Ambiente

Scandalo alla Cop28: gli Emirati Arabi spiavano le mail?

La compagnia petrolifera statale di Abu Dhabi ha avuto accesso alla posta elettronica del vertice sul clima. Lo scoop, del quotidiano Guardian, getta ancora più ombre sulla discussa presidenza di Ahmed al-Jaber
Credit: ANSA-DPA
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9 giugno 2023 Aggiornato alle 07:00

«È come se una multinazionale del tabacco supervisionasse il lavoro interno dell’Organizzazione mondiale della sanità». È così che l’eurodeputata francese Manon Aubry ha commentato le rivelazioni esclusive del quotidiano Guardian su uno scandalo che farà molto discutere: l’accesso alle mail dell’ufficio sul vertice del clima Cop28 da parte dell’azienda petrolifera di Stato degli Emirati Arabi. La Abu Dhabi National Oil Company (Adnoc) è stata consultata dagli uffici della conferenza anche su come rispondere a una inchiesta dei media.

Le scoperta del quotidiano inglese getta una ulteriore preoccupazione sulla scelta di mettere alla guida dei negoziati sul clima (che si terranno a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023) Ahmed al-Jaber, il sultano 49enne con molteplici ruoli: è Amministratore delegato della Adnoc dal 2016, è ministro dell’Industria e della Tecnologia, è a capo di Masdar, la compagnia di energia rinnovabile degli Emirati. E dal 2010 al 2016 è stato l’inviato del sultanato agli incontri globali sul clima. Ma non finisce qui: è anche la prima volta che il leader di una società privata presiede una Cop.

Le pressioni su al-Jaber per dimettersi almeno temporaneamente dal suo ruolo nella compagnia petrolifera sono andate a vuoto, anche perché alcune personalità di spicco a livello mondiale hanno appoggiato la sua elezione: tra questi, l’ex senatore americano John Kerry e il capo dell’unione europea Frans Timmermans. Insieme al sultano, a dirigere i lavori della Cop28 ci saranno due donne: Razan Al Mubarak, già presidente Iucn, e Shamma Al Mazrui, già ministra per gli affari giovanili.

Sempre il Guardian aveva rivelato in una precedente inchiesta che gli Emirati hanno il terzo piano più grande al mondo di espansione del petrolio e del gas e intendono passare da 4 a 5 milioni di barili al giorno.

Un progetto del tutto incompatibile con gli obiettivi sulla riduzione delle emissioni di gas e di uso di combustibili fossili del Trattato di Parigi, ratificato dallo stesso Paese arabo. L’agenda che il presidente della Cop28 dovrà stilare in vista della Conferenza includerà anche come rendere operativo il fondo per le perdite e i danni loss and damage approvato alla Cop27 in favore dei Paesi più colpiti dai cambiamenti climatici.

«Non c’è posto per l’industria fossile nei negoziati globali sul clima», ha osservato Tracy Carty di Greenpeace International, tra le associazioni ambientaliste che più ha criticato la scelta del sultano ai vertici Cop28. La stessa francese Aubry è stata firmataria insieme a 133 politici internazionali di una lettera aperta agli Stati Uniti e alla Ue per rimuovere il sultano dall’incarico, dichiarando che gli uffici della Conferenza delle parti hanno perso ogni credibilità.

L’inchiesta del Guardian è partita da una mail che il giornale stesso aveva ricevuto dagli uffici della Cop28 contenente la dicitura “Classificazione Adnoc: interna”. Grazie a esperti informatici del Computer Laboratory dell’University of Cambridge, si è scoperto che i server Cop e Adnoc condividevano lo stesso sistema primario di posta elettronica esterna, non garantendo così l’autonomia tra l’azienda e l’organismo dell’Onu. Dopo le indagini giornalistiche, il sistema è stato reso indipendente ma le polemiche non si sono placate.

Secondo l’eurodeputato Bas Eickout la presidenza della Cop28 agli Emirati Arabi «è una fusione degli interessi economici di un Paese fossile con un’agenda di transizione fondamentale». E ha nuovamente chiesto le dimissioni di Ahmed al-Jaber,

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