Ambiente

Salviamo gli oceani, ora

Coprono il 71% della superficie terrestre e rappresentano un sistema regolatore da cui dipende lo sviluppo della nostra vita. Crisi climatica e inquinamento (da plastica soprattutto) li stanno compromettendo
Credit: Asad Photo Maldives
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8 giugno 2023 Aggiornato alle 07:00

L’8 giugno di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale degli Oceani, prendendo come anniversario la stessa data della giornata del Summit della Terra avvenuto a Rio de Janeiro nel 1992. La ricorrenza ha il compito di portare l’attenzione su uno degli elementi fondamentali della nostro ecosistema, che copre complessivamente il 71% della superficie terrestre e rappresenta un sistema regolatore da cui dipende lo sviluppo della vita sulla Terra.

Grazie agli oceani la civiltà umana ha potuto prosperare sul pianeta e allo stato attuale più di 3 miliardi di persone dipendono direttamente a livello alimentare dalla fauna presente, che conta oltre 200.000 specie identificate. Si stima che le risorse marine e tutto l’indotto economico collegato abbiano un valore di circa 3.000 miliardi di dollari. Ma soprattutto gli oceani sono il più grande alleato nel contrastare il cambiamento climatico, dato che assorbono circa il 25% delle emissioni globali di CO2 e il 90% del calore generate da esse.

Per questi importanti aspetti la Giornata mondiale degli Oceani vuole essere l’occasione per riflettere sullo stato dell’ecosistema marino, su i suoi benefici e sulle multiple crisi che sta vivendo da diversi decenni. A partire dall’inquinamento delle materie plastiche, che nel 2023 ha raggiunto un livello drammatico con oltre 171 trilioni di pezzi che galleggiano in ogni angolo del Pianeta.

La plastica ha conseguenze gravi sia per il mondo animale, sia per la salute umana, e senza rapide azioni il suo inquinamento potrebbe triplicare entro il 2040: «Siamo tutti d’accordo che c’è troppa plastica negli oceani. Dobbiamo agire urgentemente per muoverci verso delle soluzioni basate sulle ricerche scientifiche» ha dichiarato il professore Richard Thompson della Plymouth university.

La Nazioni Unite sperano di poter raggiungere un accordo vincolante, un Global Plastics Treaty entro la fine del 2024, in modo da porre un limite alla produzione delle materie plastiche. Ma questo tipo di inquinamento è purtroppo solo una parte dell’attività dannosa causata dal nostro modello di sviluppo. Sostanze e materiali inquinanti come pesticidi, fertilizzanti, detergenti, petrolio, composti chimici e rifiuti di vario genere continuano a essere riversati nei mari.

A tutto questo si aggiunge l’inquinamento luminoso, quello acustico e lo sfruttamento delle risorse minerarie presenti sul fondo degli oceani.

L’altra grande minaccia per la sopravvivenza dell’ecosistema marino deriva dall’aggravarsi della crisi climatica causata dalle emissioni di gas alteranti. L’assorbimento della CO2 da parte degli oceani ha comportato un aumento dell’acidificazione, con ripercussioni sulla catena alimentare e in generale sull’intero mondo marino, cosa che potrebbe compromettere nei prossimi anni la sicurezza alimentare dei Paesi del sud-est asiatico, fortemente dipendenti dalla pesca.

Inoltre il continuo innalzamento delle temperature dei mari, in combinazione con l’arrivo del fenomeno climatico El Niño, incrementerà il rischio di eventi estremi con anche un possibile superamento del famoso limite di 1,5 gradi: «Probabilmente avremo un ulteriore riscaldamento globale di 0,2-0,25 gradi. L’impatto sulla temperatura avviene pochi mesi dopo il picco di qualsiasi El Niño, quindi questo è il motivo per cui il 2024 sarà probabilmente il più caldo mai registrato. E può darsi che saremo vicini a 1,5 gradi per diversi giorni e forse supereremo temporaneamente il limite», ha affermato il dott. Josef Ludescher, del Potsdam Institute for Climate Research.

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