Surrogata: divide et impera nel dibattito femminista

«Non so se l’idea di commissionare la confezione di una creaturina umana con un regolare contratto commerciale sia mai apparsa in qualche romanzo di fantascienza per descrivere gli usi e costumi di una civiltà aliena. Sicuramente è apparsa sul pianeta Terra». A parlare così è la filosofa e femminista della differenza sessuale Luisa Muraro che, nel suo libro L’anima e il corpo. Contro l’utero in affitto, già nel 2016 si scagliava contro la pratica della maternità surrogata.
Da anni il dibattito attorno alla gestazione per altri divide le diverse sensibilità femministe. Non è l’unico tema, a dire il vero. Sex work, Gpa, sesso e genere sono solo alcuni degli argomenti sui quali il femminismo intersezionale e quello più tradizionale che rivendica la differenza sessuale non riescono a confrontarsi. Al punto che lo scorso marzo a Feminism, la fiera dell’editoria femminista che si tiene da 6 anni alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, la direzione si è trovata costretta a cancellare il dibattito riguardante il sex work e la prostituzione per le tensioni che hanno preceduto l’incontro.
Alla Gpa, sempre la Casa Internazionale delle Donne ha scelto di dedicare un convegno dal sottotitolo Femministe in ascolto sulla gestazione per altrə, partendo dal presupposto che di questo argomento bisogna “discutere, ascoltando, riflettendo, a partire per esempio da una discussione sulla maternità, sul corpo materno, sulle possibilità delle biotecnologie ma anche sui loro limiti”. Un tentativo di tenere insieme ogni sensibilità femminista, quindi, a prescindere dall’agenda e dalle iniziative del Governo.
Negli ultimi mesi a inasprire il dibattito è stata anche la rapida successione di due eventi: l’elezione di Elly Schlein, lo scorso aprile, a segretaria del Partito Democratico, e la proposta di legge avanzata da Fratelli d’Italia per rendere la maternità surrogata (già illegale in Italia) reato universale. Passata alla Camera con 166 sì, 109 no e 4 astenuti, il testo è «una follia - secondo la giurista Filomena Gallo dell’Associazione Luca Coscioni, che spiega che - un reato per essere universale deve essere percepito tale a livello globale. Come i crimini di guerra, la pedofilia, la pirateria. Non solo: per punire un reato commesso all’estero quel fatto deve essere reato anche nel Paese in cui si è consumato».
Con la vittoria di Elly Schlein alle primarie del Pd, la Gpa è finita prepotentemente al centro del dibattito, anche perché la neosegretaria nel 2018 è stata tra i 14 eurodeputati che votarono contro l’emendamento 48bis di Miroslav Mikolásik, slovacco del Partito popolare europeo, che chiedeva la messa al bando della maternità surrogata.
Non stupisce allora che, all’indomani della sua vittoria, più di 100 femministe legate all’Unione delle Donne Italiane e a Arci Lesbica le abbiano inviato una lettera aperta dove chiedevano alla prima donna a capo del Partito democratico di schierarsi contro la gestazione per altri. Una richiesta non esaudita visto che Schlein ha ribadito di essere favorevole.
Non si tratta di una novità da poco ma nemmeno di una posizione condivisa da tutto il partito, nel quale ai numerosi i temi oggetto di dibattito interno, come quello dell’eutanasia, si è aggiunta la Gpa. La senatrice dem Valeria Valente ha richiesto un confronto, ma invano, e l’emendamento di Riccardo Magi (+Europa), per una «maternità surrogata solidale» (già attuata in diversi Stati) non ha rappresentato una sintesi possibile per il Pd.
Tuttavia in gioco non c’è solo l’unità del partito ma anche l’allontanamento definitivo dalla galassia del femminismo storico, da sempre vicino alla sinistra e che, negli anni ‘70, ha contribuito alle conquiste civili e sociali più significative del Paese, dalla riforma del diritto di famiglia passando per le lotte per la salute riproduttiva delle donne che comprendono anche l’accesso sicuro all’interruzione volontaria di gravidanza e la contraccezione.
Pina Nuzzo, classe 1951 e attivista dell’Unione delle donne italiane (UDI), associazione strettamente legata al Partito comunista italiano sorta durante la Resistenza, è fermamente contraria a qualsiasi forma di maternità surrogata, e a chi la accusa di tradire l’autodeterminazione in nome della quale la sua generazione ha lottato replica che «attraverso la maternità surrogata la madre viene frantumata: si prende l’ovulo di una donna, lo si feconda col seme di un uomo e lo si impianta nell’utero di un’altra. La razza, il sesso e il colore degli occhi del “prodotto” li determinano i prezzi del mercato. Infine, appena la “donna vaso” partorisce, il “prodotto” viene affidato agli acquirenti, senza essere allattato per evitare che si crei un legame».
Uno spezzettamento che mercificherebbe tutto: corpi, relazioni, madre, figli e che sarebbe incompatibile con il femminismo che ha lottato per rivendicare l’interezza della donna e rovesciare lo sguardo sul corpo femminile e sulla maternità. E per cui la gestazione per altri non può fare rima con autodeterminazione. «A sinistra, è un pensiero diffuso che essere a favore dell’utero in affitto sia indice di modernità. Quando faccio notare che cosa significhi in concreto ricorrere alla maternità surrogata, mi sento rispondere che si tratta, in fondo, di una libera scelta. Onestamente mi cadono le braccia, perché non pensavo mai che, da sinistra, si potesse concepire che vendere e comprare esseri umani fosse nell’ordine delle cose. Che un desiderio potesse diventare un diritto: basta avere i soldi», aggiunge Nuzzo.
Ma da questo femminismo che mette al centro il corpo sessuato della donna (oggi accusato di «essenzialismo biologico»), il Pd si è allontanato ormai da tempo. L’elezione di Schlein, affine al femminismo intersezionale di stampo anglosassone che privilegia l’identità di genere al sesso, ha rappresentato la fine di un’epoca, avviandosi a tagliare definitivamente i ponti con il femminismo storico. Che però non è compatto neanche al suo interno.
Lo dimostrano le parole di Lea Melandri, classe 1941, attiva negli anni ‘60 e ‘70 nei gruppi femministi milanesi, oggi favorevole alla Gpa. Dalle colonne del Manifesto sostiene che «alienante o no, dono o con pagamento, la gravidanza per altri non può essere equiparata a una tratta, a una schiavitù» e secondo la quale la sua messa al bando non risolve nulla.
Se, come dice Melandri, l’unico femminismo a esser diviso sul tema è quello storico e non quello «di nuova generazione che da anni porta avanti le sue posizioni», c’è da chiedersi di quale visione della società questo nuovo femminismo è portatore. Favorevole alla regolamentazione del sex work, Non una di meno, movimento sorto in America Latina e giunto in Italia in salsa anglosassone nel novembre 2016, non ha a esempio una posizione ufficiale in merito alla Gpa, anche se è lecito supporre che non sia favorevole alla messa al bando.
Le posizioni attorno alla maternità surrogata rivelano non solo l’idea che di essa hanno i diversi femminismi, ma anche quella che hanno della società in cui viviamo. Se il Governo di Meloni mette al bando la maternità surrogata, dal canto loro i femminismi non sembrano avere progetti e idee forti.
Come rivela il dibattito continuo (giustamente complesso perché lo è il tema), così come non si può liquidare il desiderio di diventare genitore, non è possibile nemmeno non porsi dalla parte di una figlia o di un figlio che crescerebbero senza un legame con la madre biologica.
Infine, ma non meno importante, la realtà in cui le cosiddette madri surrogate vivono non può essere elusa, soprattutto dal femminismo intersezionale, che della triplice oppressione di genere, etnia e classe ha fatto la sua bandiera. Se sono principalmente le donne povere, dell’Est e del Sud del mondo a gestare per altri e altre, siamo certi che si possa parlare di libera scelta?
È quindi sulla capacità di cogliere tutte le sfumature dell’articolato e complicato dibattito sulla gestazione per altri che si gioca il futuro del femminismo che verrà.

