Ambiente

I Fridays For Future marciano contro Eni

Insieme al movimento di Greta Thunberg anche Extinction Rebellion e altre associazioni green: davanti alla sede Ocse di Roma, hanno criticato l’oil company nella speranza di aprire un dialogo sul climate change
Manifestazione ambientalista del 12 maggio 2021 vicino al cantiere del VI Palazzo Uffici Eni, San Donato Milanese
Manifestazione ambientalista del 12 maggio 2021 vicino al cantiere del VI Palazzo Uffici Eni, San Donato Milanese Credit: Ansa/Andrea Canali
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15 febbraio 2022 Aggiornato alle 11:00

Il mondo degli attivisti verdi punta il dito contro l’inadeguatezza dei progetti di Eni nel contrastare l’emergenza climatica. Secondo diverse associazioni italiane ambientaliste e dei diritti: «Il piano dell’oil company è incompatibile con la lotta all’emergenza climatica».

Per questo motivo si sono riunite, insieme a rappresentanti del Fridays For Future, davanti al Punto di Contatto Nazionale dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), denunciando la multinazionale italiana che, nonostante gli annunci di politiche green, sta ancora “basando i suoi profitti sui combustibili fossili”.

Si tratta di un atto formale per tentare di aprire una mediazione con l’azienda: in sostanza una chiamata al dialogo attraverso l’OCSE, che avrà una trentina di giorni di tempo per decidere se proseguire. Questo incentiverà la possibilità che Eni e le associazioni ambientaliste si possano confrontare. Lo scopo dichiarato è ribadire che «il piano strategico Eni non prevede un sufficiente taglio delle emissioni nei prossimi anni», ma anche ribadire «la mancanza di una valutazione di impatto climatico delle attività d’impresa» e «l’assenza di informazioni trasparenti e adeguate e la mancata elaborazione di un piano di prevenzione e mitigazione dei rischi come invece previsto dalle Linee Guida dell’OCSE per le imprese multinazionali».

A portare avanti l’iniziativa sono le associazioni Rete Legalità per il clima, A Sud, Forum Ambientalista, Generazioni Future - Cooperativa di mutuo soccorso, Fridays for Future, Extinction Rebellion Milano, Per il clima fuori dal fossile, Emergenzaclimatica.it, Europa Verde, Greens/ALEa al Parlamento Europeo e Diritto Diretto.

Come spiega la portavoce di A Sud, Marica Di Pierri, «parliamo di greENIwashing perché il greenwashing sembra diventato per Eni un marchio di fabbrica. Per quanto si sforzi di raccontarsi come attenta all’ambiente, inclusa la recente l’operazione Plenitude che ha imperversato anche sul palco di Sanremo, la compagnia resta saldamente il primo emettitore italiano di gas serra ed è circa al 30° posto a livello globale.

Riconoscere le responsabilità delle imprese petrolifere è doveroso: sono i principali responsabili dell’emergenza climatica. A ciò va aggiunto che lo Stato italiano possiede oltre il 30% delle azioni di Eni: anziché permettere all’impresa di condizionare le politiche energetiche nazionali, dovrebbe orientarne il piano strategico verso un’ottica di abbandono delle estrazioni, che invece sono ancora in crescita, anno dopo anno».

Da Fridays for Future raccontano invece di sentire «la necessità di esprimere estrema preoccupazione per le strategie industriali che la multinazionale italiana intende attuare nei prossimi anni. È palese l’impossibilità del rispetto degli Accordi di Parigi con un piano che prevede un incremento del 4% annuo della quantità di petrolio e gas estratti. La trasparenza nei piani delle compagnie del fossile è uno strumento fondamentale per la giustizia climatica e sociale». Di fatto, quella avviata dai movimenti è una procedura di mediazione, prevista dalla stessa OCSE, una iniziativa che mira più che altro a aprire una discussione ampia e trasparente con l’azienda tesa «a individuare e mettere in atto le strategie e gli strumenti più idonei per abbattere le emissioni climalteranti. L’obiettivo è la piena tutela dei diritti umani minacciati dalle condotte dell’azienda» sostengono gli attivisti.

Nel caso Eni non aderisca alla procedura e la possibilità di dialogo salti, gli ambientalisti hanno dichiarato di non escludere di «spostarsi sul piano giudiziario».