Diritti

Il 10% della popolazione mondiale soffre di malnutrizione

Secondo la Fao, 828 milioni di persone sono denutrite: 46 milioni in più rispetto al 2021. La stragrande maggioranza (99%) vive in Paesi a basso e medio reddito, mentre il 60% è composto da donne
Credit: random institute
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
29 maggio 2023 Aggiornato alle 21:00

Le persone denutrite nel mondo sono 828 milioni: il 99% vive in Paesi a basso e medio reddito, il 60% è composto da donne e ragazze. Lo dicono i dati diffusi dalla Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, che ha lanciato un allarme: l’insicurezza alimentare acuta è destinata ad aumentare sia in grandezza che in gravità in 18 “punti caldi”, che comprendono ben 22 Paesi.

Si tratta di Afghanistan, Nigeria, Somalia, Sud Sudan, Yemen, che rimangono anche quest’anno al massimo livello di allerta. Ma anche di Haiti, della regione del Sahel (che comprende Burkina Faso e Mali) e del Sudan, che richiedono l’intervento più immediato perché le loro popolazioni stanno affrontando la fame (o si prevede che lo faranno). In questi Paesi lo spostamento per le persone e la circolazione delle merci sono severamente limitate, mentre in Sudan la situazione è stata aggravata dallo scoppio del conflitto che sta portando il Paese sull’orlo di una guerra civile.

Il nuovo rapporto dell’Onu Hunger Hotspots – FAO-WFP early warnings on acute food insecurity pubblicato dalla Fao e dal Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite a un giorno dalla Giornata mondiale della fame, che si è celebrata il 28 maggio, mette in luce il pericolo di una ricaduta della crisi sudanese, che aumenta il rischio di impatti negativi sui Paesi vicini, e mostra come l’aggravarsi degli shock economici continui ad affondare le Nazioni a basso e medio reddito: conflitti, eventi climatici estremi e crisi economiche portano sempre più comunità in crisi. Le 2 realtà chiedono un’urgente azione umanitaria per salvare vite e mezzi di sussistenza e prevenire la fame e la morte nei cosiddetti punti caldi in cui la situazione potrebbe aggravarsi da giugno a novembre 2023.

«I percorsi business-as-usual non sono più un’opzione nel panorama dei rischi odierno se vogliamo raggiungere la sicurezza alimentare globale per tutti, assicurandoci che nessuno sia lasciato indietro», ha spiegato QU Dongyu, Direttore Generale della Fao. Come intervenire allora? «Dobbiamo fornire interventi agricoli immediati e urgenti per sottrarre le persone all’orlo della fame, aiutarle a ricostruire le loro vite e fornire soluzioni a lungo termine per affrontare le cause profonde dell’insicurezza alimentare. Investire nella riduzione del rischio di disastri nel settore agricolo può sbloccare significativi dividendi di resilienza e deve essere aumentato».

L’appello delle Nazioni Unite è chiaro: se non si interviene ora, i risultati saranno catastrofici. Lo rivelava già l’ultimo report dedicato allo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo, che mostrava come la maggior parte della popolazione mondiale denutrita viva in Asia, dove circa 425 milioni di persone hanno sofferto la fame nel 2021. Ma è in Africa che prevale la fame più acuta, con 278 milioni di persone colpite. Dopo un decennio di consistente diminuzione, la fame nel mondo aveva registrato una tendenza al rialzo: tra il 2019 e il 2021 erano aumentate di oltre 150 milioni le persone denutrite. Oggi, rispetto a 2 anni fa, sono 46 milioni in più.

Il gender gap non abbandona neanche il settore dell’insicurezza alimentare: il divario di genere, già cresciuto nel 2020 durante la pandemia di Covid-19, si è ampliato ulteriormente nel 2021, in gran parte per le crescenti differenze in America Latina e nei Caraibi, oltre che in Asia. 2 anni fa il divario aveva raggiunto quota 4,3%, con il 31,9% delle donne nel mondo che soffriva di insicurezza alimentare moderata o grave rispetto al 27,6% degli uomini.

Il nuovo rapporto sul rischio dei prossimi 6 mesi avverte che anche la Repubblica Centrafricana, la Repubblica Democratica del Congo, l’Etiopia, il Kenya, il Pakistan e la Siria sono focolai di forte preoccupazione, e l’allerta è estesa anche al Myanmar. Il Libano è stato aggiunto all’elenco degli hotspot, unendosi al Malawi e all’America centrale (El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua). L’azione umanitaria, spiega il rapporto, “sarà fondamentale per prevenire la fame e la morte, in particolare nei punti di massima allerta”.

Ma gli aiuti saranno limitati dall’insicurezza, dalle barriere burocratiche e dalle restrizioni di movimento: una sfida importante per i soccorritori umanitari in tutto il mondo.

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