Ambiente

Le sfide (poco) green di Emmanuel Macron

A poco meno di due mesi dalle elezioni francesi, il presidente in carica è in testa ai sondaggi. Tra le sfide più importanti che lo attendono: la stesura di una chiara agenda verde
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17 febbraio 2022 Aggiornato alle 13:20

Era stata presentata in grande stile la “Loi Climat et Résilience, la legge Clima e Resilienza, una delle più sfavillanti del mandato di Emmanuel Macron, il presidente francese in carica. Ma così non è stato.

Nonostante i riflettori oggi siano sul ritiro appena annunciato dalla Francia e dai suoi partner europei che operano in Mali e in Canada, dove sono presenti con l’operazione Barkhane e le forze speciali europee Takuba, alla vigilia delle presidenziali tra le sfide più importanti che attendono Emmanuel Macron c’è quella sul clima.

L’attuale presidente, che non si è ancora candidato ufficialmente per un secondo mandato, secondo uno studio realizzato dall’istituto Ifop-Fiducial per Paris Match, LCI e Sud Radio accoglie il 25% delle intenzioni di voto nel primo turno fissato per il 10 aprile 2022.

Le dichiarazioni a favore della tutela dell’ambiente si susseguono nei discorsi pronunciati in questi 5 anni di presidenza, eppure il progetto che puntava a spostare “l’ecologia al centro del modello francese”, presentato lo scorso anno come un testo rivoluzionario a firma Macron, è stato criticato a gran voce da organizzazioni ecologiste e Ong che lo hanno accusato di mancare di ambizione.

Rendere credibile l’obiettivo di ridurre del 40% le emissioni di gas serra nel 2030 rispetto al 1990: la legge “Clima e resilienza” era stata pensata proprio per inserire l’ecologia come pilastro «nella scuola, nei servizi pubblici, nella giustizia ma anche nella politica degli alloggi e della città», aveva sottolineato Barbara Pompili, ministra della Transizione ecologica.

Prima di approdare in Parlamento, a marzo 2021 i militanti ecologisti e le grandi Ong ambientaliste avevano denunciato una riforma al ribasso che non avrebbe permesso alla Francia di rispettare gli obiettivi fissati dagli Accordi sul clima di Parigi: migliaia di manifestanti erano infatti scesi in piazza accusando Emmanuel Macron e il governo di aver tradito la Convenzione cittadina per il clima.

L’idea di avere un’assemblea composta da 150 cittadini estratti a sorte era venuta proprio a Macron come esperimento di democrazia partecipativa dopo le grandi manifestazioni del movimento dei gilet gialli. Passati i 9 mesi di lavoro e l’audizione di decine di esperti, la Convenzione ha presentato un rapporto composto da 149 proposte, con la promessa da parte del primo inquilino dell’Eliseo di trasmettere al parlamento le misure “senza filtro”. Lasciando insoddisfatti molti degli autori del rapporto e degli attivisti ecologisti.

«La legge ignora diverse questioni chiave, inclusa la responsabilità ambientale delle imprese. Dopo più di due anni di dibattiti e l’investimento di 150 cittadini, questo testo ci lascia con una sensazione di occasione sprecata», aveva detto Pierre Cannet, direttore legale del Wwf France, prima dell’entrata in vigore della legge Clima e Resilienza. «Dobbiamo andare molto più veloci nella transizione con misure più strutturali».

Dritto per la sua strada, durante una requisitoria dei Verdi in Aula al Parlamento europeo incentrata sull’ambiente, Macron ha detto: «La Francia non difende il gas, non ne abbiamo bisogno. Ma oggi non abbiamo la possibilità di sostituire forme di elettricità intermittenti con forme non intermittenti. Queste ultime sono prodotte con carbone, gas e nucleare. Le rinnovabili non possono ancora sostituirsi [a queste fonti]».

Tra i piani di Macron c’è infatti quello di riconoscere il nucleare come una fonte di energia a basso tasso di emissione: «è un fatto scientifico», ha dichiarato commentando il testo della Commissione europea sulla tassonomia verde, «il nucleare è una scelta coerente con la lotta al cambiamento climatico». E proprio una settimana fa sono stati dettagliati i piani per la neutralità del carbonio in Francia: 6 nuovi reattori EPR da rendere operativi nel 2035 e aumento della capacità solare fino a 100 gigawatt entro il 2050.

In attesa della candidatura ufficiale di Macron – che dovrebbe arrivare entro il 20 febbraio - la République en Marche! (LaREM), il partito dell’attuale presidente, non sembra avere rivali green pronti a sfidarlo davvero.

Secondo gli ultimi sondaggi, Yannick Jadot, parlamentare europeo ed esponente dei Verdi, non supererebbe il 5%. A meno di due mesi dal voto, le due parole sulla bocca della maggior parte dei leader europei e mondiali, clima e resilienza, saranno ancora le priorità di Macron?

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