Diritti

Mai più bambini in carcere

Lo ha “promesso” la ministra della Giustizia Marta Cartabia in audizione alla commissione Infanzia. Tra i temi discussi: le condizioni dei bimbi che, in assenza di alternative familiari, vivono insieme alle madri detenute negli istituti di custodia
Credit: Humphrey Muleba
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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21 febbraio 2022 Aggiornato alle 09:00

A Palazzo San Macuto, non distante dal Pantheon a Roma, la ministra della Giustizia Marta Cartabia, ascoltata in commissione Infanzia, ha fotografato la situazione madri-figli negli istituti penitenziari, con numeri «fortunatamente bassi».

Le difficoltà del settore citate durante l’indagine conoscitiva sull’esecuzione della pena per i minorenni e per le madri detenute sono «più significative di quanto si potrebbe immaginare, perché la pena inflitta all’adulto ricade anche sul figlio, segnandone il percorso di vita» ha spiegato Cartabia. «Quando si arriva a toccare questo livello della pena che incide sulla vita ancora in formazione, accade qualcosa che interroga soprattutto il mondo degli adulti: i protagonisti sono i minorenni, ma gli interrogati siamo noi» ha aggiunto la Guardasigilli.

Con 15 madri e 16 bambini detenuti, è comunque prioritario «lo sforzo di trovare soluzioni alternative, affinché non ci siano più bambini in carcere». Ma lo aveva detto, nel 2015, anche l’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando, in visita nel penitenziario di Rebibbia: mai più bambini in carcere. È vero, rispetto al 2019 il dato è migliorato, perché le madri detenute all’epoca erano 44 e i figli al seguito 48. Ma nel 2021 ci sono ancora bambini reclusi.

Come ha spiegato Cartabia, la maggior parte delle detenute madri, oggi, è ospite dell’Istituto a Custodia Attenuata a Lauro, in provincia di Avellino: 2 si trovano nell’Icam milanese di San Vittore, altrettante in quello di Torino, una a Venezia. E una donna sta scontando la pena con suo figlio nella Casa circondariale di Reggio Calabria. Queste strutture, gli Icam, sono state realizzate per consentire alle mamme che non possono usufruire di alternative alla detenzione in carcere di tenere con sé i loro figli. Tra le alternative, la detenzione domiciliare speciale pensata per le donne con bambini sotto i 10 anni.

Ma non tutte loro hanno un domicilio adeguato e così vivono in case-famiglia protette (sono una a Milano e una a Roma) e negli Icam. Perché si cerca di far scontare pene in strutture che assomiglino il meno possibile a un carcere, affinché queste donne possano crescere i propri figli in un ambiente “normale”, e accogliente, per quanto possibile. Lo aveva spiegato Daniela de Robert, del Collegio Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, in un’intervista a Repubblica. Tra le detenute con figli, oggi, «5 sono italiane, 10 straniere e 5 ancora imputate» ha sottolineato Cartabia.

La legge in vigore, la 62 del 2011, era nata con l’intenzione di diminuire la presenza di bambini negli Istituti di pena femminili, promuovendo appunto gli Icam. Ma la nuova norma ha finito per raddoppiare la carcerazione dei più piccoli, che ora possono stare in queste strutture fino a 6 anni d’età (prima il limite era 3). I posti disponibili negli Icam ci sono – come ha spiegato Cartabia, sono in totale 60 – ma le strutture non sono distribuite in modo omogeneo sul territorio. E la carcerazione dei bambini rimane, con molte associazioni che ne chiedono una riforma da anni.

A marzo del 2021 Antigone, l’associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, aveva stilato il documento “Essere madri in carcere: il rapporto tra genitorialità e detenzione”. Si parlava di due “mondi inconciliabili”, la maternità e la detenzione, con i bambini che vivono, direttamente o indirettamente, quest’esperienza con un genitore recluso (o, in alcuni casi, entrambi).

La ministra ha fatto riferimento anche a minorenni e giovani adulti presi in carico dagli Uffici di servizio sociale, che al 31 dicembre 2021 erano più di 20.000. Negli istituti penali per i minorenni, fino a quella data, si sono registrati 815 ingressi, in lieve aumento rispetto all’anno precedente.

Secondo gli ultimi dati di Antigone, i 17 istituti penali minorili presenti in Italia non hanno mai registrato così pochi ospiti dal 2007, con una diminuzione del 19% di minori e giovani adulti rispetto al 2020. Tra i reati commessi più di frequente, prevalgono quelli contro il patrimonio e, in particolare, i reati di furto e rapina, seguiti da violazioni delle disposizioni in materia di sostanze stupefacenti. E tra quelli contro la persona svettano le lesioni personali volontarie.

Quello che sottolinea Cartabia è, in particolare, lo strumento della “messa alla prova”, in cui il processo viene sospeso e il minore viene affidato ai servizi sociali. I dati dicono che tra il 2007-2020 l’83,55% dei provvedimenti di messa alla prova ha avuto un esito positivo: «Una risposta altamente efficace per contrastare la devianza minorile e favorire percorsi di inserimento sociale. Crediamo nei ragazzi, diamo loro delle possibilità. Questi numeri dicono che la possibilità di una strada diversa c’è».

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