Alzheimer: rallentarlo è possibile

L’Alzheimer è la causa più comune di demenza nel mondo e gli esperti la considerano una minaccia in rapida crescita per i sistemi sanitari di ogni paese. Uno studio pubblicato sulla rivista Lancet stima che il numero di persone che convivono con questa malattia a livello globale triplicherà, colpendo quasi 153 milioni di persone entro il 2050.
Le previsioni di Lancet mostrano che i casi di demenza aumenteranno ovunque nel mondo, con una crescita maggiore che dovrebbe verificarsi in Nord Africa e Medio Oriente (367%) e nell’Africa subsahariana (357%). In Europa occidentale la crescita dovrebbe arrivare al 74%, mentre il Giappone potrebbe registrare l’incremento più piccolo, pari al 27%.
Anche se non esiste una cura, un nuovo farmaco potrebbe però contenere il decorso della malattia.
I risultati di un nuovo studio condotto su 1.736 persone di età compresa tra 60 e 85 anni hanno rilevato che il farmaco donanemab, prodotto dall’azienda Eli Lilly, ha rallentato del 35% il declino cognitivo nei malati di Alzheimer in fase iniziale. Un passo in avanti anche rispetto ai risultati pubblicati lo scorso anno a proposito di un altro farmaco, il lecanemab, prodotto da Eisai e Biogen, che riduce il declino cognitivo del 27% in 18 mesi.
Il lecanemab ha ricevuto l’approvazione finale dalla Food and Drug Administration statunitense alcune settimane fa, dopo un trial clinico che ha coinvolto 1.795 pazienti con decadimento cognitivo lieve o lieve stadio di demenza. Ora, secondo Susan Kohlhaas, direttrice esecutiva della ricerca presso l’Alzheimer’s Research Uk, tocca al donanemab. Insieme ad altri esperti, ha infatti sollecitato il National Institute for Health and Care Excellence, che si occupa di valutare l’efficacia clinica degli interventi in Regno Unito, ad approvare i due farmaci che promettono di rendere l’Alzheimer una malattia gestibile tanto quanto il diabete o l’asma.
Secondo gli studi, il farmaco della Eli Lilly ha rallentato il ritmo della malattia di circa un terzo, consentendo alle persone a cui è stato somministrato di occuparsi di alcune attività quotidiane a cui comunemente sarebbero state costrette a rinunciare, come preparare i pasti, rispondere al telefono, sostenere una conversazione e dedicarsi ai propri hobby.
Nello studio condotto sul donanemab, metà dei pazienti volontari ha ricevuto un trattamento mensile, mentre l’altra metà ha ricevuto un farmaco fittizio, noto anche come placebo, per 18 mesi. Gli effetti del farmaco sono quindi stati calcolati sulla base di ciò che i pazienti testati riuscivano a fare giorno per giorno durante la somministrazione. In particolare, per la maggior parte di loro la malattia ha rallentato di quasi il 30%, ma per un gruppo di pazienti che i ricercatori ritenevano più propensi a rispondere il rallentamento è stato di circa il 40%.
La Bbc riferisce tuttavia che ci sono stati anche alcuni effetti collaterali. Il gonfiore del cervello è uno di questi, riscontrato in un terzo dei pazienti che hanno assunto il donanemab. Per la maggior parte di loro, questo problema si è risolto senza causare sintomi, ma almeno 2 pazienti, consapevoli dei rischi, sono morti a causa di questo gonfiore.