Ambiente

Crisi climatica: i danni economici ci costano 4.300 miliardi di dollari

Il nuovo rapporto del World Meteorological Organization racconta come gli eventi estremi in aumento stanno cambiando il mondo. Ma sistema di allerta precoce e adattamento permettono di salvare vite
Credit: Gianni Schicchi/Xinhua via ZUMA Press
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24 maggio 2023 Aggiornato alle 17:00

La buona notizia è che con un sistema di allerta precoce, in grado di avvisare la popolazione, molte vite si possono ancora salvare. La cattiva è quella che sappiamo: gli eventi estremi a causa della crisi del clima - come per il caso dell’Emilia Romagna - stanno aumentando e sono sempre più intensi, tali da creare danni e disastri soprattutto nei Paesi più fragili e vulnerabili.

La World Meteorological Organization - il Wmo che è sotto la bandiera Onu - in un nuovo rapporto sostiene che negli ultimi 50 anni gli eventi climatici e idrici estremi hanno causato nel mondo quasi 12.000 disastri, con oltre 2 milioni di vittime di cui il 90% nei Paesi in via sviluppo, arrivando a perdite economiche per oltre 4.300 miliardi di dollari.

Se da una parte i danni aumentano in maniera vertiginosa secondo il Wmo, basti pensare ai miliardi che serviranno per la ricostruzione in Romagna, dall’altra i sistemi di allerta che permettono di conoscere, gestire e coordinare le attività per adattarsi in caso di fenomeni estremi stanno migliorando e questo secondo l’Onu ha ridotto il tasso della perdita di vite umane nell’ultimo mezzo secolo.

Dunque l’obiettivo dichiarato delle Nazioni Unite è far sì che entro il 2027 tutti i Paesi siano dotati di sistemi di allarme. Le cifre raccontate dal Wmo sono contenute nell’Atlante della mortalità e delle perdite economiche dovute a condizioni meteorologiche, climatiche e idriche estreme, che prima andava dal 1970 al 2019 e oggi è stato aggiornato al 2021, dunque mancano oltretutto le statistiche su due anni, 2022 e 2023, già caratterizzati da eventi estremi che vanno dalla siccità sino alle inondazioni o le ondate di calore.

Il documento è stato presentato durante il Congresso meteorologico mondiale quadriennale in cui gli esperti di tutto il mondo hanno ribadito l’importanza dei sistemi di allerta “una misura di adattamento al clima comprovata ed efficace, che salva vite e fornisce un ritorno sull’investimento almeno dieci volte superiore”, ricordano specificando che oggi solo metà dei Paesi del globo è dotato di queste funzioni e che esiste, nelle zone insulari, ancora una copertura troppo bassa (soprattutto nei Caraibi, Africa e Asia).

In generale, il report sottolinea che i danni economici sono aumentati soprattutto a causa delle tempeste: spesso, fenomeni meteo di questo tipo, causano gravi disastri economici anche nei Paesi sviluppati, un esempio chiaro sono gli Stati Uniti che da soli hanno subito perdite per 1,7 trilioni di dollari, praticamente il 39% dei danni economici mondiali negli ultimi 51 anni analizzati.

Inoltre si stima che oltre il 60% delle perdite economiche sia dovuto all’acqua, proprio come accaduto di recente in Italia. Quando si verificano i disastri legati alla crisi del clima picchiano duro nei piccoli Stati insulari in via di sviluppo: qui il 20% dei disastri con perdite economiche dichiarate ha avuto un impatto equivalente a più del 5% dei rispettivi Pil.

Se la si guarda dal punto di vista dei territori in Europa ci sono stati 1.784 disastri che hanno causato 166.492 morti (8% dei decessi in tutto il mondo) e 562 miliardi di dollari di perdite economiche. Le cause sono soprattutto ondate di calore e inondazioni.

In Africa si stimano 1.839 disastri attribuiti che hanno causato 733.585 morti e 43 miliardi di dollari di perdite economiche. Qui il problema principale è la siccità che ha rappresentato il 95% dei decessi segnalati. Solo il ciclone tropicale Ida nel marzo 2019, che è stato l’evento più caro pagato dall’Africa, ha causato perdite per 2,1 miliardi di dollari.

Passando all’Asia qui sono stati segnalati 3.612 disastri con 984.263 morti e 1,4 trilioni di dollari di perdite economiche. In Asia si è verificato il 47% di tutti i decessi segnalati in tutto il mondo soprattutto legati agli impatti dei cicloni tropicali (come Nargis nel 2008 ha provocato 138.366 morti). A essere colpito duramente è stato in particolar modo il Bangladesh.

In Sudamerica si parla invece di 943 disastri di cui il 61% dovuto a inondazioni che hanno provocato 58.484 morti e 115,2 miliardi di dollari di perdite economiche. Infine in Nord America, America centrale e Caraibi si contano 2.107 disastri, 77.454 morti e perdite economiche per 2 trilioni di dollari, mentre nel Pacifico sud-occidentale sono stati segnalati 1.493 disastri con 66.951 morti e 185,8 miliardi di dollari di perdite economiche, spesso per via dei cicloni.

Come chiosa il segretario generale della Wmo, Petteri Taalas, «le comunità più vulnerabili purtroppo sopportano il peso maggiore dei rischi meteorologici, climatici e legati all’acqua. La tempesta ciclonica Mocha estremamente violenta ne è un esempio. Ha causato vaste devastazioni in Myanmar e Bangladesh, colpendo i più poveri tra i poveri. In passato, sia il Myanmar che il Bangladesh hanno subito decine e persino centinaia di migliaia di vittime. Grazie agli allarmi precoci e alla gestione dei disastri, questi tassi di mortalità catastrofici sono ora per fortuna storia passata. Gli allarmi precoci salvano vite».

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