Diritti

I Commonwealth Games dicono sì agli atleti “attivisti”

Ai prossimi giochi estivi di Birmingham, i vincitori potranno manifestare sul podio il proprio sostegno al movimento Black Lives Matter e alla comunità LGBT+. Intanto, negli Usa le calciatrici raggiungono la parità salariale
Valeria Pantani
Valeria Pantani giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
24 febbraio 2022 Aggiornato alle 13:15

Dal 1930, ogni 4 anni vengono organizzati i Commonwealth Games, una manifestazione sportiva che riunisce i migliori atleti delle nazioni del Commonwealth. Tra le discipline troviamo quelle più classiche, come l’atletica, il nuoto, il pugilato, ma anche alcune più di nicchia, come il netball (simile al basket) e il lawn bowls (bocce). Quest’anno i giochi si terranno a Birmingham dal 28 luglio all’8 agosto. Numero di partecipanti previsti: più di 4.000.

In occasione di questa 22esima edizione, la Commonwealth Games Federation (CGF) ha deciso di fare un passo in avanti verso i diritti umani. Sul podio di Birmingham sarà possibile mostrare il proprio sostegno al movimento Black Lives Matter e alla comunità LGBT+.

Come ha appreso e riportato il Guardian, agli atleti sul podio sarà permesso alzare un pugno a favore dell’uguaglianza razziale e indossare accessori che richiamino le due cause. Inoltre, durante i giri di vittoria potranno essere sventolate le bandiere aborigene e quelle a sostegno della comunità LGBT+, nonostante in alcuni Paesi partecipanti l’omosessualità rappresenti ancora un crimine.

Il 22 febbraio la CGF ha rilasciato gli Athlete Advocacy Guiding Principles una serie di principi da seguire per amplificare le voci degli atleti nel corso dei giochi. «È convinzione della CGF che il sostegno e l’attivismo degli atleti rendano umano lo sport, piuttosto che politico», ha dichiarato la presidente della federazione Louise Martin.

«Ambasciatori del rispetto, dell’imparzialità e della non discriminazione». Così la CGF descrive i suoi atleti nel primo principio della sua guida: «Leader ispiratori» e «difensori dell’integrità». La Federazione dei Giochi «comprende che gli atleti possano voler esprimere i propri valori in modo positivo, in linea con i principi CGF di umanità, uguaglianza e destino», recita il secondo punto.

Come ha notato il Guardian, alcuni potrebbero non apprezzare l’iniziativa (una sorta di svolta umanitaria della CGF) e potrebbero addirittura soprannominarla Common-woke Games (letteralmente “Giochi del risveglio comune”).

Già una volta il tema dei diritti LGBT+ era stato messo in rilievo durante i giochi. Nell’edizione del 2018, infatti, il tuffatore britannico Tom Daley aveva twittato: «Spero che un giorno ogni atleta di ogni nazione del Commonwealth possa essere libero di competere apertamente per come è».

Sempre nel 2018, il Ceo della CGF David Grevemberg aveva classificato i Giochi del Commonwealth di Glasgow 2014 e di Gold Coast 2018 «i più inclusivi eventi nella storia del nostro movimento». Senza dubbio quelli di Birmingham lo saranno ancora di più e chissà, magari passeranno alla storia.

Un altro traguardo nel mondo dello sport sul fronte uguaglianza è stato tagliato dagli Stati Uniti. La squadra di calcio femminile del Paese ha infatti vinto una battaglia legale (durata 6 anni) riguardo la parità salariale di genere. L’accordo prevede che le giocatrici dividano tra loro 22 milioni di dollari e che la Nazionale di calcio istituisca un fondo di 2 milioni di dollari per il futuro post-calcistico delle giocatrici e per le iniziative di beneficenza a sostegno dello sport femminile.

«L’accordo è un passo importante per correggere i molti torti del passato» ha dichiarato il sindacato della squadra femminile. Inoltre, la Nazionale di calcio si impegnerà a eliminare il gender gap salariale tra le squadre maschili e femminili, garantendo la parità di retribuzione. «Questa è una grande vittoria per tutte le donne», ha dichiarato Megan Rapinoe, una delle calciatrici che negli anni si è battuta per la causa.

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