppo di lavoro II non è mai stata così grande perché la posta in gioco non è mai stata così alta», ha dichiarato il presidente dell’IPCC Hoesung Lee durante l’apertura dei lavori del sommario del report che sarà presentato ai responsabili politici. Soluzioni però basate sulla cooperazione di tutte le nazioni ONU, che invece tornano a dividersi lungo linee politiche e ideologiche.

A causa del rumore dei cannoni il report finirà nelle ultime pagine dei media, che già in passato non hanno saputo dare il giusto rilievo a questi importantissimi documenti. Verrà seppellito dai commenti dei (tanti) falchi e delle (poche) colombe che inonderanno etere e web nei prossimi giorni.

Certo i problemi immediati ed estremi hanno sempre la priorità. Ma dare priorità al lavoro del Working Group II dell’IPCC, anche solo per un giorno, rispetto alla follia della guerra significa mettere davvero in prospettiva le priorità umane. Significa dimostrare di essere pronti a uno scatto laterale del proprio punto di vista, sconfiggendo così dinamiche insite in una psicologia di massa nazionalista, cresciuta a violenza e testosterone dai tempi dell’Accordo di Wesftalia.

Significa estirpare non solo il discorso dispotico della guerra tra Russia e Ucraina, ma il concetto stesso di guerra, e abbracciare quello di cooperazione globale, fondamentale per affrontare la sfida della crisi climatica e della biodiversità. Le divisioni non ci permetteranno mai né di mitigare gli impatti ambientali antropici, né di adattarci al cambiamento climatico, condannandoci a inevitabili guerre per l’acqua o per la terra.

Lunedì ascoltiamo la scienza e diamo spazio a quello che ha da dire. Anche solo per un momento. Ci aiuterà a lavorare ancora meglio per garantire una nuova pace globale e duratura.

Leggi anche