Economia

Fare impresa richiede uno sforzo ambientale e sociale

Condurre un business in modo sostenibile significa operare in modo da non compromettere il capitale ecologico e il capitale naturale tramite l’eliminazione delle esternalità negative
Credit: Yiran ding
Tempo di lettura 5 min lettura
5 giugno 2023 Aggiornato alle 13:00

In un mondo e in un mercato sempre più interconnessi, ogni impresa è collocata in un sistema che influenza e viene influenzato dall’operato globale degli attori sociali ed economici.

La convivenza nello stesso sistema porta alla luce la necessità di salvaguardare gli interessi comuni e di promuovere la gestione efficiente e strategica delle risorse, al fine di evitare costi sociali ed economici che impattano gravemente sull’ambiente e sul mercato.

In occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente, promossa dalle Nazioni Unite con lo scopo di sensibilizzare le persone alle sfide globali in atto, è doveroso proseguire il dibattito sull’urgenza di mettere in moto uno sviluppo che includa i fattori di crescita economica, in combinazione con il rispetto ambientale e delle risorse sociali.

In particolare, la giornata del 5 giugno 2023 è incentrata sull’ hashtag #BeatPlasticPollution. Questo promemoria ha l’obiettivo di stimolare le imprese e le istituzioni verso l’implementazione di un’economia circolare, un modello di produzione e consumo che si autoalimenta tramite il riciclaggio e il ricondizionamento delle materie utilizzate. Il processo consente la riduzione dei rifiuti, e la reintroduzione nel ciclo produttivo con la possibilità di generare nuovo valore in un’ottica ecosostenibile.

I vantaggi sono ampissimi, coinvolgono la collettività e conciliano l’idea di sviluppo sostenibile. L’attuazione di un’economia circolare apporterà a un aumento della competitività, tramite la creazione di nuovi business e un risparmio sui costi di produzione, e sarà un impulso all’innovazione e alla crescita economica. Secondo le stime europee, si assisterà a un incremento del Pil dello 0,5% e alla disponibilità di 700.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030.

Alcune aziende si stanno già adoperando. Per esempio, Wastefront sta esplorando un’alternativa al convenzionale riciclaggio di pneumatici tramite il recupero di materiali e la realizzazione di un nuovo carburante ecofriendly.

Dare nuova vita ai pneumatici è un’ardua impresa. Il loro impiego in un inceneritore per generare energia elettrica o per fornire calore ai forni industriali produce grandi emissioni di CO2 nell’aria: non la scelta più sostenibile; tantomeno lo è il loro riutilizzo in progetti di costruzione, come la costruzione di argini o la riparazione del manto stradale, poiché le sostanze chimiche contenute al loro interno potrebbero provocare effetti di lisciviazione e contaminazione del suolo.

L’impresa norvegese decostruisce gli pneumatici, formati da acciaio, nerofumo e gomma, materiali facilmente riciclabili, e, tramite una decomposizione termochimica, ottiene il Tdo, con il quale realizzerà il nuovo carburante.

Il diesel a base Tdo, nonostante non sia a emissioni zero, inquina in media l’80-90% in meno rispetto al combustibile convenzionale; per questo motivo, il suo consumo è solo l’inizio verso la lunga transizione che porterà all’elettrificazione dei trasporti. Un obiettivo tanto decantato, ma scarsamente messo in pratica.

Per molti cittadini europei comprare un auto elettrica non è tra le opzioni di acquisto. Nonostante le vendite di quest’ultime abbiano rappresentato il 12,1% delle auto immatricolate nell’Ue lo scorso anno, i cittadini trovano i maggiori disincentivi nei prezzi troppo elevati e nella scarsa presenza di punti di ricarica.

Secondo Acea, tra il 2016 e il 2022, le vendite di auto elettriche in Europa sono cresciute tre volte più velocemente del numero dei punti di ricarica, il cui 50% è situato in Germania (60.000) e nei Paesi Bassi (90.000), sottolineando nuovamente il divario di reddito tra Nord e Sud Europa.

Per far fronte all’obiettivo Ue di neutralità di emissioni di carbonio entro il 2050, secondo una stima di McKinsey, si dovranno installare fino a 14.000 punti di ricarica alla settimana (attualmente 2.000 a settimana) arrivando ad almeno a un totale di 3,4 milioni entro il 2030.

Incoraggiante per l’ambiente il dato di Bernstein Research, il quale indica che entro il 2026 le case automobilistiche saranno in grado di offrire nel mercato auto elettriche e a benzina allo stesso prezzo; ciò sarà possibile a causa della diminuzione dei prezzi dei materiali per comporre le batterie, la forte concorrenza e i sussidi statali.

I trasporti rappresentano il 22% delle emissioni totali dell’Ue, con il trasporto su strada che rappresenta il 70% di esse; a questo proposito è stato promulgato il pacchetto di riforme e regolamenti economici Fit for 55 con il quale si agisce a livello istituzionale e tributario sulla produzione di CO2 all’interno dell’Unione.

La lotta al cambiamento climatico parte anche dalle molteplici imprese e startup che cercano nello sviluppo sostenibile una fonte di guadagno. L’innovazione tecnologica ha portato alla creazione di impianti a cattura diretta dell’aria (Dac). Questo strumento offre ai consumatori il servizio di decarbonizzazione per i clienti che emettono svariate quantità di CO2 nell’aria.

Il prezzo si aggira tra i 94 e i 230 dollari per ogni tonnellata di anidride carbonica prodotta: un prezzo abbastanza consono rispetto alle quotazioni di CO2 che si aggirano intorno a 86 euro per tonnellata. Il suo impiego è sempre più ambito nei Paesi che presentano un’ecotassa; è quindi nell’interesse economico dei produttori di tenere stabili le emissioni nell’aria per non incombere in sanzioni che causerebbero costi superiori.

Trasferire quest’interesse privato in un interesse collettivo dovrebbe essere oggetto d’analisi delle istituzioni per l’attuazione di norme che permettano alle aziende di affacciarsi al mondo green e ai cittadini e alle generazioni future di garantire il benessere sociale e ambientale.

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