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La Repubblica italiana ha compiuto 77 anni (e 1 giorno)

Il 2 giugno 1946, tutti gli italiani (e, per la prima volta, anche le italiane!) hanno preso una grandissima e bellissima decisione: hanno trasformato il Paese in una democrazia
Credit: Rocco Di Liso
Tempo di lettura 4 min lettura
3 giugno 2023 Aggiornato alle 09:00

C’è una vecchia foto in bianco e nero che tanti italiani e tante italiane conoscono. Sulla foto c’è una ragazza bellissima, felicissima, che sbuca con la sua testa dai folti capelli dalla prima pagina di un giornale, Il Corriere della Sera. Tra il nome del giornale e la faccia di questa ragazza allegra c’è un titolone che recita così: “È nata la Repubblica italiana”.

La ragazza della foto aveva 2 ottime ragioni di sfoggiare quel sorrisone. 4 giorni prima, il 2 giugno 1946, era potuta andare a votare per la prima volta (fino ad allora solo i maschi avevano il diritto di farlo). E poi, lei e la maggior parte dei cittadini e delle cittadine d’Italia aveva partecipato a un referendum, cioè un voto in cui si sceglie se tenere una cosa così com’è oppure cambiarla.

Il 2 giugno 1946, 77 anni + 1 giorno fa molto precisamente, gli italiani e le italiane hanno deciso che ne avevano fin sopra la testa di essere governati da un Re e preferivano una Repubblica. E così è stato: l’Italia è diventata una Repubblica.

Una Repubblica è quando il potere non passa di padre in figlio come coi Re e le Regine ma viene esercitato dal popolo, e cioè da tuttə noi, eleggendo chi ci rappresenta.

Da quel giorno, ogni 2 giugno si festeggia la Festa della Repubblica, il compleanno dell’ultima delle 1.000 vite del nostro Paese, quella più bella. Ogni anno (e ieri è andata proprio così) il Presidente della Repubblica depone una corona di alloro sulla tomba del Milite Ignoto, a Roma. Il Milite Ignoto è un soldato che nessuno sa chi è: è morto difendendo il nostro Paese ed è stato seppellito in una tomba monumentale.

Sai, non è difficile dimenticare la grandezza e la bellezza e l’importanza dei simboli e vedere solo le cose come sono. Allora perché dovremmo emozionarci per un signore coi capelli bianchi e gli occhi azzurri che depone un grosso cerchio fogliuto su una lastra di pietra bianca?

Perché quella pietra bianca, anche se protegge il corpo di un soldato solo, protegge con lo spirito tutti gli uomini e le donne che si sono battuti per gli altri. Donne e uomini come te e me, senza importanza, senza nome, che hanno costruito il nostro Paese lottando e resistendo. E quelle foglie d’alloro sono i milioni di grazie e gli abbracci stretti e le lacrime che non potremo mai dar loro davvero, ma che dobbiamo dar loro almeno in pensiero, almeno in ricordo. E ci pensa un signore solo, il signore coi capelli bianchi e gli occhi azzurri, che è il nostro Presidente della Repubblica, e lo fa a nome di tutti e di tutte noi.

Poi, nelle vie di Roma si tiene una grande parata militare (i carri armati non ci sono più, però, perché facevano traballare tutti i Fori Romani e rischiavano di far crollare colonne e rovine!). Il cielo di Roma è attraversato da 10 scie spavalde, verdi, bianche e rosse: sono le Scie Tricolori, gli acrobati dell’aviazione. I giardini del Quirinale, che è il posto dove vive il Presidente della Repubblica, sono aperti al pubblico e si riempiono della musica delle fanfare dei vari corpi militari.

L’Italia è stata tante cose: uno stivale fatto di staterelli e principati divisi e nemici, una monarchia, uno stato autoritario e poi una bellissima Repubblica unita, acciaccata da 20 anni faticosi ma piena di speranze. È questa speranza e questo slancio che abbiamo festeggiato ieri.

Quando ci sono le partite di calcio, quando un atleta vince una medaglia, ci ingagliardiamo a cantare l’inno nazionale scritto da Goffredo Mameli nel 1947, 1 anno dopo la nascita della Repubblica. Quando vinciamo qualcosa, cantiamo l’inno, ma di quell’inno noi conosciamo solo la prima strofa. La terza strofa, però, dice: “Uniamoci, amiamoci, l’unione e l’amore”.

Unitə non vuol dire tuttə ugualə, fattə con lo stampino. Vuol dire gomito a gomito, solidalə, amorosə: è il modo più bello di festeggiare l’Italia ed è questa l’Italia di cui andar fierə.

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