Coppa del Mondo: le giocatrici africane chiedono giustizia

Sudafrica, Marocco, Zambia e Nigeria. Alla Womens’ World Cup 2023, iniziata il 20 luglio in Australia e Nuova Zelanda, partecipano 32 nazioni, di cui 4 provenienti dall’Africa. 2 di queste, Marocco e Zambia, fanno il loro debutto alla Coppa del Mondo femminile organizzata dalla FIFA, che si concluderà il 20 agosto.
Nei mesi scorsi le calciatrici africane hanno sopportato un clima teso, non solo per via dell’avvicinarsi del torneo di calcio più famoso del mondo: il quotidiano Deutsche Welle rivela che le giocatrici hanno boicottato gli allenamenti a causa di contratti mancanti, stipendi bassi e campi da gioco scadenti, mentre l’allenatore dello Zambia è stato accusato di cattiva condotta sessuale.
Partiamo dai pagamenti: 2 settimane prima della partita inaugurale, le calciatrici della nazionale sudafricana hanno boicottato un allenamento a causa della mancanza di bonus offerti dalla SAFA (South African Football Association, la Federcalcio sudafricana) di accordi scritti sulla remunerazione relativa alla Coppa del Mondo.
La squadra nigeriana, nel frattempo, ha rifiutato di allenarsi per via degli stipendi arretrati e la Federcalcio del Paese ha iniziato a trattenere i bonus delle partite per le giocatrici della nazionale. Per risolvere la situazione, è intervenuta la Fondazione Motsepe, un ente di beneficienza dedicato alla lotta per la diversità fondato dal presidente della CAF, la Confederazione del calcio africano, Patrice Motsepe: il miliardario ha fornito una donazione da condividere con le giocatrici. Ma, secondo alcune indiscrezioni, la SAFA avrebbe definito le calciatrici “mercenarie” e “traditrici”.
Il Qualifying Conditions Report 2023 pubblicato a fine giugno dalla FIFPRO, sindacato che rappresenta i calciatori professionisti internazionali, mostra che non si tratta di casi isolati: il 29% delle giocatrici intervistate ha riferito di non ricevere alcun pagamento dalla propria nazionale; durante i Campionati della Confederazione 2022 e i Campionati europei femminili 2022, il 66% ha detto di aver preso un congedo o un’aspettativa non retribuita da un’altra forma di lavoro per partecipare a questi tornei; e il 38% delle calciatrici della CAF ha dichiarato che i pagamenti necessitano di un “estremo miglioramento”.
La SAFA ha annunciato la parità di retribuzione per tutte le giocatrici, eppure finora, tra i Paesi africani, solo lo Zambia (che prima d’ora non aveva mai partecipato a una Coppa del Mondo) e la Sierra Leone hanno rispettato la decisione. Marocco, Nigeria e Sudafrica non hanno comunicato al quotidiano DW i pagamenti per uomini e donne nei precedenti Mondiali. I pagamenti della FIFA, invece, sono chiari: ogni atleta che partecipa alla fase a gironi guadagnerà 26.667 euro, che corrispondono a 30.000 dollari. Il denaro, però, verrà prima trasferito alle federazioni, e questo solitamente di traduce in pagamenti individuali più bassi. Per fare un paragone, nel Mondiale maschile ogni nazione ha ricevuto 9 milioni di dollari per la partecipazione alle fasi a gironi.
Oltre che degli stipendi, le squadre lamentano anche le pessime condizioni dei campi da gioco in cui si allenano: la squadra femminile sudafricana si è rifiutata di allenarsi per via del rischio di procurarsi infortuni a poca distanza dalla Women’s World Cup. In Zambia la centrocampista Evarine Katongo ha denunciato che i campi migliori sono riservati principalmente alle squadre maschili. Lo dimostrano anche i numeri del report della FIFPRO: il 26% delle calciatrici della CAF ha indicato che sono necessari “miglioramenti estremi” o “miglioramenti significativi” per quanto riguarda gli stadi e i campi da gioco.
Ma non è finita qui: Bruce Mwape, l’allenatore della nazionale femminile dello Zambia, è accusato di cattiva condotta sessuale. Lo ha rivelato il Guardian meno di 2 settimane fa. Una giocatrice ha dichiarato al quotidiano britannico: «Se lui vuole andare a letto con qualcuno, bisogna dire di sì. È normale che l’allenatore vada a letto con le giocatrici della nostra squadra». Una fonte che conosce le giocatrici ha raccontato di aver ricevuto minacce se avesse osato dire qualcosa su quanto accaduto: «La federazione sta chiudendo un occhio perché le donne hanno avuto buoni risultati. È il loro modo per mostrare al pubblico e alle autorità successo e buona immagine. Ma dietro le quinte, è molto brutto».
La notizia non ha sorpreso il direttore generale della FIFPRO, Roy Vermeer, che ha spiegato a DW che si tratta di un problema strutturale del calcio femminile che si verifica in tutto il mondo. Altri casi di condotta sessuale sono stati segnalati nelle squadre femminili della Sierra Leone e del Gabon, ma anche negli Stati Uniti, in Venezuela, Australia, Haiti e Spagna.
Spesso, però, «nelle federazioni nazionali non c’è interesse a indagare sui casi». Ciò che serve è «un’entità indipendente per i calciatori che indaghi sugli abusi», cosa che può richiedere tempo, ma nel frattempo si può intervenire «sull’equilibrio di genere nelle commissioni che esaminano i casi» e con «un approccio informato sui traumi e incentrato sulle vittime nelle federazioni».