Rinnovabili: bisogna raddoppiare il numero di infrastrutture

In Italia è in atto un percorso positivo che porterà al raggiungimento di obiettivi di riduzione delle emissioni e di efficienza energetica entro il 2030; per far ciò, però, bisogna raddoppiare il numero di infrastrutture per le energie rinnovabili rispetto a quanto fatto nell’ultimo decennio. I dati che emergono dall’Energy Summit di EY, network mondiale di servizi di consulenza, evidenziano come una transizione verso le rinnovabili sia la strategia vincente per uno sviluppo economico e sociale sostenibile, al fine di porre un freno al fenomeno del global warming.
L’attuazione di un “reset” rappresenta un elemento di rottura, una discontinuità rispetto al modo di produrre energia, ma anche un’opportunità per le imprese; infatti, a essere coinvolte dall’allargamento degli orizzonti energetici non saranno solo le aziende produttrici, ma ne gioveranno anche altre aree economiche connesse, come la finanza (con una riconfigurazione degli investimenti su nuove tecnologie), la fornitura di tecnologia e il mondo della ricerca pubblica e privata. Tutto ciò senza dimenticare che la formazione lavorativa riguardo l’utilizzo di nuove tecnologie aiuterà a creare nuove professioni e a colmare il gap occupazionale.
La necessità di una rapida transizione è dettata da vari fattori ed è fondamentale impostare la comprensione di questo sviluppo su questioni economiche e geopolitiche.
La guerra in Ucraina e la conseguente interruzione delle forniture di gas dalla Russia rappresenta uno strumento di riflessione per intuire l’importanza e l’opportunità che le energie rinnovabili costituiscono per allentare le catene di approvvigionamento da parte di Paesi terzi per le forniture di combustibili fossili. In questo senso, basti pensare che l’Italia dipendeva per il 40% dalla Russia.
Un altro dato fondamentale riguarda la volatilità e fluttuazione dei prezzi delle materie prime; a esempio, il mercato dei Carbon credit, ovvero delle quote relative al tetto massimo di emissioni che ogni operatore può produrre, è aumentato di 10 volte rispetto al 2012, quando il prezzo per acquistare una quota di Co2 (equivalente a una tonnellata) corrispondeva a circa 9 euro.
Questi sono solo alcuni motivi per cui il coordinamento di politiche strategiche ed economicamente sostenibili, volte all’individuazione di alternative energetiche e di relativi investimenti, porterà a un ridimensionamento degli equilibri e a una maggiore indipendenza economica.
Un esempio concreto utilizzato durante il Summit riguarda il settore delle automotive a seguito dell’approvazione, da parte del Parlamento europeo, dello stop alla produzione di nuove auto a benzina e a diesel a partire dal 2035. La transizione verso i veicoli elettrici avrà un notevole impatto sul consumo di energia elettrica. Infatti, secondo i dati di EY, richiederà circa 50 TWh/anno, pari al 15-20% della domanda di energia elettrica in Italia.
Il percorso verso la decarbonizzazione è seguito parallelamente dall’innovazione tecnologica, la quale viene incentivata anche tramite atti normativi, al fine di promuovere l’adozione di modelli operativi e produttivi sempre più efficienti. «Nei prossimi 10 anni le interconnessioni nelle reti elettriche europee dovranno triplicare, le pompe di calore installate nel mondo dovranno quadruplicare e la capacità mondiale installata di fonti rinnovabili aumentare di 8 volte – ha spiegato Sergio Nicolini, Emeia Energy sector leader di EY – questi numeri ci danno l’idea della magnitudine esponenziale del cambiamento che stiamo affrontando».
EY sottolinea come la presenza di un mercato incerto metta alla prova la fiducia dei consumatori; al fine di fidelizzare la propria domanda, le imprese devono puntare sulla valorizzazione del loro purpose, sulle proprie modalità di produzione e sulla creazione di una solida presenza di principi riconoscibili. I dati mostrano come 8 persone su 10 trovino importante l’esistenza di uno scopo che caratterizzi il brand, ma che solo il 50% riesca effettivamente a tener fede dell’impegno concreto; tra tutti i settori, in quello della produzione di energia i consumatori richiedono un impegno ambientale adeguato ai tempi che corrono, ma spesso non riconoscono ai brand la capacità reale di rispettare gli obiettivi prefissati.
Costruire e mantenere la fiducia dei consumatori è un fattore fondamentale per la realizzazione del processo di transizione energetica: ad analizzarlo è l’Energy Consumer Confidence Index, studio condotto su 36.000 consumatori in 18 mercati. La graduatoria vede la Cina primeggiare con un punteggio di 77,6 su 100, grazie agli ingenti investimenti in infrastrutture energetiche rinnovabile; l’Italia, con il punteggio di 61,2, si posiziona sotto la media globale corrispondente a 62,7; chiude la classifica il Giappone (51,2) a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia e la deregolamentazione del mercato che impattano sulla fiducia dei consumatori.