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Farsi prossimo: cos’è il Servizio Civile Universale?

Benedetta ha «imparato che le esperienze gratuite sono le più autentiche». La sua è una delle testimonianze che Monica Malchiodi, Responsabile Servizio Volontariato e Civile alla Fondazione Don Gnocchi, ha condiviso con La Svolta
Monica Malchiodi, Responsabile Servizio Volontariato e Servizio Civile Universale della Fondazione Don Gnocchi
Monica Malchiodi, Responsabile Servizio Volontariato e Servizio Civile Universale della Fondazione Don Gnocchi
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 9 min lettura
20 maggio 2023 Aggiornato alle 07:00

Su Telegram è nata una chat chiamata Sos Cesena. È fatta da ragazzi che non avevan voglia di guardare dal divano quanto sta accadendo in Emilia-Romagna e si sono infilati un paio di stivali, e dati da fare. Loro, così come tantissimi altri giovani nei luoghi colpiti dall’emergenza, stanno facendo la differenza. I volontari per un momento. Eroi. Così come i volontari del Servizio Civile Universale.

Poco noto ai più, impegna 42.459 ragazzi tra i 18 e i 28 anni che per un anno intero vengono rimborsati di poco meno di 500 euro al mese (sì lo so, è poco) per 463 enti che operano su territorio italiano ed estero.

Il servizio civile volontario è remunerato come uno stage ma non è uno stage. È un po’ di meno, ed è un po’ di più. Non forma necessariamente a una professione. Forma un’attitudine. Un modo di essere. Forma la persona. E in un momento in cui si parla di tornare al servizio di leva obbligatorio, è importante capire come funziona, perché può avere senso (insieme a un percorso di studi composito) un’esperienza di questo tipo.

Ne abbiamo parlato con Monica Malchiodi, Responsabile Servizio Volontariato e Servizio Civile Universale della Fondazione Don Gnocchi che, con Sacra Famiglia, Lega del Filo d’Oro, Endofap, Caritas, Acli, Anci, tra pochi giorni saluterà gli oltre 150 giovani in servizio nei progetti Italia e, con grande l’entusiasmo di tutti, si preparerà subito ad accogliere il nuovo gruppo di giovani operatori volontari che avvieranno la loro esperienza già dal prossimo 25 maggio.

Dott.sa Malchiodi, l’Italia è sott’acqua e sono tanti i volontari che in questo momento stanno dando una mano. Cosa vuol dire fare il servizio civile volontario?

Credo che il punto vero sia la scelta di mettere per un anno la tua vita al servizio dello Stato dichiarando, testimoniando all’intera comunità che è possibile offrire un servizio agli altri sposando i principi di non-violenza. Credo che in questo momento drammatico per le vicende che attraversano la vita di tutti noi, questa scelta un po’ controcorrente che testimonia anche le sensibilità dei giovani verso chi è più fragile, verso l’ambiente, il territorio, siano un modo per richiamare noi, cosiddetti “adulti”, alla responsabilità nei confronti del mondo, dell’altro, del valore della pace, del rispetto della diversità, della fragilità, ed è questo che raccogliamo quando (dopo un anno) i giovani ci salutano. Ed è questo che raccontiamo ai nuovi che si presentano, e che accogliamo ogni volta a braccia aperte.

È difficile salutare ogni anno tutti i volontari che hanno collaborato con la Fondazione?

Sì lo è, perché si creano relazioni importanti: li accompagniamo per un intero anno, li vediamo maturare, essere più consapevoli. Quando settimana scorsa li abbiamo riuniti tutti insieme e abbiamo chiesto loro di trovare 3 sostantivi che descrivessero questa esperienza, ancora una volta, ci hanno stupito e confermato che l’impegno di tutti noi è valso la pena! Inutile cercare di descrivere l’emozione e la commozione di quel momento!

Come si fa domanda per il servizio civile volontario?

Nei tempi previsti dal Bando pubblicato da parte del Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale, nel quale vengono specificati i requisiti e le modalità per candidarsi, gli aspiranti operatori volontari presentano la domanda di partecipazione esclusivamente attraverso la piattaforma Domanda on line (DOL). Il sistema richiede un po’ di pazienza e dimestichezza ma non è difficile. In questo momento gli enti stanno presentando i nuovi progetti per l’anno 2024 che dovranno essere valutati dal dipartimento e quindi accessibili solo dopo la pubblicazione del nuovo bando (generalmente a dicembre).

È dunque importante già da ora promuovere i progetti, così che i giovani interessati ad approfondire e ad abbracciare il percorso possano da subito raccogliere informazioni e confrontarsi con chi sta facendo servizio, per prepararsi alla loro eventuale candidatura. Noi siamo sempre disponibili a soddisfare le curiosità, a parlare con i giovani ma soprattutto ad aprire loro nuove possibili strade, per capire meglio che direzione prendere.

A quanto ammonta il rimborso?

Viene riconosciuto un piccolo contributo di 444€ mensili, che vengono erogati direttamente dal Dipartimento per le Politiche Giovanili a fronte di un impegno di 25 ore settimanali per la durata di 12 mesi.

Cosa si impara in un anno di servizio volontario?

Vorrei dirtelo con le parole dei ragazzi.

“C’è una parola in cui ho sempre creduto anche prima di iniziare questa esperienza che è prossimità: farsi prossimo, stare accanto e qui, nel reparto per pazienti con gravi cerebrolesioni del Centro Don Gnocchi, ho l’opportunità di farlo in modo speciale. Ho imparato che le esperienze che facciamo, soprattutto quelle fatte con gratuità, sono le più autentiche e quelle che fanno crescere maggiormente. Il servizio civile significa dare continuità a un cammino che stavo già facendo, arricchito dal contatto con la sofferenza. Ai ragazzi che il prossimo anno sceglieranno di svolgere questo servizio, suggerisco di buttarsi con coraggio e lasciarsi guidare dall’istinto: se ci si sente attratti, anche solo istintivamente dalle proposte della Fondazione Don Gnocchi, non bisogna ragionarci troppo. Bisogna solo farlo” (Benedetta).

“Il servizio civile nella Fondazione Don Gnocchi è un vero e proprio viaggio di un anno che sta dando a ciascuno di noi l’opportunità di vivere la realtà senza filtri, di condividere il tempo con persone sincere, trasparenti. Di più: il tempo speso durante l’esperienza è davvero un tempo pieno di amore e verità. Ogni persona che ho incrociato lungo questo percorso mi ha donato qualcosa e dato la possibilità di guardare alla quotidianità con occhi differenti. Io spero nel mio piccolo di aver fatto lo stesso. Ho vissuto molta più verità presso il Centro Vismara-Don Gnocchi di Milano in 6 mesi che in tutta la vita fuori dalle sue mura. La spontaneità è disarmante e nel compiere, passo dopo passo, questo percorso (oltre a essere un’opportunità unica ti dà la fortuna di respirare l’essenza della vita) mi sento cresciuto rispetto alla partenza e la mia vita è più bella. Proprio così: più bella!” (Daniel, 2022).

Cosa ne pensa del servizio di leva obbligatorio del quale si sta parlando in questi giorni?

Io non credo molto nell’obbligatorietà ma piuttosto nella possibilità di interrogarci su quale formula trovare perché i ragazzi conoscano sempre di più questi percorsi, rendendoli anche più accessibili da punto di vista burocratico, magari riconoscendo un compenso maggiore. Certo occorre un confronto e credo che lo stesso ministro Abodi lo abbia richiesto e auspicato.

Cosa vuol dire oggi lavorare nel non profit, anno domini 2023?

Sai, ho la fortuna di lavorare in Fondazione da 40 anni, quindi per me è proprio una scelta di vita che ho fatto dall’inizio e l’ho portata avanti. Mi vien da dire, rinnovandola, un po’ come in un matrimonio che, anche se funziona, ha necessità di confronto, di rinnovarsi, di interrogarsi e di mettersi sempre in gioco. Ho scelto di lavorare nel sociale sicuramente per una predisposizione naturale che ho sempre sentito forte: credo che lavorare nel non profit (quello vero!) sia un privilegio. Stare accanto alla parte più fragile della società: è questo, a mio parere, il vero privilegio. Il privilegio di mostrare alle persone la possibilità di un futuro migliore ma anche che ciascuno, nella sua quotidianità, può fare la propria parte di bene a prescindere dal credo di ciascuno, naturalmente.

Stare nella fragilità altrui è scoprire la nostra stessa fragilità, la fatica dello “stare” quando tutto intorno sembra solo dolore sofferenza, una sofferenza che non possiamo eliminare, ma accompagnare.

Cosa diresti a un ragazzo o una ragazza che vuole lavorare nel sociale?

Siate curiosi, sperimentatevi, mettetevi in discussione, venite nelle nostre realtà anche per una breve esperienza di volontariato. Vivendo i luoghi avrete modo di capire se la realtà che avevate in mente sposa la vostra idea progettuale, di vita. Non abbiate timore di chiedere, di incontrare una realtà diversa da quella che conoscete, prendete in mano la vostra vita e siate ostinatamente protagonisti della vostra storia.

Quali sono i percorsi di laurea o di studio meglio valutati per fare l’ingresso all’interno di una Fondazione come la vostra?

In questo momento, le professioni sanitarie sono sicuramente le più richieste ma la nostra realtà abbraccia davvero molteplici professionalità. Siamo presenti in 9 Regioni con 26 strutture residenziali, 27 ambulatori e assistiamo ogni giorno più di 9.000 persone.

Quali sono gli elementi che ricordi con maggior piacere delle cose che hai realizzato? E poi, quali sono le sfide più grandi che dovrai affrontare quest’anno?

Ciò che ricordo con piacere è il mio percorso lavorativo. Sono partita in Fondazione con l’assistenza diretta alle persone fragili, poi con una esperienza sul territorio in risposta ai bisogni degli anziani soli…esperienze e incontri di vita che lasciano un segno indelebile che non puoi dimenticare. In questi 40 anni mi sono sentita davvero parte di una famiglia che ringrazio per aver messo a frutto i miei “talenti”; una casa dove anche la mia famiglia è di casa! Difficile dire qual è il ricordo più bello!

La mia sfida è riuscire a riportare i volontari ai numeri del pre-Covid e direi che abbiamo intrapreso la giusta strada (sono state donate ben 30.000 ore al servizio delle nostre persone fragili). Vorrei che tra i nostri meravigliosi volontari crescesse il numero dei giovani sui quali è necessario investire sempre di più e sempre meglio perché sono loro la chiave per un possibile cambiamento culturale. Fare volontariato non è apparire, non è gridare “quanto sono bravo”: è capire e testimoniare il senso di responsabilità che abbiamo gli uni verso gli altri.

E ancora vorrei che il profit, l’impresa, incoraggi, supporti e organizzi la partecipazione attiva e volontaria dei propri dipendenti alla vita della comunità locale anche a sostegno di organizzazioni non profit.

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