Diritti

Chi furono le donne che fecero la Costituzione?

Da Nilde Iotti a Teresa Noce, da Bianca Bianchi a Teresa Mattei: 21 deputate, su 556 membri totali dell’Assemblea Costituente, vennero elette dalle italiane e dagli italiani convocati alle urne, il 2 giugno 1946, per scegliere tra Repubblica e Monarchia
Nilde Iotti
Nilde Iotti Credit: Cordon Press
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 7 min lettura
2 giugno 2023 Aggiornato alle 09:00

Il 2 giugno 1946 le cittadine e i cittadini italiani furono chiamati al voto. Fu la prima volta dopo il ventennio del fascismo e a seguito dell’occupazione nazifascista. In quell’occasione scelsero la forma istituzionale che avrebbe dovuto assumere lo Stato da lì in avanti. Vinse la Repubblica. E quel voto popolare, le prime elezioni politiche a cui parteciparono le donne, condusse all’elezione di un’Assemblea costituente incaricata di redigere la nuova Costituzione dello Stato.

I risultati delle votazioni per l’Assemblea costituente furono molto netti: i partiti che si erano espressi a favore della scelta repubblicana ottennero poco più dell’80% dei voti: la Democrazia Cristiana ottenne la maggioranza relativa del 35% dei seggi, seguita da socialisti e comunisti. Su 556 parlamentari eletti, furono 21 le cosiddette “madri costituenti”, ovvero le donne che contribuirono alla stesura della nostra Costituzione.

Nove erano esponenti del Partito Comunista Italiano, altrettante erano democristiane, 2 socialiste, e una faceva parte del Fronte liberale democratico dell’Uomo qualunque.

I loro nomi sono: Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Maria De Unterrichter Jervolino, Filomena Delli Castelli, Maria Federici, Nadia Gallico Spano, Angela Gotelli, Angela Maria Guidi Cingolani, Nilde Iotti, Teresa Mattei, Tina Merlin, Angiola Minella, Rita Montagnana, Maria Nicotra, Teresa Noce, Ottavia Penna Buscemi, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, Vittoria Titomanlio.

Cinque di loro - Maria Federici, Angela Gotelli, Tina Merlin, Teresa Noce e Nilde Iotti - entrarono nella Commissione dei 75, che riuniva i rappresentanti dei diversi partiti eletti con l’incarico di elaborare la Carta inglobando i principi di libertà e uguaglianza che avevano ispirato e guidato la Resistenza.

La maggior parte delle 21 elette lavorava, prevalentemente nel mondo della scuola, e in 14 erano laureate. Provenivano da varie località italiane, alcune erano nate alla fine dell’800, altre durante il fascismo. “L’ingresso di queste 21 donne nello scenario politico nazionale fece sì che le istanze del mondo femminile, fino a quel momento delegate agli uomini, potessero essere portate avanti in prima persona da chi fino a poco prima era senza voce. - ha spiegato il Governo in occasione del 70° anniversario della Repubblica italiana, nel 2016 - Quelle 21 donne rappresentavano tutte quelle staffette e partigiane che al momento del voto non avevano compiuto la maggiore età ma anche tutte le donne che ora si sentivano sempre più paritarie agli uomini”.

Le prime parlamentari della storia italiana sedettero nei banchi della politica quando l’Assemblea Costituente si riunì per la prima volta, il 25 giugno 1946.

Un documento realizzato dalla Biblioteca del Senato, intitolato Le donne della Costituente, raccoglie gli articoli che, nel 1946, le raccontarono ai propri lettori e lettrici: “Alcune divennero grandi personaggi, altre rimasero a lungo nelle aule parlamentari, altre ancora, in seguito, tornarono alle loro occupazioni”.

Nilde Iotti, insegnante, dirigente comunista, dal 1979 al 1992 divenne la prima donna a ricoprire la carica di presidente della Camera dei deputati. Sin dalla Resistenza, si fece protagonista delle battaglie in difesa delle donne: fu la prima firmataria di una proposta di legge per istituire una pensione e un’assicurazione per le casalinghe, promosse il referendum sul divorzio e, successivamente, la legge sul diritto di famiglia.

Teresa Mattei, tra le 21, era “la più giovane deputatessa”: 25 anni, originaria di Genova, “ha studiato a Milano, e a Firenze si è laureata in filosofia, durante la lotta clandestina”. A lei si deve l’articolo 3 della Costituzione, garante della dignità e dell’uguaglianza di tutti i cittadini.

La Fondazione di cultura e politica delle donne dedicata a (e che prende il nome di) Nilde Iotti racconta che Mattei ottenne che venisse aggiunta questa parte: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

Ottavia Penna Buscemi era l’unica deputata del Gruppo Parlamentare de L’Uomo Qualunque. Averla scelta, spiegavano sull’omonimo giornale, “costituisce per noi condanna di un mondo politico incancrenito, un omaggio alla donna italiana”.

Angiola Minella era torinese di nascita, classe 1920, “laureata, sposata, insegnante, membro del Consiglio Nazionale dell’U.D.I. (Unione donne in Italia, ndr) consigliere comunale di Savona, deputato comunista all’Assemblea Costituente, candidata di Savona nella lista del Fronte Democratico per la Camera dei Deputati”.

Teresa Noce, anche lei torinese d’origine, fu tra le fondatrici del Partito comunista italiano. L’Anpi racconta così la sua giovinezza. “Di famiglia poverissima, per lavorare aveva dovuto lasciare la scuola, prima ancora di aver conseguito la licenza elementare. Autodidatta, aveva 17 anni quando era stata assunta alla Fiat Brevetti come tornitrice e ne aveva 20 quando aveva fondato, con altri ragazzi, il Circolo giovanile socialista torinese di Porta Palazzo”.

Tina Merlin era una giornalista: “negli anni ’60 la sua penna - racconta l’Enciclopedia delle Donne, - si lega indissolubilmente alla tragedia del Vajont. Per i suoi articoli di denuncia della situazione pericolosa connessa all’avanzare dei lavori di costruzione della diga già nel 1959 viene processata e poi assolta dal Tribunale di Milano per «diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico». La firma giornalistica di Tina Merlin fa il giro del mondo”.

Bianca Bianchi, ha raccontato a Vanity Fair la giornalista Angela Iantosca, autrice del libro “Ventuno. Le donne che fecero la Costituzione”, era un’insegnate e “quando fu eletta il 2 giugno del 1946 ottenne il doppio dei voti di Sandro Pertini, eppure non fu nominata capolista e i suoi compagni le fecero firmare una lettera di dimissioni che avrebbero usato in Aula se si fosse mossa in modo troppo indipendente”. I giornali dell’epoca si soffermavano “sul suo abbigliamento e i suoi capelli biondi”, tanto da darle un soprannome: “la Biondissima”.

Maria Federici, aquilana, era laureata in Lettere, insegnò italiano e storia nelle scuole medie superiori e svolse attività giornalistica.

Adele Bei, fu una sindacalista e parlamentare comunista. Divenne senatrice di diritto nella prima legislatura repubblicana e fu poi stata deputata comunista dal 1953 al 1963, si occupò di lavoro, previdenza sociale, commercio, finanze e tesoro e difesa.

Laura Bianchini, laureata in filosofia, divenne insegnante e, durante l’occupazione nazifascista, entrò nella Resistenza. Si dedicò al coordinamento della stampa clandestina delle formazioni antifasciste cattoliche, alla composizione e alla diffusione del foglio Il Ribelle.

Anche Elisabetta Conci si laureò in filosofia e insegnò a Trento, dove era nata. Contribuì alla costruzione della Democrazia Cristiana.

Maria De Unterrichter Jervolino era trentina, presidente centrale della Federazione universitaria cattolica italiana e personaggio di primo piano della classe dirigente femminile cattolica. Sua figlia, Rosa Russo Iervolino, è stata la prima donna a ricoprire l’incarico di ministra dell’Interno e di sindaca di Napoli.

Poi ci sono Filomena Delli Castelli e Maria Federici, le uniche due donne abruzzesi dell’Assemblea Costituente.

Nadia Gallico Spano, nata in una famiglia borghese di emigrati in Tunisia, fu tra le fondatrici dell’Unione Donne Italiane.

Angela Gotelli, politica e partigiana, insegnava Lettere classiche a Trieste: non si sposò mai, si dedicò totalmente all’impegno cristiano, politico e sociale.

Angela Maria Guidi Cingolani, viene ricordata “per essere stata la prima donna italiana a prendere la parola in una assemblea politica istituzionale nel nostro Paese e a ricoprire un incarico ministeriale”, spiega l’Enciclopedia delle Donne. Divenne sottosegretaria all’Artigianato nel ministero dell’Industria e Commercio nel 1953.

Poi la torinese Rita Montagnana, che approdò a Montecitorio a quasi 50 anni, dopo anni di lotte politiche e sindacali, e fu tra coloro che fondarono il Partito Comunista d’Italia.

Maria Nicotra, siciliana, durante la guerra venne premiata per essere stata volontaria della Croce Rossa. Divenne dirigente dell’Azione Cattolica, e vice delegata del movimento femminile della Democrazia Cristiana.

Elettra Pollastrini, operaia e parlamentare comunista, fu tra i fondatori della Democrazia Cristiana in Sicilia. Si iscrisse al Pci e fu redattrice della rivista mensile Noi Donne, organo dell’Udi.

La giornalista Maria Maddalena Rossi, laureata in Chimica, fece parte della redazione de l’Unità quando ancora era clandestina e si batté per il superamento dell’articolo della legge prefascista che vietava l’accesso delle donne ai gradi più elevati della Magistratura.

Infine, Vittoria Titomanlio, insegnante di scuola elementare. Nell’Assemblea difese l’autonomia regionale quale espressione di democrazia e di libertà.

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