Economia

Fecondità e natalità: cattive notizie all’orizzonte

Secondo i nuovi dati Istat, dal 2008 al 2021 il numero di bambini nati si è ridotto di oltre il 30%. Parallelamente, fra 20 anni le persone di età avanzata saranno 1,6 milione in più (+40%)
Credit: Federico Lancellotti
Tempo di lettura 4 min lettura
26 maggio 2023 Aggiornato alle 13:00

A suscitare preoccupazione sono i nuovi dati Istat relativi a fecondità e natalità.

Nel 2021 le nascite hanno superato di poco le 400.000 unità, dal 2008 al 2021 il numero di bambini nati si è ridotto di oltre il 30%, passando da 576.679 unità a 400.249.

Un dato significativo è l’influenza della pandemia Covid-19. Si è riscontrata una contrazione di nascite nel bimestre novembre-dicembre 2020 (-9,5%), contrazione andata avanti nei primi mesi del 2021; il calo più alto registrato è stato nel mese di gennaio (-13,2%).

I dati Istat portano alla luce il numero di persone di più di 80 anni presenti in Italia oggi e presenta proiezioni fino al 2050: 4 milioni nel 2023, 4,26 milioni nel 2028, 4,75 milioni nel 2033, 5,10 milioni nel 2038, 5,67 milioni nel 2043 e 6,84 milioni nel 2050.

Ciò sta a significare che fra 15 anni le persone di età avanzata saranno 1,1 milione in più (+18%), e 1,6 milioni in più fra 20 anni (+40%).

Si arriverà a un riduzione di un milione di persone in età lavorativa ogni 3 anni.

L’Italia nel tentativo di sopperire a ciò, ha dichiarato di voler aprire 264.000 nuovi posti fra scuole d’infanzia e asili nido grazie all’ausilio dei 3 miliardi di euro del Piano nazionale ripresa resilienza (Pnrr).

Questo per cercare di supportare le madri, liberandole dal carico dei lavori di cura non retribuita, che gravano ancora unicamente sulle loro spalle per il 75% del totale secondo International Labour Organization, affinché riescano a portare avanti la propria carriera lavorativa.

Non si tratterebbe solo di aumentare le lavoratrici attive in Italia, ma anche di lavorare per la sostenibilità economica e finanziaria del Paese.

L’Italia infatti si posiziona ultima in Europa nell’ambito dell’occupazione femminile. Dato che fa riflettere, perché se le donne lavorassero in proporzione alle medie europee, l’Italia avrebbe 2,2 milioni di lavoratrici attive in più.

Fino a oggi, un aumento lo abbiamo osservato, ma molto più basso di quello che dovrebbe essere per rientrare nella normalità.

E per normalità si intende che l’aumento dell’occupazione femminile potrebbe compensare il declino della popolazione attiva e creare i tassi di crescita necessari a sostenere il debito italiano.

La riserva di manodopera femminile non coinvolta nell’economia è di 8,9 milioni, introdurne almeno 2,2 milioni sarebbe già un drastico cambiamento.

Ma non dimentichiamo, oltre alla cura dei più piccoli, anche quella degli anziani.

I dati infatti dimostrano che a oggi le badanti e i badanti attivi in Italia sono 1,4 milioni, ma considerando che la quantità di anziani in Italia tenderà ad aumentare sempre più, si stima che nei prossimi 20 anni serviranno 400.000 badanti in più.

E chi ricoprirà queste mansioni?

Ad oggi, i dati dimostrano che i bisogni della popolazione non autosufficiente non sono coperti come dovrebbero.

Le residenze per anziani ricoprono solo il 9% del fabbisogno del Paese, e inoltre tenderanno a diminuire sempre più le persone in grado di prendersi cura dei propri parenti anziani, a causa dell’ aumento di coppie senza figli, con un solo figlio o famiglie con un solo genitore.

Nel 2050 si conta che un terzo della popolazione avrà più di 65 anni.

Il problema principale è che l’assistenza socio-sanitaria pubblica rimane attiva grazie alle tasse della forza lavoro.

Riducendosi quest’ultima, i costi sono di conseguenza troppo alti, dagli 80 ai 150 euro al giorno per le strutture convenzionate al supporto degli anziani non autosufficienti. Ciò comporta che mentre le famiglie più ricche saranno in grado di cavarsela, il resto degli anziani ricadrà sulle cure che potranno essere assicurate dalla propria famiglia. E in particolare, dalle donne.

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