L’imprenditoria è il futuro delle donne ugandesi

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- Women entrepreneurship in Uganda: the story of a revolution born out of need
L’uguaglianza economica e l’equità del lavoro sono state recentemente protagoniste del movimento per l’emancipazione femminile. Gradualmente, i riflettori delle discussioni riguardo l’empowerment si sono spostati dalla promozione della creazione di spazi per le donne nel mondo sociale e politico all’elaborazione di nuovi modi con cui le ragazze possono rompere le barriere dell’economia e, più in particolare, dell’imprenditoria.
La narrazione di un’imprenditrice che si fa da sé è diventata uno stimolo importante per il movimento femminista, grazie anche alle diverse organizzazioni incentrate sulle donne che chiedono l’affrancamento finanziario di un numero sempre maggiore di figure femminili. Questo non significa che la rivoluzione si stia spegnendo, ma solo che stanno cambiando i fronti della battaglia.
Secondo l’indagine condotta da SBI General Insurance in India, l’indipendenza finanziaria si classifica tra le prime 3 priorità per le donne. A questo si aggiunge il fatto che la maggior parte di loro ritiene che il costo della vita sia l’unico ostacolo che si frappone tra loro e l’indipendenza economico-finanziaria.
Il concetto di indipendenza finanziaria può avere un diverso significato per ciascuna donna. Per coloro che lavorano, in genere, viene intesa come la possibilità di gestire i propri guadagni e di essere sostenute da essi, mentre per le casalinghe a tempo pieno si tratta di un concetto più basilare come l’indipendenza monetaria e la possibilità di fruire del denaro quando se ne ha bisogno.
Non è infatti una novità che la maggior parte dei casi di violenza domestica nelle aree rurali dell’Africa subsahariana si verifichino quando tra l’uomo e la donna sussiste un rapporto di dipendenza economica. Le statistiche di Money Geek, sito web di finanza personale, rivelano che al 70% delle vittime di violenza domestica è stato vietato di lavorare da coloro che abusano.
Per questo motivo, la maggior parte delle organizzazioni che aiutano le vittime di violenza di genere hanno mutato il proprio approccio, includendo nei loro programmi l’alfabetizzazione finanziaria e l’accrescimento delle competenze imprenditoriali delle donne. La Casa Autonoma di Zagabria è una delle organizzazioni che sta svolgendo un lavoro encomiabile a sostegno delle donne sopravvissute alla violenza dei loro partner. L’organizzazione ha stretto una partnership con diverse altre associazioni in Europa per triplicare l’impatto del suo operato.
Le organizzazioni della società civile non sono le uniche protagoniste di questi sforzi. In Uganda il Governo ha lanciato l’Uganda Women Entrepreneurship Programme (Uwep) per sostenere non solo le sopravvissute alle violenze di genere ma le donne in generale. L’Uwep è un’iniziativa nata nel 2015 con l’obiettivo di migliorare l’accesso ai servizi finanziari per le donne al fine di consentire loro di acquisire competenze imprenditoriali.
Il progetto è stato avviato da 19 Governi distrettuali a opera del Ministero dell’Uguaglianza di Genere, del Lavoro e dello Sviluppo Sociale. È stato inoltre istituito il Fondo per le imprese femminili, che rappresenta il 70% del budget dell’iniziativa. Questi fondi sono destinati alle donne che intendono intraprendere un’attività imprenditoriale come capitale di avviamento, ma anche a quelle già in attività che desiderano espandersi.
La letteratura della Banca Mondiale ha rivelato, tra l’altro, che in Uganda le donne possiedono 1 impresa su 3. Inoltre, l’Uganda si è classificata come uno dei 7 Paesi al mondo che hanno raggiunto la parità di genere in termini di donne incoraggiate a intraprendere attività imprenditoriali.
A ben vedere, tuttavia, in precedenza le donne ugandesi erano solite operare in settori più piccoli e meno redditizi rispetto agli uomini. La partecipazione femminile alla forza lavoro, che pur era elevata rispetto agli altri Paesi subsahariani, era in costatante calo; inoltre l’incombere della pandemia non faceva che peggiorare la situazione.
Le Organizzazioni della Società Civile (Osc) ugandese hanno compiuto sforzi collettivi per sostenere la priorità dell’emancipazione economica delle donne, da intendersi come parte della strategia di ripresa nazionale. In una conferenza stampa tenutasi il 15 gennaio di quest’anno, le Osc (sotto il loro organismo ombrello) e il Civil Society Budget Advocacy Group (Csbag) hanno esortato il Governo a redigere un bilancio che fosse sensibile al potenziale delle donne. Hanno posto l’accento sul miglioramento dell’integrazione delle tecnologie informatiche nella gestione aziendale e sulle politiche specifiche di genere, evidenziando i punti chiave che la macchina di pianificazione dello Stato deve prendere in considerazione durante l’allocazione di quest’anno.
Sono state sollevate preoccupazioni anche per altri settori che dovrebbero favorire l’imprenditoria femminile, ritenuti inadeguati. Il Modello di Sviluppo Parrocchiale (Parish Development Model - Pdm) è stato criticato ultimamente per la sua insufficienza a raggiungere l’obiettivo di innescare lo sviluppo di base.
Il Pdm è un’iniziativa guidata dal Governo ugandese che punta a migliorare i mezzi di sostentamento degli ugandesi a livello parrocchiale. Questa iniziativa è stata lanciata nel 2021 e dovrebbe essere portata a compimento nell’arco di 5 anni. La maggior parte delle critiche nei confronti del Pdm sono state attribuite principalmente all’inadeguatezza delle campagne di sensibilizzazione e delle formazioni finanziarie per i beneficiari del fondo, con il rischio di sprecare tutto ciò che è stato fatto fino a questo momento.
Women entrepreneurship in Uganda: the story of a revolution born out of need
Is entrepreneurship the future for Ugandan women? Economic equality and job equity have recently headlined the movement for women’s emancipation. Gradually, the spotlight of empowerment conversations has shifted from enabling and creating space for women in the social and political worlds to devising ways women can break barriers in the economy and, more particularly, entrepreneurship.
The narrative of a female self-made entrepreneur has become a major incentive for the feminist movement, with several women-centered organizations calling for the financial enfranchisement of more women. This does not mean the revolution is dying out; it is a mere change of battlefronts.
According to a survey by SBI General Insurance in India, financial independence has ranked among the top 3 priorities for women. This was coupled with the fact that most of them felt the cost of living was the only thing standing between them and their financial freedom.
Financial freedom may mean different things for different people. For the women who work out of the house, it generally includes having agencies regarding their earnings and being sustained by them while, for full-time housewives, it goes to basic things, such as having monetary independence and being able to use it when they need to.
The fact that most of the domestic violence cases within the rural areas of Sub-Saharan Africa arise from financial dependence of women is not news. Statistics from the Money Geek, a personal finance website, reveal that 70% of domestic violence victims were forbidden to work by their abusers.
As such, most organizations that help Gender Based Violence victims have modified their approach, in order to include equipping women with financial literacy and business skills. The Autonomous House of Zagreb is one of the organizations doing commendable work with supporting women who have survived violence from their intimate partners. The organization has partnered with several other organizations in Europe in order to triple down the impact.
Civil Society Organizations are not the only player in such efforts. In Uganda, the Government has launched the Uganda Women Entrepreneurship Programme (Uwep) to not only support survivors but women in general. Uwep is an initiative established in 2015 with the aim of improving access to financial services for women and equipping them with entrepreneurial skills.
The initiative started in nineteen district local governments under the Ministry of Gender, Labour and Social Development. It also created the Women Enterprise Fund which accounts for 70% of the initiative’s budget. These funds will be availed to women that intend to venture into business as seed capital but also to those women already in business who wish to expand.
Literature from the World Bank revealed, among other things, that women in Uganda own 1 of every 3 businesses. Additionally, Uganda also ranked as one of only 7 Countries in the world that has achieved gender parity in terms of women driven to pursue entrepreneurial activities.
At a closer look, however, women tended to operate in smaller and less profitable sectors than men. The female labour force participation, which was also high compared to other sub-Saharan countries, was falling steadily and the eventuality of the pandemic only made it worse.
Civil Society Organizations (Csos) in Uganda have continuously made collective efforts to advocate for the prioritization of women’s economic empowerment as part of the National Recovery Strategy. At a press conference on January 15th this year, Csos under their umbrella body, the Civil Society Budget Advocacy Group (Csbag) urged the Government to draw up a budget that was responsive to the potential of women. They put emphasis on the improvement of IT integration in business management and gender-specific policies as key focus points that the planning machinery of the State needed to consider during the 2023/24 budget allocation.
Concerns have also been drawn to other areas that stand to benefit women entrepreneurship as inadequate. The Parish Development Model (Pdm), has come under criticism lately for its insufficiency to attain its goal of triggering grass root development. The Pdm is a Government-led initiative in Uganda that aims to improve the livelihoods of Ugandans at the parish level. This initiative was launched in 2021 and is expected to be implemented over a period of 5 years. Most of the criticism towards the Pdm has been majorly attributed to the inadequacy of awareness campaigns and financial trainings to the beneficiaries of the fund, thus running the risk of losing it all to waste.