La delega fiscale è legge: ecco cosa potrebbe cambiare

Con i 184 voti a favore e 97 contrari la Camera ha approvato il disegno di legge delega per la riforma fiscale. La premier Giorgia Meloni lo ha salutato con soddisfazione, vedendolo come il primo tassello di «una riforma strutturale e organica, che incarna una chiara visione di sviluppo e crescita e che l’Italia aspettava da cinquant’anni».
L’obiettivo dell’esecutivo, che tra non molto festeggerà il suo primo anno di governo, è infatti quello di ridurre la pressione fiscale delle tasse sul lavoro per le famiglie e le imprese e di semplificare l’intero sistema di tassazione italiano.
Un obiettivo che passa anche attraverso una modifica delle aliquote Irpef - la più evasa in Italia per il 68,3% da autonomi e imprese stando ai dati del 2019 - e che è in linea con l’ambizioso obiettivo di raggiungere la flat tax «ma senza abbandonare la logica della progressività», ha spiegato l’estensore della riforma nonché viceministro dell’Economia, Maurizio Leo.
A livello strategico la riforma si articola su tre livelli principali: la prima fase delinea gli obiettivi fondamentali, fra i quali spicca quello dell’unica aliquota impositiva per tutti (flat tax universale), alla quale si dovrebbe giungere grazie ai principi guida fissati dalla seconda fase, per poi arrivare al terzo livello dedicato agli interventi specifici su diverse tipologie di reddito (agrari, lavoro dipendente, autonomo, finanziari ecc.).
Dall’anno prossimo l’imposta sui redditi delle persone fisiche continuerà a essere progressiva e con aliquote (cioè le percentuali di imposta che grava sulla base imponibile del cittadino) che variano insieme al reddito. Più una persona è ricca maggiore sarà il contributo che sarà obbligato a dare alle casse dello stato, ma già nella scorsa legislatura il governo Draghi aveva ridotto le aliquote da cinque a quattro (23%,25%,35% e 43%). Sullo stesso tracciato vorrebbe proseguire l’esecutivo di destra guidato da Giorgia Meloni, che avrebbe intenzione di scendere a tre scaglioni di reddito.
Questo è il vero cuore pulsante della riforma, che per calarsi nella pratica necessita dei decreti attuativi che arriveranno probabilmente entro l’anno anche se «alcuni interventi potranno vedere la luce nella legge di Bilancio» secondo il relatore della riforma Alberto Gusmeroli della Lega.
Tra le opzioni più plausibili c’è un ampliamento del primo scaglione, che attualmente include tutti i redditi fino a 15.000 euro annui e che potrebbe essere innalzato a 25.000, garantendo un aumento annuo in busta paga per i lavoratori pari a 200 euro. Un’altra ipotesi messa a punto dalla Ragioneria di Stato vede l’accorpamento del secondo e terzo scaglione di reddito in un’unica fascia che comprenda i redditi tra i 15.000 e i 50.000 euro a una aliquota del 27%.
È prevista inoltre l’unificazione della no tax area di lavoratori dipendenti e pensionati - cioè quella soglia di reddito entro cui l’imposta dovuta è pari a zero - a 8.500 euro, mentre che fino a oggi è rispettivamente pari a 8.174 euro e 8.500 euro.
In particolar modo i lavoratori potrebbero beneficiare di una minore tassazione sulla tredicesima - una mensilità retributiva aggiuntiva erogata a dicembre entro il giorno di Natale - attraverso una specifica tassa unica in sostituzione dell’Irpef, ma anche una detassazione per i premi di produzione garantiti dalle aziende (dal 10 al 5%) e le ore di lavoro straordinarie prestate in più rispetto a quelle pattuite nei contratti collettivi nazionali.
Anche le imprese potrebbero godere di alcuni tagli dell’Ires, l’imposta sul reddito delle società attualmente pari al 24% e che potrebbe calare al 15% nel solo caso in cui il denaro risparmiato venga impiegato in tutto o in parte in investimenti, nuove assunzioni o permettendo ai dipendenti di partecipare agli utili societari. A tal proposito si collega la specifica richiesta del Parlamento di facilitare l’inserimento dei giovani di età inferiore ai 30 anni nel mondo del lavoro, attraverso nuovi incentivi per le imprese sotto forma di superammortamento per ogni nuova assunzione.
Passando dai produttori ai consumatori non trova ancora spazio il completo superamento del superbollo, imposta da pagare sulle auto di lusso con una potenza superiore ai 185 Kw .
Il governo avrebbe invece intenzione di azzerare l’Iva sui beni di prima necessità come pasta, pane e latte, dopo la riduzione del 5% sui prodotti per l’infanzia e l’igiene intima femminile già prevista dalla legge di bilancio 2023.
L’imposta sul valore aggiunto, applicata con una aliquota al 22% su tutti i beni e servizi scambiati in Italia nonché fra le principali entrate tributarie del bilancio statale, potrebbe subire quindi una forte razionalizzazione in vista di un «trattamento tendenzialmente omogeneo» per i beni e i servizi similari come gli alimentari, nonostante figuri fra le principali imposte non raccolte dallo Stato con un tasso di evasione del 20,3%.
