Ambiente

Emilia-Romagna: il profilo del disastro

Secondo Ispra, in caso di pericolosità media le aree potenzialmente allagabili sono il 45,6% della regione e la popolazione esposta supera il 60%. Colpa della morfologia dell’Italia, della cattiva antropizzazione e del clima
Credit: Oliver Weiken/dpa
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
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19 maggio 2023 Aggiornato alle 17:00

L’ondata di alluvioni che dall’inizio del mese si è abbattuta su diverse aree dell’Emilia-Romagna, in particolare le province di Forlì-Cesena, Ravenna e Bologna, causando 14 morti accertati finora, oltre 10.000 mila sfollati e danni per miliardi di euro, ha riacceso l’attenzione sulle conseguenze della crisi climatica, anche in ragione delle annose fragilità del territorio italiano.

Secondo il Rapporto 2021 sul dissesto idrogeologico in Italia elaborato dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), a essere a rischio per frane, alluvioni o erosione costiera è il 93,9% dei comuni della Penisola, e il 18,4% del territorio nazionale è classificato a maggiore pericolosità per frane e alluvioni. Rapportato alla popolazione, significa che 1,3 milioni di abitanti sono a rischio frane e 6,8 milioni a rischio alluvioni.

Se stringiamo il campo all’Emilia-Romagna, l’Ispra osserva come “l’11,6% del territorio regionale, in cui risiede poco meno del 10% della popolazione, ricade in aree potenzialmente allagabili secondo uno scenario di pericolosità elevata”, mentre in caso di pericolosità media “le aree potenzialmente allagabili raggiungono il 45,6% dell’intero territorio regionale e la popolazione esposta supera ampiamente il 60%”.

Le province con maggiori percentuali di territorio inondabile sono Ravenna e Ferrara, con percentuali che arrivano rispettivamente all’80% e “quasi al 100%” in caso di scenario di pericolosità media.

Nel caso di Ravenna, a essere esposta al rischio di alluvione in caso di pericolosità media è l’87% della popolazione, quota che scende al 64% per la provincia di Forlì-Cesena a fronte del 20,6% di aree allagabili, 56,1% per quella di Bologna (50% di aree allagabili) e 53,3% per quella di Modena (41,3% di aree allagabili).

Per quanto riguarda il rischio frane, il 14,6% del territorio della regione è classificato a pericolosità elevata (9,8%) e molto elevata (4,8%). Che si traduce in oltre 86.000 abitanti a rischio, 39.660 famiglie, 53.013 edifici, 6.768 imprese e 1.097 beni culturali.

A fare la differenza in termini di impatto, oltre i mancati interventi di prevenzione del rischio, sui quali il 18 maggio ha fatto il punto Legambiente formulando 5 richieste esplicite al governo italiano, è stata anche l’eccezionale quantità d’acqua che si è rovesciata sul territorio dell’Emilia-Romagna.

L’evento di pioggia che si è verificato dall’1 al 3 maggio, durato complessivamente 48 ore, è risultato “il più intenso rilevato sull’intero territorio regionale per due giorni consecutivi dal 1997 – nota l’Ispra – e il più intenso nella stagione primaverile dal 1961”, con accumuli di precipitazioni di oltre 200 mm.

Record superato dall’evento dal 15 al 17 maggio, quando si sono registrati picchi di 300 mm che stando ai dati diffusi dalla Protezione civile hanno causato l’esondazione di 21 fiumi, allagamenti diffusi in 37 comuni e oltre 250 frane di cui 120 particolarmente importanti in 48 comuni.

Per l’Ispra “le cause del dissesto vanno ricercate, in primo luogo, nelle condizioni fisiche del territorio italiano: geologicamente giovane e tettonicamente attivo, costituito per il 75% da colline e montagne”. Tuttavia alle cause naturali, precisa l’Istituto, “si aggiungono sempre più di frequente quelle antropiche legate a tagli stradali, scavi, costruzioni, perdite da acquedotti e reti fognarie”.

E poi c’è, sempre più prepotente, l’emergenza climatica.

“Gli impatti dei cambiamenti climatici sui fenomeni franosi, oltre all’incremento dei fenomeni di instabilità dei versanti legati alla degradazione del permafrost in alta quota – conclude l’Ispra – riguardano l’incremento della frequenza dei fenomeni franosi superficiali e delle colate di fango e detrito, legati a piogge (eventi pluviometrici) brevi e intense”.

Ora pensiamo a ripararci dalla pioggia. Poi, dove possibile, corriamo ai ripari.

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