Diritti

La “nuova” strategia di Putin sul Donbass

Il presidente russo ha riconosciuto l’indipendenza delle due repubbliche separatiste dell’Ucraina orientale, Donetsk e Lugansk. A Sloviansk 8 anni fa moriva il fotogiornalista italiano Andy Rocchelli
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22 febbraio 2022 Aggiornato alle 15:00

Non succede spesso ma quando succede vuol dire che non va proprio tutto bene. Perché quando Vladimir Vladimirovich Putin parla in tv alla nazione, ha già deciso qualcosa di grande. Esclusi i consueti auguri di Capodanno, conferenze stampa e le cosiddette “linee dirette con il Presidente” - l’appuntamento annuale nel quale i cittadini possono chiamare Putin e fargli “ogni tipo” di domanda - dal 2000, da quando è al potere, Volodya ha parlato in tv direttamente ai cittadini russi solo 18 volte.

Ma niente accade per caso nella testa di Vladimir Vladimirovich Putin: la 19° apparizione nella serata di lunedì 21 febbraio cade nel giorno dell’anniversario della rivolta di piazza Maidan a Kiev, nel 2014. La piazza della rivoluzione antirussa di 8 anni fa quando tutto è iniziato, l’inizio della fine per i territori dell’Est dell’Ucraina, martoriati dalla guerra. L’occasione della diretta tv trasmessa sul Pervyj kanal, la principale emittente televisiva russa pubblica, è il riconoscimento delle due autoproclamate repubbliche separatiste dell’Ucraina orientale, Donetsk e Lugansk. Dopo un inedito Consiglio della Federazione russa, anche questo trasmesso in tv, il presidente russo ha riconosciuto l’indipendenza delle repubbliche separatiste e ordinato l’invio dell’esercito russo in Donbass come “missione di peacekeeping”.

Le parole si susseguono, una dietro l’altra, cariche di significato per la Russia, per l’Europa e per il mondo: «La situazione nel Donbass ha nuovamente acquisito un carattere critico, tagliente. E oggi mi rivolgo direttamente a voi, non solo per valutare quanto sta accadendo, ma anche per informarvi sulle decisioni che si stanno prendendo, sui possibili ulteriori passi in questa direzione», dice subito Putin in un discorso lungo, denso, dove sembra voler spiegare decisioni prese da anni, in una strategia ben coreografata da tempo.

Continua affidandosi alla storia: «Inizierò con il fatto che l’Ucraina moderna è stata interamente e completamente creata dalla Russia, più precisamente, dai bolscevichi, dalla Russia comunista». Elenca dettagliatamente le motivazioni della sua mossa condannata unanime dall’Occidente, in primis dagli Stati Uniti che secondo Putin controllano l’Ucraina.

Lo stesso Occidente che lo accusa di avere pretese imperiali: «La Russia ha deciso ieri di riconoscere la sovranità delle due Repubbliche popolari del Donbass. Ci aspettavamo speculazioni sull’argomento e che si dicesse che la Russia cerca di ricostruire un impero all’interno dei confini imperiali. Ma questo è assolutamente sbagliato» ha sottolineato nel corso di un incontro con il presidente azero Ilham Aliyev.

Nella notte sono state avvistate colonne di blindati russi a Donetsk: la presenza militare della Russia nel Donbass ora è realtà. Kiev dice che non cederà nulla e Josep Borrell, l’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, dichiara pronte le sanzioni contro Putin da adottare in caso di attacco all’Ucraina.

Nelle storie e nei destini che si intrecciano, proprio nel Donbass, il primo giornalista ucciso mentre documentava le condizioni dei civili intrappolati nel conflitto, in un confine che oggi ha i colori della bandiera russa, si chiamava Andrea Rocchelli. Anche se tutti lo chiamavano Andy, aveva 30 anni ed era partito prima per Kiev e poi per l’Est dell’Ucraina per fare il suo lavoro.

Il 24 maggio 2014 è stato ucciso insieme all’attivista per i diritti umani e interprete Andrej Mironov nelle vicinanze della città di Sloviansk. Dopo anni di silenzio, nel luglio 2017, la procura di Pavia ha arrestato un militare della Guardia Nazionale ucraina, Vitaly Markiv.

Il processo si conclude, dopo una condanna in primo grado, con la definitiva assoluzione di Markiv, scagionato nel processo d’appello per insufficienza di prove. «L’ultimo periodo è stato il peggiore», commenta a La Svolta Rino Rocchelli, padre di Andy, da anni alla ricerca della verità per trovare la risposta a un’unica domanda: “chi ha ucciso Andy e Andrej?” Rino racconta come non ci sia mai stata un’investigazione da parte delle autorità ucraine per trovare e condannare i responsabili che spararono i colpi di mortaio. La verità giudiziaria è invece scritta nelle due sentenze emesse dalla magistratura italiana: i colpi mortali furono esplosi dai militari dell’armata ucraina attestati sulla collina di Karachun.

In 8 anni la guerra nel Donbass ha provocato 15.000 morti, tra soldati, civili, e giornalisti.

Mentre Putin assicura che la Russia non intende interrompere le forniture di gas sui mercati globali e il cancelliere tedesco Olaf Scholz ferma la certificazione per il gasdotto Nord Stream 2, il futuro, oggi, sembra tutt’altro che sereno.

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