Economia

La dura vita dei “gasisti”

Socializzare le pratiche del comprare, prediligendo i produttori attenti alla sostenibilità. È la missione dei Gruppi di Acquisto Solidale, una forma di condivisione made in Italy dagli anni ‘90. Che oggi perde iscritti sotto il peso della pandemia
Credit: Milada Vigerova
Tempo di lettura 4 min lettura
24 febbraio 2022 Aggiornato alle 08:00

Di sostenibilità ormai si parla ad nauseam. Come d’incanto, è difficile trovare aziende che non affermino di seguirne i principi e numerose iniziative paiono volte a promuovere la tematica in tutte le sue forme. A partire dai 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile, approvati dalla Nazioni Unite nel 2015, assistiamo a una corsa alla sostenibilità, ulteriormente promossa da milioni di giovani del movimento Fridays for Future di cui Greta Thunberg è la rappresentante più nota.

In questo crescendo impetuoso di soggetti “sostenibili”, talvolta piuttosto dubbi, è importante ricordare che in Italia già a partire dagli anni ‘90 diversi soggetti – più o meno organizzati – hanno fatto della sostenibilità (e della solidarietà) una pratica quotidiana.

Sono i Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) che socializzano le pratiche di acquisto – perlopiù, ma non esclusivamente, nel settore alimentare – prediligendo produttori locali, biologici e particolarmente attenti all’impatto sociale del proprio lavoro.

La solidarietà del Gruppi di acquisto si orienta in varie direzioni: verso l’ambiente, verso i membri del gruppo e verso i fornitori. Verso l’ambiente perché la scelta biologica, come è noto, garantisce un impatto minore in termini di inquinamento complessivo; verso i membri perché l’acquisto collettivo passa attraverso persone (le ‘gasiste’ e i ‘gasisti’) che prestano, a titolo gratuito, la propria attività di ‘responsabili di acquisti’; verso i fornitori perché, attraverso l’instaurazione di rapporti di fiducia e condivisione di valori che non sono solo di natura commerciale, l’acquisto diventa solo l’ultimo tassello di una relazione che è prima di tutto basata su di una visione alternativa dell’economia e del commercio.

Il primo GAS fu fondato a Fidenza nel 1994; oggi si ipotizza che siano circa 2.000 i Gruppi di Acquisto Solidale che nel corso del tempo hanno contribuito alla realizzazione di altre esperienze di economia (eco)solidale. Tuttavia, dopo una crescita impetuosa, anche i GAS hanno segnato una battuta di arresto.

Secondo un recente sondaggio condotto da SWG per conto dell’Osservatorio Internazionale per la Coesione e l’Inclusione Sociale (OCIS), nel corso dell’ultimo anno le persone che hanno effettuato almeno un acquisto attraverso i GAS ammontano a circa 4 milioni, mentre nel 2020 erano circa 6 milioni.

Pur essendo numeri che debbono essere presi con cautela, registrano un declino di queste forme innovative di solidarietà e sostenibilità. Per certi versi, i GAS sono vittime del loro successo: al contrario di oggi, 20. 30 anni fa nessuna realtà commerciale parlava in modo sistematico di solidarietà, di produzione di prossimità, di economia circolare.

La nascita e il consolidamento della piccola distribuzione organizzata da un lato e la proliferazione di mercati a km zero dall’altro hanno reso maggiormente disponibili i prodotti gasisti e ciò può aver determinato un riorientamento nelle pratiche di acquisto da parte di chi un tempo si rivolgeva ai Gruppi. Inoltre, la vita gasista (che non è fatta solo di acquisto ma, più in generale, di partecipazione sociale) può anche essersi fatta molto più difficile in tempi di pandemia.

Tuttavia, come ricordava uno dei fondatori del movimento gasista italiano (Mauro Serventi) in un’intervista del 2014 rilasciata al mensile Vita, «è giunta l’ora di una nuova consapevolezza, ovvero non pensare più solo alla propria carota, al proprio pane ma compiere passi più ampi verso la salvaguardia del Pianeta e l’inserimento dell’economia solidale nella società in cui viviamo».

Nel gennaio del 2020 è stata creata la Rete Italiana di Economia Solidale (RIES) e forse ora, mentre si intravede un po’ di luce al termine del tunnel pandemico, è possibile che i GAS diventino la stella polare di un nuovo firmamento fatto di botteghe e pratiche solidali. Per farlo, è necessario prestare ascolto ancora una volta alle parole di Serventi: «Tante prassi diverse, tutte virtuose, hanno bisogno di una sintesi unitaria, per lasciare il segno nella società». Un obiettivo molto chiaro che richiede lo sforzo di tutte le realtà dell’economia ecosolidale, dai singoli GAS alla RIES.

Paolo Graziano è Professore presso l’Università di Padova e Research Associate presso l’Osservatorio Sociale Europeo (OSE) di Bruxelles. Insegna Scienza Politica, Politica Comparata e Analisi delle Politiche Pubbliche.

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