Ambiente

Mar Mediterraneo: i cicloni saranno sempre più intensi

Attraverso la raccolta dati in loco, l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale ha stimato che gli eventi estremi nella regione saranno più forti e durevoli, a causa della crisi climatica
Credit: EPA/NASA       
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24 maggio 2023 Aggiornato alle 13:00

Da tempo la climatologia considera la regione del Mar Mediterraneo un “hotspot climatico”, ovvero un’area dove gli effetti della crisi climatica-ambientale sono più severi e evidenti. Per questo motivo numerosi enti scientifici stanno moltiplicando le ricerche relative alle condizioni climatiche della regione del Sud Europa-Nord Africa, studiando i fenomeni estremi e i rapidi cambiamenti in atto (come la tragica alluvione che è avvenuta recentemente in Emilia-Romagna).

Il ciclone che ha investito l’area romagnola è stato monitorato attentamente dalla strumentazione oceanografica dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs), che attraverso l’analisi dei dati ha rilevato un abbassamento significativo della temperatura delle acque superficiali nel Tirreno e nel Canale di Sicilia.

L’Ogs ha come obiettivo il monitoraggio degli oceani del mondo grazie alla cooperazione con l’infrastruttura internazionale Euro-Argo. Questi studi avvengono in tempo reale con i float, strumenti autonomi rilasciati nelle acqua marine che si fanno trasportare dalle correnti dove raccolgono parametri fisici e biogeochimici lungo tutta la colonna d’acqua.

«Raccogliere dati in-situ è fondamentale per conoscere meglio l’effetto dei cicloni e fornire informazioni in tempo reale ai modelli di previsione. Quando sappiamo che c’è una perturbazione in arrivo, aumentiamo la frequenza di campionamento dei nostri strumenti in acqua, chiamati Argo float, per avere più informazioni. Non è scontato riuscire a catturare l’evento, perché non è possibile avere certezze sulla traiettoria che seguirà il sistema atmosferico. In questo caso i nostri strumenti hanno catturato il passaggio della struttura ciclonica e hanno registrato il raffreddamento della parte superficiale della colonna d’acqua e il trasferimento di energia all’atmosfera durante l’evento. Nel week-end appena trascorso abbiamo continuato ad acquisire dati ad alta frequenza per seguire i sistemi ciclonici che hanno interessato Sicilia e Calabria» ha sottolineato la ricercatrice Milena Menna della Sezione di Oceanografia dell’Ogs.

Queste ricerche e analisi contribuiscono quotidianamente a un sistema integrato di osservazioni in-situ, dati satellitari e modelli operativi che aiutano a migliorare la conoscenza degli eventi estremi, garantendo così una misura di previsione e prevenzione. «Gli strumenti che Ogs usa per monitorare il mare montano in alcuni casi anche sensori in grado di misurare la pressione atmosferica, che è un parametro importante per ricostruire l’evoluzione dell’evento atmosferico e valutare eventualmente l’errore previsionale in un’ottica di miglioramento dei sistemi di previsione» ha dichiarato Marco Reale, ricercatore della Sezione di Oceanografia dell’Ogs.

A marzo, l’Ogs ha pubblicato uno studio sulla rivista Scientific Reports, dove viene analizzato per la prima volta l’evoluzione di un “medicane” (ciclone del Mediterraneo simile a quelli presenti nei tropici), denominato Apollo. Dai dati emerge l’impatto del ciclone sull’ambiente marino, dimostrando che le condizioni marine preesistenti possono guidare la risposta fisica e biogeochimica del mare al passaggio di eventi meteorologici estremi.

Secondo le più recenti simulazioni, la frequenza dei medicani diminuirà nel corso del tempo, ma saranno sempre più intensi e durevoli nel Mar Mediterraneo.

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