Culture

Riecco i balletti degli epurati tv

Puntuali come le zanzare, tornano i giri di poltrone a viale Mazzini. E gli psicodrammi si alzano più dei tassi Bce
Credit: Christiano Sinisterra
Tempo di lettura 4 min lettura
5 luglio 2023 Aggiornato alle 06:30

Triti e noiosi come i servizi dei tg dedicati al caldo di agosto, di zero interesse per chiunque non sia nato con Bim Bum Bam, falsi e ipocriti come solo in Italia si sa fà, ecco che da una settimana e anche qualcosa di più vanno in scena gli psicodrammi degli epurati della tv di Stato. E pure nella Mediaset post-Silvio non si dormono sonni molto tranquilli.

C’è qualcosa di davvero vecchio, insostenibile e insopportabile nelle cronache giornalistiche quotidiane riguardo i cambi di casacca e i traslochi di qui e di là e trullalà dei vari presentatori, conduttori, scioman e sciouoman della Rai.

A metà tra calciomercato e mercato del pesce, siamo costantemente informati relativamente alla telenovela di Bianca Berlinguer che da anni avevamo già dato sulla via del trasloco e di prossima stanza probabilmente a Rete 4, Canale 5 o magari in rotta sul Nove. Entra Bianca, esce Barbara (d’Urso), poi magari si ritrovano tutti da Fabio (Fazio), la cui fuitina da Rai3 ha tenuto impegnata la stampa più dell’uscita di scena di Draghi dalla presidenza del Consiglio.

Ho ancora in mente quella frase lì, durante l’ultima puntata di #Ctcf (già l’acronimo faceva addormentare): «Non sono un uomo per tutte le stagioni». Sono l’unica ad averla trovata quasi comica, considerando i suoi 40 anni di Rai e i 200 Governi e Cda di viale Mazzini che si sono avvicendati nel frattempo?

Boh, sarò antica, sarò una boomer, magari sono solo stufa di pagare il canone e di farmi alzare l’abbonamento da Netflix e il mutuo dalla Bce, ma è difficile empatizzare con questo balletto che da quando ho memoria tiene banco a ogni cambio di Governo.

Alla scuola di giornalismo del Pleistocene ci insegnavano cos’era il manuale Cencelli e la lottizzazione della Rai: della serie, oggi ci sono un paio di robottini su Marte e il Pianeta è in mano all’intelligenza artificiale, ma qui siamo ancora messi così. Maluccio direi.

Mi tocca ricordare che il mondo televisivo è come quello della stampa, dove gira che ti rigira ritrovi sempre gli stessi nomi e cognomi e se non li vedi più è solo perché l’Inps (dovrei dire l’Inpgi ma non ha retto lo shock) si è accorta che erano già da secoli in pensione.

Ho assistito a discese ardite e risalite di big della tv che non voglio nominare tanto li conoscono tutti (soprattutto mia madre), ho visto direttori e direttrici aggrappati alla cadrega per almeno un ventennio e andarsene pure minacciando ricorso, se scrivo queste cose è solo perché ormai sono una freelance di 49 anni ed è chiaro che non mi assumerà più nessuno.

Eppure, qualche speranza sotto sotto c’è. Tolti i soliti noti ci sono format e serie tv azzeccati non solo per perennial (vogliamo parlare di Mare fuori?), ci sono cose carine che valgono ogni tanto il canone come il Marziano dell’inossidabile Pif, che nelle regole della tv ha 50 anni suonati ma è ancora un giovane esordiente, un po’ come Cattelan.

Ci sono gli outsider tipo i mariotozzi e gli abertiangela, ci sono argomenti un po’ più appealing (chessò dico a caso: l’ambiente, i diritti, l’innovazione?) e una incredibile fascia di talenti rimasti fuori in questi anni da provare magari una volta tanto a tirare dentro (Radio Deejay, che trasmette da 40 lune, ha appena lanciato un contest per cercare speaker nuovi: mica è poi così difficile ammettere di volersi aggiornare, no?).

Se non ricordo male, poi, quando tutti davano la tv generalista come dependance della Baggina si è invece scoperto che stava recuperando terreno anche sui Millennial e sulla Gen Z grazie a un paio di effetti butterfly sui social: il fantafestival di Sanremo su Tik Tok e il litigi delle mine vaganti sgrammaticate del Collegio. Insomma, gente, mai perdere la speranza considerando che comunque vada avremo una certezza.

Che domani accenderemo la tv e Bruno Vespa sarà sempre lì.

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