Culture

The Butterfly Affect vola fino a Torino

La mostra, promossa da Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, racconta attraverso le opere di 11 artisti internazionali il delicato rapporto che esiste tra azioni umane ed ecosistema
Credit: Foragers, Jumana Manna
Tempo di lettura 4 min lettura
28 maggio 2023 Aggiornato alle 17:00

“Può il battito delle ali di una farfalla in Brasile scatenare un tornado in Texas?” si chiedeva nel 1972 il matematico e meteorologo Edward Norton Lorenz. La cosiddetta teoria del Butterfly Effect (effetto farfalla) poggia sull’idea che qualsiasi azione, anche se apparentemente insignificante, possa avere conseguenze, talvolta persino estreme, a distanza di tempo e in un altro luogo.

La mostra collettiva The Butterfly Affect (l’affetto farfalla, un curioso gioco di parole) negli spazi della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino si snoda in un percorso espositivo che vede protagoniste le opere di 11 artisti e artiste internazionali, dalla scultura all’installazione, dalla pittura al video.

A 50 anni dal principio enunciato da Lorenz, in un contesto che reca i segni inequivocabili delle nostre azioni, il Pianeta su cui viviamo, la mostra intende dar voce e spazio ad approcci artistici che incrociano le piccole-grandi responsabilità individuali e i processi collettivi di cura, piacere ed ecologia.

The Butterfly Affect presenta la sfera dell’affettività interspecie come veicolo con cui immaginare nuove modalità di coesistenza sociale e ambientale, allontanandosi dalle prescrizioni del dominio estrattivo. Artisti e artiste, attraverso le scienze naturali e la botanica, raccontano terreni di conflitto governati da dinamiche di sfruttamento e di oppressione.

Ci si interroga relativamente ai modi con cui lo spazio naturale è costruito fisicamente e disciplinato dal punto di vista normativo e come ne è regolamentato l’accesso. Dal sapere erboristico vengono esplorati i temi della vulnerabilità e della salute, facendo emergere i processi di medicalizzazione del corpo e di stigmatizzazione della malattia. L’affetto e le relazioni sono espanse in un’ottica transumana che sfuma i confini tra corpi sessuali e vegetali. Infine, la distruzione ecologica è letta in connessione al trauma inciso sui corpi delle differenti comunità, permettendo agli artisti di immaginare spazi per nuove pratiche di guarigione collettiva.

Jumana Manna si interroga riguardo l’impatto sociale ed economico delle leggi sulla protezione della natura del Governo israeliano sulla popolazione palestinese, mentre Lungiswa Gqunta decostruisce le eredità patriarcali e coloniali che regolano l’accesso e la proprietà della terra; Kapwani Kiwanga esamina gli squilibri di potere attraverso le regole del giardino all’inglese e delle tecnologie botaniche di epoca vittoriana; Ja’Tovia Gary si focalizza su un celebre giardino, quello di Claude Monet a Giverny, per riflettere riguardo le violente politiche della rappresentazione del corpo nero.

Sharona Franklin, poi, racconta l’attivismo disabile e bioetico, mentre Isaac Julien la storia di cura e rinascita di Prospect Cottage a Dungeness, celebre rifugio in cui si ritirò Derek Jarman dopo la diagnosi di positività al virus HIV; Rachel Youn dà vita a installazioni con piante artificiali e macchine per i massaggi, evocando uno scenario ironico e grottesco di cura, piacere e intimità.

Leggi anche
Giulia Usala, dal progetto “Autoritratto in natura morta”
Mostre
di Redazione 2 min lettura
L'architetto Stefano Boeri.
sostenibilità
di Caterina Tarquini 4 min lettura