Ambiente

Perché tutti scappano dal fondo Onu sul clima

A 3 mesi dal suo lancio, il progetto ETF sostenuto dalle Nazioni Unite sta deludendo le aspettative e, secondo il Financial Times, è già sull’orlo del fallimento. Le risorse promesse non sono mai arrivate, né dalle istituzioni né dalle grandi banche
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21 febbraio 2022 Aggiornato alle 11:00

Un fondo di investimento sul clima che stenta a decollare. Anzi, rischia di non superare la primavera: a 3 mesi dalla Conferenza sul clima di Glasgow, il progetto sostenuto dalle Nazioni Unite “ETF Impact Shares MSCI Global Climate Select” sta deludendo le aspettative. Secondo il Financial Times, è un esempio di come «l’organizzazione aziendale per combattere il cambiamento climatico possa fallire quando è necessario capitale».

Di cosa si tratta? Il nuovo ETF, Acronimo di Exchange Traded Funds, ovvero una serie di investimenti a basse commissioni di gestione negoziati in Borsa come le azioni, si basa sull’MSCI ACWI Climate Pathway Select: si tratta di un indice che mira a rappresentare la performance di un insieme di società associate alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.

A collaborare alla creazione di questo fondo, l’Etf senza scopo di lucro Impact Shares, della Rockfeller Foundation, e un gruppo di lavoro della Global Investors for Sustainable Development Alliance: è il gruppo di 30 società globali fondato a ottobre del 2019 per contribuire al finanziamento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Riunisce i leader delle principali istituzioni finanziarie e società di tutto il mondo. Spiccano Allianz, Enel, Bank of America, Citigroup, Santander, Ubs.

Impact Shares avrebbe speso 25.000 dollari al mese per gestire il fondo, senza ricevere il sostegno promesso dalle istituzioni e dalle grandi banche della Gisd: lo ha riferito al Financial Times Ethan Powell, il gestore del fondo, che dal suo lancio ha accumulato meno di 2 milioni di dollari. L’obiettivo di questa iniziativa era riunire le risorse dell’alta finanza e indirizzarle verso delle quotate sostenibili. Ma non è andata proprio così. Bank of America, Citigroup e Santander si sono impegnati a fornire i propri fondi, ma non prima che lo facessero anche gli altri investitori: lo hanno spiegato al FT Jim Healy e Sudip Thakor, ex banchieri del Credit Suisse coinvolti nel fondo. Hanno investito, in ordine, 1 milione di dollari e 500 mila dollari nell’Etf. Bank of America e Citigroup ne avevano promessi rispettivamente 50 e 12,5, a condizione che la loro quota non rappresentasse più del 25% del fondo.

Raggiunte dal quotidiano britannico, le banche hanno avanzato le loro ragioni, legate alla non collaborazione da parte degli altri investitori. Ma si sono dette pronte a continuare, se ci sarà lo stesso impegno da parte di tutti. L’Onu ha dichiarato che «continuerà a sostenere soluzioni finanziarie innovative». Healy e Thakor si aspettano di riavere i loro soldi se l’Etf sarà costretto a chiudere: «Ci deve essere una certa responsabilità» ha detto Healy, «Ci preoccupiamo del riscaldamento globale e siamo risentiti per le azioni di facciata della Gisd». E anche se, a parole, l’impegno delle banche rimane solido, il fondo è in bilico.

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