Economia

Globalizzazione: 1 italiano su 3, aspetti negativi battono i positivi

Il 26%, invece, pensa il contrario mentre il 23% considera la questione un pareggio. I dati della ricerca Ipsos (presieduta da Nando Pagnoncelli) in occasione del Festival Internazionale dell’Economia
Nando Pagnoncelli, amministratore delegato di Ipsos
Nando Pagnoncelli, amministratore delegato di Ipsos Credit: ANSA/ETTORE FERRARI
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1 giugno 2023 Aggiornato alle 17:00

«La globalizzazione è come la pioggia e come il vento, non si può fermare, non si può domare, non si può imbrigliare», diceva Bill Clinton. Un fenomeno inarrestabile che la politica ha per anni assecondato ottenendo, al tempo stesso, innumerevoli vantaggi e svantaggi.

È proprio attorno a questo tema che si sviluppa Ripensare la globalizzazione, il Festival Internazionale dell’Economia che si terrà dal 1 al 4 giugno a Torino.

Un fenomeno che, nonostante pandemie e guerre, sembra non accennare ad arrestarsi ma che, forse, deve essere analizzato in una nuova ottica. L’obiettivo è, infatti, creare uno spazio di confronto tra economisti e scienziati sociali per interrogarsi riguardo come agire, con quali tempistiche e identificare il ruolo delle istituzioni in questo cambiamento.

La globalizzazione ha indubbiamente giovato al progresso tecnologico abbattendo le distanze: in pochi anni, persone e affetti lontani si sono avvicinati, così come informazioni precedentemente inaccessibili alle masse sono oggi divenute a portata di un semplice click. Eppure ci domandiamo: è sufficiente tutto ciò per parlare di successo?

Secondo una larga fetta di italiani la risposta è no. La nuova ricerca sviluppata da Nando Pagnoncelli, presidente Ipsos, in occasione del Festival Internazionale dell’Economia, evidenzia come oltre 1 intervistato su 3 ritenga che gli aspetti negativi della globalizzazione abbiano avuto in Italia un impatto di gran lunga maggiore rispetto ai benefici, mentre il 26% presenta una posizione completamente opposta e il 23% identifica un pareggio tra le 2 variabili. Diversa è invece la percezione nei confronti dei Paesi dalle economie più avanzate: in questo caso, è il 42% degli intervistati (contro il 20%) a ritenere che ci siano stati più vantaggi che non con la nascita di questo fenomeno.

Il mondo del lavoro è uno dei campi nei quali gli effetti della globalizzazione vengono percepiti con maggior significatività: solamente il 27% ritiene che il fenomeno abbia implementato le proprie opportunità lavorative, mentre quasi il 40% non ha rilevato alcun vantaggio. Infatti, come evidenzia anche l’economista Tito Boeri, uno dei principali risultati della globalizzazione è un incremento della concorrenza nel mercato del lavoro e, conseguentemente, una maggior difficoltà ad accedere alle offerte e a mantenere il proprio posto di lavoro.

Tra le preoccupazioni degli italiani c’è anche quella di registrare una perdita di valore dei prodotti tipici nonché del ruolo delle usanze e tradizioni nostrane a favore di una cultura comune che finisca per annullare le singole identità.

I Governi e le scelte politiche si sono fino a oggi approcciate all’argomento proprio come se si trattasse di una forza della natura inarrestabile. Ma siamo sicuri sia così? Forse no. Tornare indietro adesso è difficile, se non impossibile, dichiara Boeri, ma su scala sovranazionale possiamo ancora fare delle scelte per cambiare il nostro futuro.

Il percorso dunque è ancora da tracciare e l’Europa può acquisire in questo spazio un ruolo centrale. Tuttavia, è necessario imparare a valorizzare le opportunità offerte dalla globalizzazione ponendo invece un freno ai rischi connessi. Forse il trucco è quello di scoprire come rallentare: in un mondo che continua a correre sempre più velocemente dovremmo, quindi, trovare il modo di camminare.

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