Diritti

Honduras: le attiviste che aiutano le donne ad abortire

Nel Paese interrompere una gravidanza legalmente è impossibile, anche in caso di stupro: per questo motivo, sono nati gruppi di aiuto. Purtroppo, però, non sempre va tutto liscio
Credit: Somos Muchas
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
26 maggio 2023 Aggiornato alle 11:00

Pseudonimi, messaggi in codice, chat segrete, telefoni usa e getta, appuntamenti notturni. La strada che in Honduras deve percorrere chi decide di abortire è lunga e composta da 1.000 step. Ogni passo deve essere calcolato scrupolosamente perché compierne uno falso potrebbe costare molto caro. Nel Paese, infatti, l’interruzione volontaria di gravidanza è illegale ed è in vigore una delle leggi più severe al mondo, che la vieta in tutti i casi compreso lo stupro.

Mentre alcuni stati dell’America Latina come Argentina, Colombia e Messico stanno andando nella direzione opposta, ampliando i diritti all’aborto, in quelli più vicini all’Honduras come El Salvador e Nicaragua, ci sono leggi simili e questo esclude anche la possibilità, per chi potrebbero permetterselo, di oltrepassare il confine per abortire.

In risposta a questa privazione estrema della libertà di decidere del proprio corpo e della propria vita, sono nate reti di aiuto clandestino, che operano su tutto il territorio nazionale. Secondo il Guttmacher Institute, in Honduras si verificano ogni anno più di 50.000 aborti clandestini, nonostante le pene per chi li compia o aiuta a farlo possano arrivare fino a 6 anni di carcere. Si tratta però di dati ipotetici e probabilmente al ribasso visto che tutto avviene nell’ombra, come ha documentato Associated Press, intervistando attiviste e persone che si sono rivolte a loro per interrompere una gravidanza indesiderata.

Quando una donna honduregna decide di farlo deve chiamare un numero specifico, reperibile tramite il passaparola o il web, dove si può trovare sotto un nome in codice. Chi risponde cerca di capire, ponendo diverse domande, se la richiesta è reale e dall’altro capo non ci siano la polizia o gruppi di conservatori che tentano di rintracciare gli attivisti per poi denunciarli. Una volta verificata l’autenticità, le chiamate sono fatte rimbalzare da un numero all’altro in modo che sia più difficile rintracciarle. A volte anche le sim vengono cambiate ma alla fine si arriva a parlare con una persona coperta da uno pseudonimo che funge da guida, telefonica, lungo tutto il percorso abortivo.

Dopo ulteriori domande riguardo la salute e l’avanzamento della gravidanza, si passa al reperimento delle pillole abortive, che nelle comunicazioni tra le parti non vengono mai chiamate con i loro nomi: misoprostolo e mifepristone. Anche se il primo è venduto in Honduras su prescrizione medica perché usato per problemi gastrointestinali e aborti spontanei, solitamente le reti di aiuto li introducono entrambi di nascosto dal Messico, a volte comprandoli, altre tramite donazioni spontanee. A chi li richiede per abortire e non può permetterseli vengono dati gratuitamente, altrimenti il costo è di 50 o 60 dollari. Una volta che la donna ha in mano le pillole, la guida spiega come assumerle e consiglia di tenere il cellulare vicino per avvisarla in caso di emergenza.

Molto spesso le cose vanno lisce, ma non sempre. Come dimostrato da una serie infinita di report e statistiche, vietare l’aborto non lo elimina ma lo rende solo più pericoloso. La prova arriva anche dall’Honduras, dove non sono poche le donne che si rivolgono agli ospedali dopo aver assunto le pillole in modo sbagliato, averle inserite erroneamente nella vagina, o a seguito di aborti incompleti in gestazione avanzate. Eventi che oltre a essere allarmanti e a costare, a volte, la vita, testimoniano inequivocabilmente un tentativo di interruzione volontaria di gravidanza che i medici sarebbero obbligati per legge a denunciare alle autorità.

Capire quanti lo facciano e quanti no è complesso ma, anche se ufficialmente non ve ne è traccia, secondo il gruppo di attivisti Somos Muchas 6 donne sarebbero state condannate per aborto dal 2012 al 2018. Fortunatamente nessuna di loro è in carcere ma finire dietro le sbarre non è l’unica conseguenza alla quale si può andare incontro. Molte, infatti, denunciano l’impossibilità di lasciare il lasciare il Paese o di ricevere le autorizzazioni di idoneità al lavoro

Anche se la situazione non è mai stata particolarmente rosea in Honduras, il divieto totale di aborto risale al 1985. In precedenza era consentito in 3 casi: stupro, rischio di vita per la madre o non sopravvivenza del feto. Nel 2009, dopo il colpo di stato che ha destituito l’ex presidente Manuel Zelaya, marito della presidente di oggi Xiomara Castro, è stata bandita anche la pillola contraccettiva d’emergenza e nel 2021 è stato adottato un emendamento per aggiungere il divieto di aborto nella costituzione, blindandolo ulteriormente.

Castro è la prima donna presidente dell’Honduras e dopo 14 mesi al potere, l’8 marzo 2023 ha posto fine al divieto della pillola contraccettiva d’emergenza e si è impegnata a legalizzare nuovamente l’aborto nei 3 casi precedentemente consentiti. Purtroppo, però, la sua amministrazione non ha la maggioranza nella legislatura e sono in molti a credere che questa promessa difficilmente verrà mantenuta.

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